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Free press: City, Metro e Leggo, nuovi astri nella Galassia Gutenberg tra web e tv
di Micol Mazzeo

CONCLUSIONI

Cambiamenti ed effetti

Parafrasando Michael Schudson, i free papers non solo registrano il cambiamento culturale, ma ne fanno parte.

La novità mediatica della free press, in particolare nelle manifestazioni di «City» e «Metro», rappresenta un fenomeno culturale e sociale riccodi interesse scientifico, in particolare per la possibilità offerta allo studioso di considerarne gli effetti durante i primi stadi della sua diffusione ed istituzionalizzazione.

Presto, infatti, anche i quotidiani gratuiti potrebbero essere ammessi alle certificazioni dell’ADS e alle rilevazioni sulla stampa italiana di altre associazioni, quali l’Audipress, ottenendo sempre maggiore visibilità rispetto all’istituzione del mercato.

A partire dall’analisi degli aspetti comunicativi che caratterizzano i free papers si è evidenziato come sia possibile considerarli quali “media bricoleurs”, interpreti dei sistematici cambiamenti che accompagnano l’innovazione tecnologica. Il saggio ha voluto privilegiare un approccio di studio incentrato sui free papers in quanto “ambienti” mediatici in cui si riflettono e riproducono le logiche e i formati introdotti dalla rivoluzione tecnologica e culturale di Internet.

Come direbbe Meyrowitz (1985), essi rappresentano uno dei prodotti più originali del cerchio d’effetto dei new media, incarnando un processo di adeguamento dei media a stampa ai nuovi linguaggi dell’informazione.

Qualora la loro diffusione dovesse espandersi sensibilmente, i quotidiani gratuiti segnerebbero la testimonianza scritta del passaggio ad una nuova realtà mediatica, improntata all’ipertestualità digitale, di cui è partecipe una fascia ristretta della popolazione, prevalentemente giovane, ma che già possiede la propria forza culturale nell’immaginario socialmente condiviso di un mondo globale ed informatizzato.

Nel contesto dell’information and communication society, i free papers si posizionano come risorse simboliche in grado di mostrare la progressiva centralità di un bene quale appunto l’informazione, e soprattutto in grado di rivelare aspettative ed interessi culturali nel consumo mediatico delle nuove generazioni.

Al cambiamento strutturale che interessa la forma e i contenuti dei neoquotidiani, e che mira ad indurre modalità di fruizione più vicine alla navigazione in rete che alla lettura del giornale tradizionale, si accompagnano alcune significative trasformazioni a livello sociale. Prima fra tutte si segnala la capacità dei free papers di favorire lo sviluppo di nuove professionalità comunicative che tendono a condividere le proprie competenze con le figure del giornalismo on line. Dietro la produzione di quotidiani quali «City» e «Metro», operano nuovi profili rispetto ai quali mutano le competenze professionali richieste. Si riduce il numero dei redattori, aumenta il lavoro di desk, affiancato da occasioni di impegno sul campo, e balzano in primo piano capacità di selezione, di sintesi e di coordinamento tra writers ed editors.

Secondo alcuni autori il «formato breve» tenderebbe ad influenzare negativamente la professionalità dei giornalisti, con il rischio di ridurre i nuovi operatori del sistema ad anonimi e discreditati robot dell’informazione (Morresi, 2003).

La risposta contraria a tali apocalittiche aspettative nasce dalla convinzione che l’impatto delle nuove forme della comunicazione, dai new media ai free papers, non potrà prescindere da un modellamento, anche etico, da parte dei soggetti sociali. Come sottolinea Silverstone [2002 (1999)] , i media sono, del resto, strutturalmente amorali. La loro natura di mediatori, da un lato allontana da rischi deterministici, dall’altro introduce una forte responsabilità etica verso la società che crea ed usa i media, a partire dal ruolo formativo assolto sempre più centralmente dalle università e dalle scuole professionali.

La nuova realtà dei quotidiani gratuiti, per il carattere di conformità evidenziato rispetto al mondo dei media digitali, porta con sé le medesime riflessioni che hanno accompagnato e segnano gli sviluppi della tecnologia mediatica.

La diffusione di quotidiani come «Metro» segnerà il trionfo della globalizzazione e dell’omologazione sociale, privilegiando il popolo metropolitano e lasciando ai margini chi non vive nelle grandi città?

