II - Il golpe e i media


1 - Cavallo pazzo e i Quattro Cavalieri dell' Apocalisse

Un'analisi molto articolata - e programmaticamente distaccata, venendo da un centro accademico - dei rapporti fra Chavez e l'informazione è in " Conflitto e mass media nel Venezuela di Chavez" , un saggio di Eliza Tanner Hawkins, assistente del Dipartimento comunicazione della Brigham Young University (Utah), che viene integralmente riportato nell' appendice (Appendice 2). E' un lavoro del marzo 2003, preparato per il Meeting del 27-29 marzo della LASA (Latin American Studies Association) di Dallas (Texas).

La descrizione del rapporto di Chavez con i media è molto utile per capire - al di là delle questioni di fondo - le radici di quella visceralità che a volte esso assume e il particolare livore che "cavallo pazzo" nutre nei confronti di quelli che lui per primo ha definito i "Cavalieri dell' apocalisse" (i proprietari delle quattro maggiori tv commerciali del paese).

Molto interessante, inoltre, l'analisi di come Chavez usi l'informazione , e soprattutto l'emittenza radiotelevisiva, "per imporre l'agenda politica , per mobilitare politicamente i suoi sostenitori e per annunciare i suoi progetti politici. "Il programma Alò Presidente è splendido per lui", rileva ad esempio - citato dalla Tanner - il direttore dell' area informazione di RCTV , "perché ha capito che, quando offre i suoi punti di vista o esprime le sue opinioni... è lui a costruire l'agenda della pubblica opinione per la settimana successiva". Per il resto della settimana tutti i media si focalizzano sulle questioni poste da lui.

I media gli consentono anche di bypassare le strutture intermedie , sia quelle governative che quelle strettamente partitiche, e di allacciare il discorso direttamente con i cittadini. "Mobilitando i sostenitori o infiammando gli oppositori - spiega l'analista americana - Chavez usa i suoi interventi per annunciare iniziative che sono ancora solo a livello di semplici idee. L'importanza di questa strategia non può essere sottovalutata, in quanto Chavez ha creato un sistema in cui tutte le informazioni e le decisioni sono concentrate nella figura del presidente. I ministri e gli altri funzionari governativi non hanno sostanzialmente alcun potere per poter agire o parlare indipendentemente da lui".

Quanto alla libertà di stampa, "il modo con cui Chavez e il suo governo guardano a questo diritto - rileva l'autrice - è in netto contrasto con quello sostenuto dai gruppi che si battono per i diritti umani e dalle organizzazioni per la libertà di stampa". Lo studio riporta per esempio, l'andamento illuminante di un dibattito durante il programma Alò Presidente fra Chavez e il ministro dell'interno Diosdado Cabello. "Cabello lesse l' articolo 2 della Costituzione, che sottolinea i valori su cui è fondato il Venezuela - vita, libertà, giustizia, eguaglianza, solidarietà, democrazia, responsabilità sociale e, in generale, diritti umani, etica e pluralismo politico - e poi aggiunse: 'La libertà di espressione non è inclusa in questi valori fondamentali della Costituzione . Questo significa che quei diritti che noi abbiamo come cittadini sono al di sopra della libertà di espressione, proprio come è stato stabilito dalla nostra Costituzione'. Cabello continuò a ragionare, con Chavez che annuiva, sostenendo che è per questo che le leggi che possono limitare la libertà di espressione sono costituzionali, visto che esse sostengono quegli 'alti valori' difesi dalla Costituzione".

Alcuni giornalisti dei media pubblici, rileva Tanner, "trovano che ci sia un conflitto etico in questo approdo a un ruolo politico e ritengono che essi siano diventati i media privati di Chavez. Un giornalista di Venpres dice: 'Ho sempre ritenuto che sia nostro compito dar voce a tutte le parti in causa, ma questa ora non è la nostra politica informativa'. Altri parlano di 'caccia alle streghe' all'interno degli organici visto che chiunque sia sospettato di essere contro Chavez viene rimosso.

Questo ruolo politico è diventato più pesante - aggiunge la studiosa - da quando molti rappresentanti del governo hanno chiuso i contatti con i giornalisti dei media dell'opposizione mentre il governo raramente invia comunicati o informazioni sui progetti governativi. Giornalisti di vari organi d'informazione sono costretti a monitorare le testate governative e a ripetere quanto è stato ufficialmente trasmesso o pubblicato".

L'analisi si sofferma in maniera interessante anche sul fronte dei media alternativi o comunitari , che, si sottolinea, "hanno come loro obbiettivo quello di 'trasformare le profonde ineguaglianze sociali in ciascuna comunità e di stimolare il loro pieno sviluppo'. Per fare questo essi vedono la propria funzione come un aiuto alla crescita della democratizzazione dell' accesso ai mezzi di informazione e all' espansione del diritto all' informazione e alla libertà di espressione". Un ruolo molto ampio, politico e sociale insieme, che però - aggiungiamo noi - non sembra che Chavez stesso sia in grado di guidare e valorizzare, come dal suo punto di vista potrebbe forse essere utile. Cosa che crea attriti e perplessità con e negli operatori di questi media.

