You reporter non abita più qui

Qualche settimana fa al termine di un articolo dedicato alla televisione dentro l’era digitale,  ci domandavamo alcune cose. Ve le riepiloghiamo in sintesi per completezza dell’informazione e anche perchè oggi, assieme ad un esperto, proveremo a fornire qualche idea per orientare noi e Voi in questo mare magnum in cui “cose di prima” stanno assieme a “cose di dopo”,  e l’oggi appare piuttosto nebuloso per non dire fosco. Scherzi a parte,  partendo dal concetto di  “rete orizzontale”  – che doveva rendere  tutto democratico e accessibile –  con l’arrivo del digitale e del web; andiamo a cercare produzioni a basso costo e corporative per non dire partecipative,  e lo facciamo assieme   ad Angelo Cimarosti, co-fondatore e co-gestore del “fenomeno You Reporter”,  il quale,  nel corso degli anni,   ha scritto anche un libro sul tema, – di cui potete vedere la copertina qui accanto –  e  poi ha continuato a lungo a fare Tv, molto bene e con profitto, anche se parecchio osteggiato, soprattutto nell’ultimo periodo.  Angelo ha anche diretto per anni un tg nazionale con relativa redazione etc.etc. Chiuso grazie, o forse è meglio dire,  anche grazie,  al digitale terrestre e/o l’acquiescenza,  a dir poco colpevole,  della politica italiana verso questa “riforma”. Un riassetto, tutt’altro che funzionale e vincente,  della televisione europea,  introdotto e realizzato a tappe – in questi mesi è in corso la seconda come Vi sarete accorti –  i cui fini e scopi ci appaiono, a dir poco, dubbi. Ce ne siamo in parte già occupati, e torneremo presto a farlo, intanto andiamo a leggere, cosa ci ha detto il nostro amico e associato: eravamo rimasti alla vendita di You Reporter, – 2014 – come spiegavano ad esempio su Wired Italia, in un articolo di cui Vi agevoliamo alcune righe e il link,   per una consultazione integrale.

 

 

 

RCS MediaGroup ha annunciato l’acquisizione del 100% della società Polis Medialink, editrice del portale di citzen journalism YouReporter.it. La piattaforma è leader in Italia per i video user generated, e da anni fornisce contenuti al Corriere della Sera.

“I lettori dimostrano il loro crescente entusiasmo per una presenza sempre più partecipativa – spiega Alessandro Bompieri, direttore generale Media RCS

 

 

 

d. Cosa ne è stato di You Reporter, Angelo? Dopo la vendita hai seguito l’evoluzione del caso?

 

 

 

Il Corriere dopo aver acquisito la nostra piattaforma non l’ha usata per quello che era stata progettata e realizzata, cioè una “piattaforma partecipativa” e un modo per dialogare direttamente con il pubblico, con i propri lettori,  cosa che io francamente credevo avrebbero fatto. I vertici di Rcs hanno usato You Reporter per uno scopo per cui non era nato. Ovvero come  piattaforma di video  – generici – spesso caricati direttamente dalle stesse redazioni e dai giornalisti del gruppo. Hanno snaturato completamente il prodotto e lo scopo del nostro progetto. Oggi You Reporter non  corrisponde in alcun modo all’idea originaria.

 

 

 

Verrebbe da dire, ma cosa l’hanno comprata a fare.  In Italia  –  come ha ribadito lo stesso Cimarosti – non c’era niente che assomigliasse nemmeno lontanamente a You Reporter,  e  il progetto di Cimarosti/Bauccio e De Nicolo in sei anni di attività,  aveva raggiunto numeri davvero impressionanti, almeno per l’epoca,  anche e soprattutto,  rispetto agli utenti ed al  “mercato” a cui si rivolgeva;  rigorosamente e strettamente in lingua italiana. In quell’articolo di Wired Italia che abbiamo citato in precedenza si parla di numeri davvero clamorosi, per il periodo: “50 milioni di visualizzazioni all’anno”.

 

 

 

d. Al di là di quello che è realmente successo, quale sarebbero state le tue aspettative per You Reporter dopo la vendita a cotanto editore?

 

 

 

Mi sarei aspettato di vedere una ulteriore valorizzazione del nostro progetto. Pensavo che alla Rcs avessero investito in You Reporter perchè aveva già un marchio consolidato e molto credibile. Gli utenti mandavano in modo del tutto spontaneo decine e decine di video importanti, originali, veri: alla nostra piattaforma. Lo facevano per una questione di fiducia. Sapevano che You Reporter li avrebbe distribuiti in modo gratuito e  capillare. Chi aveva girato il contributo sapeva che grazie a noi avrebbe potuto vedere il suo video, il contributo di quello che all’epoca chiamavamo “citizen journalism”, su testate giornalistiche e televisioni di varie dimensioni e notorietà: dall’ultralocale al network  nazionale. Invece il Corriere non ha utilizzato la piattaforma per istituire una sorta di alleanza con i propri lettori in modo digitale. Un’idea che, ad esempio, è stata  realizzata dal Guardian.  A Milano hanno  deciso di acquisire  il nostro prodotto e poi  l’hanno abbandonato. Non capisco ancora il perchè.

 

 

 

d. parliamo adesso di televisione, cosa e come è cambiata la tv dopo l’avvento del digitale terrestre?

