Metaversi e seconde vite

Ci è venuta voglia, in questa epoca presente in cui le smanie per il metaverso stanno attanagliando un pò tutti – frequentiamo gente davvero poco raccomandabile, ce ne rendiamo conto  –  di provare a vedere nel nostro archivio cosa avremmo trovato digitando la parolina magica del momento: metaverso. Non avevamo dubbi sugli esiti della ricerca, quello che ci ha impressionato è la distanza abissale che abbiamo avvertito fra quelle cronache provenienti dal passato e che raccontavano il “futuro/presente” di allora,  e i resoconti del nostro quotidiano “futuro/prossimo”. Il metaverso nostro precedente si chiamava “second life”, l’avevano creato i programmatori dei “linden lab” –  se cercate con attenzione scoprirete che esiste anche un disco in vinile firmato linden lab, ed era un mondo virtuale in cui riprodurre la realtà, analogico-reale, in formato digitale. Per frequentare quel mondo bisognava imparare i rudimenti dei programmi di modellazione 3D –  simil autocad, per capirsi, ma molto più facili – e costruire, letteralmente, o meglio ricostruire in formato digitale:  posti, luoghi, palazzi, città e regioni dentro internet-  Tante isole – questa “l’unità di luogo” in cui si articolava il mondo in 3d dove andava in scena la “nostra seconda vita” – da comprare e vendere, per riprodurre la nostra realtà e anche molto altro. In pochi anni e in un’epoca oramai lontanissima dalla nostra –  in anni digitali – più di 15 da oggi, quel mondo virtuale in 3D si era guadagnato migliaia per non dire milioni di utenti e un’attenzione davvero notevole nel mondo reale. In un batter di ciglia, aziende, banche, musei, enti, amministrazioni pubbliche, grandi istituzioni, fondazioni e moltissime persone, avevano ricreato – e forse migliorato – la propria vita/attività/studio/ricerca/commercio dentro al mondo dei laboratori Linden. Era una strada per il futuro orientata – forse – verso una direzione errata. Chissà? Ai posteri la sentenza. Alla luce dei fatti e vista la recente differente evoluzione del “metaverso” prossimo venturo, pare proprio che fosse un errore pensare di creare una riproduzione digitale del nostro mondo  dentro ai server dei linden lab.   Ma vediamo le cronache del tempo, estraendo alcuni significativi passaggi dai nostri articoli del 2006:

 

 

 

Il Los Angeles Times – racconta Dario D’Elia su apogeonline – ha pubblicato un interessante approfondimento sugli inesistenti ritorni economici delle vetrine business aperte su Second Life. “Non c’è un motivo convincente per rimanere”, ha confermato Brian McGuinness, vice presidente di Virtual Aloft, uno dei brand di Starwood Hotels & Resorts Worldwide che ha deciso di chiudere il suo hotel virtuale, riporta D’Elia.

Secondo la nota testata californiana basta un breve giro sulle isole di BestBuy, Sun Microsystems o Dell per comprendere che i cittadini di SL preferiscono ben altri lidi. “Una delle merci più acquistate su Second Life sono i genitali”, ha sottolineato Ian Schafer, CEO di Deep Focus. Effettivamente le zone più frequentate sembrano essere quelle dedicate agli strip club, Casinò, e bordelli.

Secondo Peter Ludlow, docente di Filosofia presso la University of Toronto, le grandi corporation sono sbarcate su SL esclusivamente per “mostrarsi all’avanguardia” e guadagnare un po’ di immagine offline. “Non si tratta di capire se Second Life è giusto o sbagliato”, ha dichiarato Reuben Steiger, CEO di Millions of Us, marketer di riferimento nel business della dimensione virtuale. “È solo che ci sono un sacco di alternative”.

Uno studio della CNN su Second Life

 

 

 

La comunità italiana che vive in Second Life (oltre 200.000 persone) ha il suo primo giornale italiano. Si chiama “2L ITALIA World – Second Life Magazine”, dove “2L” sta, appunto, per second life. La rivista ha redazione, giornalisti e sede nel mondo parallelo creato dalla Linden Lab. La rivista ‘’stampata’’ viene distribuita come free press all’interno del mondo a 3D e ha una sua edizione nel web (www.2LItaliaworld.it )in formato pdf (30 pagine a colori).

La pubblicazione – spiega una nota editoriale – “ha l’ambizione di costituire un “ponte” tra prima e seconda vita, tra il cosiddetto mondo reale (RL nel gergo dei residenti di Second Life, conosciuta invece come SL) e quello virtuale”.  

Due i redattori: Eddie Tower ed Asya Masala. Il loro lavoro di cronisti si svolge all’interno della seconda dimensione, sulla base degli strumenti che mette a disposizione la piattaforma telematica. Accanto a loro, in questa avventura editoriale “virtuale”, Alessandro73 Rossini, editore in Second Life, ed un manipolo di collaboratori ed informatori tutti residenti nel mondo parallelo.

La testata è edita da “2L ITALIA World”, azienda esistente soltanto nella Seconda Vita.