La progressiva fusione tra marketing editoriale e commerciale, accentuata dal fatto che i free papers si reggono interamente sui finanziamenti pubblicitari, rappresenta l’ultima tappa di una riduzione dei mezzi d’informazione a “megaspot”?

Rispondere ad entrambe le domande, di cui la seconda in particolare si collega alle questioni più diffuse sul nuovo fenomeno, prospetta forti rischi di determinismo, che rischiano di porre in secondo piano la ricchezza di significati e di possibili risvolti sociali che il fenomeno stesso potrebbe assumere a partire dalle potenzialità creative del consumo (De Certeau, 1990), di cui il fenomeno della glocalizzazione è indicativo.

In conclusione, ripensando alla riflessione di Mauro Wolfsugli effetti negativi indotti dalla “mediatizzazione” della sfera politica, si potrebbe aggiungere una considerazione finale, ma non per questo di minor peso relativo, sull’impatto dei free papers in quanto giornali che “rifiutano la politica”, in particolare quella interna, intesa come comunicazione sui personaggi della politica stessa.

In qualche modo i neo-quotidiani si sottraggono alla realtà del media “teatrino della politica” segnando un possibile punto di svolta, da una parte, per quel che concerne la vitalità del panorama mediatico stesso, sempre più omologato sulla ripetizione dello “spettacolo” politico, dall’altro per l’identità stessa della politica che, appiattendosi sulla logica dei media e del mercato, rischia di impoverire la propria progettualità a livello di visibilità pubblica.

I tre free papers nazionali vengono distribuiti solo nelle grandi città. La diffusione nelle zone periferiche è in parte compensata dal fenomeno del pendolarismo.

Nel suo ultimo saggio, V. Codeluppi cita i free papers come esempi della progressiva degenerazione commerciale del panorama mediatico, assimilandoli ad altre strategie pubblicitarie di facilitazione al consumo che sempre più accompagnano la vendita dei giornali (gadget, formule “panino”, etc…).

Sul fenomeno free press, a parte il rifiuto apodittico della stampa, il dibattito pubblico si è concentrato sul profilo economico della questione, trascurandone gli aspetti di interesse culturale e sociale. Si è affermato che la stampa gratuita, più che aumentare la competizione sul mercato pubblicitario facendo concorrenza ai tradizionali quotidiani a pagamento, sembra favorire l’ampliamento delle dimensioni del settore a stampa, attirando nuovi lettori e quindi tipologie diverse di investitori pubblicitari (dal “IV Forum dell’informazione”, organizzato a Gubbio dalla Fnsi nell’ottobre 2002).

Cfr. i riferimenti alle riflessioni di Mauro Wolf contenuti nel saggio Etica della

notizia di Enrico Morresi, pp. 196-197.

Continua

INDICE

Introduzione

1) Un’ altra anomalia italiana
L’ esclusione dei quotidiani gratuiti da Audipress e Ads
Intervista ad Alexander Koeb

2) Metro, City, Leggo
Tre quotidiani per tre milioni di copie


Il popolo della free-press in Italia
1.738.000 lettori nel giorno medio
(Eurisko, 17 febbraio 2005 )

3) Sarà l’ era della free press?

Free press: City, Metro e Leggo, nuovi astri nella Galassia Gutenberg tra web e tv
di Micol Mazzeo

4) Se nessuno lo compra, perché tutti lo pianificano?
(Inserzione Publikompass per Metro)

Metro international: investiti 220 milioni di euro in dieci anni
Intervista a Pelle Tornberg, presidente e CEO di Metro international
(da Dagens Nyheter, Stoccolma)

5) Negli Usa la free press punta in alto
L’ Examiner diventa gratuito e consegnato a casa senza costi per sfidare il Washington Post
di Giuliana Ferraino

6) La rivoluzione della free press
(Megachip.info)


E ora tocca ai magazine, le bibbie del divertimento
Colorate e dalla grafica accattivante, le nuove pubblicazioni sono rivolte a un pubblico di giovanissimi
di Giovanna Canzi

7) E la Fieg?

Cheli: la free press ci avvicina alla media dei lettori europei
L’ indice diventa 145 su mille, come in Francia
(di Silvia Lambertucci, Ansa)

Rapporto Asig (Associazione stampatori giornali)
Nel 2003 l’ industria dei quotidiani flette ma cresce la free press

I Free papers non influiscono sui consumi dei quotidiani tradizionali

Un convegno Ifra
(novembre 2002)

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