 

 

 

 

Il digitale terrestre è stata una scelta tecnica che non mi è ancora molto chiara. Una scelta tecnico-politica, credo – non sono un esperto –  ma , di certo, una soluzione, che non mi è sembrata la migliore. Il digitale terrestre alla fine ha peggiorato la qualità del video,  generalmente. Hanno riempito le frequenze – moltiplicate digitalmente – molto oltre quello che era lecito dal punto di vista qualitativo. In altri termini la qualità di molte emittenti si è molto abbassata, proprio a livello tecnico. Il passaggio al digitale terrestre ha di fatto posto la parola fine all’epopea delle tv locali, in Italia. Costringendo di fatto alcuni editori a realizzare fusioni e accorpamenti per sopravvivere. Un’idea, quella delle fusioni, che avrebbe potuto essere anche positiva e vincente,  se gli editori locali  coinvolti, la  avessero realizzata agendo davvero da editori puri,  e quindi  investendo per migliorare la qualità tecnica e produttiva delle rinnovate e accorpate emittenti “digitali”. Invece, il numero delle televisioni locali, grazie al digitale terrestre,  non solo non è cresciuto, bensì è divenuto davvero esiguo, quasi inconsistente; e  gli accorpamenti  non hanno migliorato la qualità delle emittenti rimaste.  Anzi,  se possibile,  la qualità media delle televisioni è addirittura peggiorata ulteriormente.

 

 

 

 

d. a parte l’evoluzione tecnologica, che cosa è successo realmente in tv e all’informazione in particolare?

 

 

 

L’informazione televisiva in Italia è andata sempre più verso i talk, verso lo spettacolo a discapito  delle notizie, e a detrimento di qualsiasi peculiarità e competenza giornalistica. Per quanto riguarda l’informazione sul territorio si è assistito nelle tv ad un uso sempre maggiore di agenzie e di immagini preconfezionate a discapito di reportage e interventi sul campo. Un uso davvero poco avveduto di contributi “giornalistici” che non compensano in alcun modo le “dirette” dalle zone dei fatti molto usate ai tempi nostri. Tu mandi qualcuno sul posto, da solo,  con uno zainetto attrezzato per la diretta – cosa che pochi anni fa era impossibile, tecnicamente –  però questa cosa non è automaticamente garanzia di buon lavoro. Siccome sei davanti al luogo in cui è successo qualcosa non sei davvero dentro al fatto. Soprattutto se confezioni il servizio – come fanno la maggior parte degli inviati,    – seguendo quello che ti dicono dallo studio e leggendo quello che hanno battuto le agenzie pochi minuti prima. Non è così che il giornalista può fare la differenza. Nonostante tu sia sul luogo dei fatti ne sai quanto i colleghi in redazione che leggono le agenzie. Questa mania delle dirette sempre e dovunque non è altro che una foglia di fico ma i resoconti giornalistici che vengono realizzati dai luoghi dei fatti sono  di qualità sempre più scadente.

 

 

 

d. format e linguaggi dei tg, cambieresti qualcosa?

 

 

 

Tutto, ma proprio tutto, iniziando a ragionare su cosa è realmente il giornalismo digitale. Non si tratta di una mera trasposizione dei giornali di carta o della tv generalista sul web. Cercherei di sfruttare nel modo corretto e adeguato il cosiddetto “ecosistema digitale”. Una cosa che ci diciamo sempre e da tempo, ma che ben pochi realizzano operativamente,  e nel modo opportuno. Quindi proverei a sfruttare, ad esempio, la possibilità di interazione con gli utenti; la possibilità di lanciare crowdsourcing importanti. Insomma tutte quelle cose che offre il giornalismo digitale, come anche ad esempio, il data journalism. Questo a mio avviso è il percorso che dovrebbe essere intrapreso da tutti quelli che operano oggi nell’informazione.

 

 

 

 

d. Un consiglio/ammonimento ai giornalisti tv prossimi venturi?

 

 

 

Il consiglio che mi sentirei di dare è quello di avere una conoscenza dei mezzi, delle immagini, del montaggio, che ti permettano di dominare tecnicamente qualsiasi situazione per fare in modo di saper sfruttare al meglio le nuove capacità di racconto che gli strumenti digitali  e le tecnologie moderne ti possono dare. Ma soprattutto direi a tutti di andare sul posto.   Tornare a fare giornalismo dai luoghi dei fatti. Tornare a parlare con le persone sul campo,  dove si sono verificati gli eventi.

 

 

Grazie ad Angelo per la disponibilità e le sue illuminanti parole; e grazie a Voi per la pazienza e l’attenzione, alla prossima ;)

 

 

ps. Ovviamente, come già sapete se siete nostri lettori affezionati, dopo You Reporter,  Angelo non ha smesso di fare il giornalista, e nemmeno l’imprenditore. Per aggiungere ulteriore valore al suo lavoro ha anche raccolto “cammin facendo” –  si fa per dire –  una laurea in Archeologia in Inghilterra. Unendo tutte queste vecchie e nuove competenze, il nostro associato,  ha aperto una nuova attività che mette insieme in modo “corretto e aggiornato”:  il digitale, l’ecosistema,  il giornalismo e l’archeologia, che si chiama: Archaeoreporter.