Link all’ anteprima del giornale con i quattro articoli di copertina: www.2litaliaworld.it/anteprima.pdf

 

 

 

 

 

Un mondo digitale che riproduce un mondo reale. Contro. Un mondo che amplifica il mondo reale, permettendoci di potenziare – letteralmente – a dismisura,  le nostre “esperienze” di vita. Passato e presente che si confrontano. Quale sarà la scelta giusta? Ma soprattutto, siamo davvero sicuri che la scelta debba essere fra questi due scenari? L’ultima domanda è pura retorica, almeno per noi qui a bottega. Se siete nostri aficionados lo sapete bene. Le scelte possibili sono molteplici e certamente non possono essere soltanto queste.  E ancora,  non possono essere delegate a imprenditori senza scrupoli e con l’unico intento di riempirsi il portafoglio. Qualunque scenario ci venga proposto non dovrà in alcun modo essere frutto di una “semplice” evoluzione tecnologica, di proprietà esclusiva di una sola compagnia, massimo due o tre, e soprattutto venirci “presentato & venduto” come l’unico possibile. Se lo conosci lo eviti – parafrasando la campagna epocale di comunicazione contro l’AIDS –   o quanto meno ti informi meglio,  e poi decidi “liberamente” cosa fare.  Come ci suggerisce di fare in modo preciso e circostanziato Nicola Zamperini sul suo canale telegram Disobbedienze nell’articolo intolato “La prima meta-nazione digitale si chiamerà Meta”:

 

 

 

Il metaverso potrebbe rappresentare ciò che, per il mondo e per il web, è stata l’invenzione dell’iPhone, e cioè un gigantesco  fattore di trasformazione delle dinamiche di consumo, di intrattenimento e – ovviamente – anche di produzione. La next big thing, come dicono in California, non sarà quindi un oggetto stavolta, ma un ambiente vasto, interconnesso, ibrido, plurimo.

 

Per passeggiare e fare cose nel metaverso serviranno occhiali, tapis roulant, caschi, tute, cuffie e guanti che consentano agli utenti di sentire al tatto gli oggetti virtuali. E ovviamente molta più potenza di calcolo e un super sistema di integrazione di tutti gli ambienti, una specie di chiave che permetta alle persone di passare da una “realtà” all’altra.

 

Al metaverso credono anche a Wall Street, luogo allenato alla speculazione certo, ma pure allo scetticismo e al cinismo degli affari. Scrivono gli analisti di Bank of America che il nuovo ecosistema digitale “ha una ragionevole possibilità di adozione da parte del mercato di massa, con il forte sostegno di Facebook”

 

 

 

E se qui non si sono scatenate le Vs sirene di allarme più potenti,  ululando macabre alla luna,  come branchi di famelici lupi mannari, probabilmente abbiamo un problema, e pure bello grosso. Ma non preoccupateVi ci siamo qui noi! Scherzi a parte, ci pare che l’ultimo passaggio del ragionamento del collega e amico Nicola Zamperini sia davvero eccellente per comprendere l’entità della questione e l’univocità degli scenari proposti, oltre a darci un preciso indizio sulle finalità della “manovra” in atto che ci sta consegnando il futuro prossimo venturo sotto forma non di un “metaverso” ma del “metaverso di proprietà di Mark Zuckerberg e soci”. Informazioni a sostegno di questa tesi e, anche, meraviglia delle meraviglie, a sostegno del rinnovato e determinante ruolo del giornalismo – ricordate vero la questione della funzione del giornalismo  –  in questo nostro nuovo mondo tutto orientato verso la realizzazione prossima ventura di un “metaverso” (meglio se di tutti, speriamo e non solo di Mark), ce la fornisce nel suo ultimo articolo anche un altro grande amico di Lsdi e digit, il giornalista e scrittore Michele Mezza, mettendo insieme universi virtuali e  la fine – definitiva – dell’ente previdenziale dei giornalisti:

 

 

 

“Metaverso rovescia la vecchia metafora di Second Life, dove si provava l’ebbrezza di travestirsi digitalmente mediante un avatar che frequentava ambienti di realtà virtuale. Ora si pensa di andare incontro a ogni singolo utente, avvolgendolo di tecnologie per mediare ogni sua necessità riproducendola in infiniti scenari computazionali. Dal casco a 3d, ai nuovi occhiali RayBan, alle forme di realtà aumentata sperimentata con il giochetto dei Pokémon, stiamo riproducendo all’infinito il pianeta. Ma chi guida questa trasmigrazione neurale? Chi determinerà linguaggi e forme delle nuove relazioni sociali mediate da Metaverso ?

I giornalisti possono tornare sulla scena, senza ambizioni nobiliari, ma proprio come lavoratori dell’etica professionale. Hanno ancora memorie delle battaglie civili, codici di diritti e garanzie, esperienze di negoziazioni di sistemi informativi. Un bagaglio da socializzare e diffondere, facendo della normalità previdenziale, dell’essere lavoratori come gli altri una forza e non una paranoia”.

Michele Mezza Che c’entra la crisi dell’Inpgi con l’avvento del Metaverso

 

 

 

 

 

 

Che altro aggiungere, domenica si vota per i ballottaggi, incredibile dictu&visu, per i consigli regionali e il consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti. 11 regioni su 20 non hanno eletto i propri rappresentanti al primo turno. E anche questa è una notizia, e pure grossa. Quindi permetteteci di chiudere con una dedica a tutti i  giornalisti in ascolto e visione: andiamo a votare e speriamo bene, ma soprattutto, diamoci subito da fare, per iniziare a cambiare le cose, e non soltanto per noi medesimi.

Grazie dell’attenzione e alla prossima ;)