Sul piano dei rapporti fra Chavez e l'informazione privata, la Tanner rileva come i vari precedenti presidenti abbiano "utilizzato politicamente le concessioni radio e tv, via satellite o cavi, per premiare i loro sostenitori. Diversi analisti hanno documentato il sistema di promozione o di punizione dei politici, compreso il presidente, nella copertura da parte di tv e stampa. I presidenti Lusinchi, Carlos Andreas Perez e Rafael Caldera hanno spesso combattuto gli editori, li hanno messi in galera, chiuso il rubinetto della pubblicità di stato e anche cercato di censurare i loro media. Il grosso dell'influenza politica sui media, tuttavia, tendeva ad essere più sottile e consisteva soprattutto nel chiamare gli editori e i proprietari dei giornali, sentire con loro che problemi c' erano e chiedere di modificare la loro linea".

Ma dopo appena un anno tutto questo era cambiato. "E - rileva la Tanner - a partire dal 2003 la maggioranza di giornalisti, direttori ed editori si sono schierati contro Chavez e hanno lanciato allarmi sullo stato della libertà di stampa. Alcuni, fra cui importanti giornalisti della tv e della carta stampata, temono per la loro vita. I giornalisti non possono stare troppo a lungo in strada con le proprie credenziali in vista nel timore di essere attaccati. La televisione RCTV ha fornito giubbotti antiproiettile ai propri addetti impegnati nella copertura di vari servizi e le organizzazioni per la libertà di stampa hanno documentato centinaia di attacchi ai media.

Le testate poi si scontrano con problemi legali, come la proposta di legge in discussione in parlamento sui cosiddetti 'contenuti', che formalmente ha per scopo la protezione dell'infanzia, ma il cui obbiettivo nascosto - secondo alcuni osservatori - è mettere a tacere l'emittenza privata nel paese".

Questi cambiamenti, secondo la Tanner , sono attribuibili a diversi eventi chiave. Primo, "la luna di miele fra Chavez e i media ebbe di fatto fine nel dicembre 1999 quando i giornali tornarono al loro precedente ruolo di opposizione con i servizi sulle tragiche alluvioni nello stato di Vargas e il dibattito sulla nuova Costituzione. Nel dicembre 1999 dei violenti nubifragi provocarono delle massicce frane nello stato costiero di Vargas provocando fra i 15.000 e i 30.000 morti. I media venezuelani seguirono in maniera massiccia la tragedia e accusarono di inazione il governo Chavez. Questo produsse a sua volta una reazione di Chavez e del suo governo contro i media".

"La stessa cosa - prosegue la Tanner - accadde in inverno, quando cominciò il dibattito sulla nuova Costituzione. I media erano critici su parti di essa, soprattutto sull' articolo 58 che imponeva alla stampa di pubblicare informazioni 'tempestive, veriditiere ed imparziali'" .

A quel punto, secondo la ricercatrice Usa, "Chávez si sentì in diritto di colpire. Cominciò ad accusare editori, giornalisti, pubblicazioni e trasmissioni per quelle critiche durante la sua trasmissione settimanale. Come un leader populista, nei suoi discorsi privilegiava le classi povere e classificava tutti coloro che trovavano colpe o difetti nel suo progetto come dei nemici del Venezuela e degli ideali bolivariani. La situazione fu aggravata dal fatto che il governo non era capace di risolvere velocemente molti dei problemi economici, cosa che ha alienato le simpatie di molte parti delle classi medie, o di affrontare compiutamente il problema della corruzione. Chávez pensava che quelle accuse fossero ingiustificate e attaccò i suoi critici, accrescendo ancora di più il confronto sociale ed il conflitto di classe".

"Prima del golpe di aprile - osserva l'autrice -, i giornalisti generalmente non erano stati oggetto di aggressioni; riuscivano a fare i servizi senza diventare degli obbiettivi. Un cronista una volta raccontava che negli anni precedenti, quando la stampa seguiva dimostrazioni o scontri di piazza, la polizia avvertiva i giornalisti prima di usare i lacrimogeni per consentire loro di defilarsi. Ora i giornalisti sono oggetto di aggressioni fisiche; si sentono come dei 'corrispondenti di guerra' ma sono loro gli obbiettivi degli attacchi".

Le emittenti private, secondo la Tanner , "guardano poi alle tramissioni a reti unificate come a un modo per il governo di esercitare la censura e di punirle finanziariamente. Quando il governo impone la cosiddetta cadena - che inizialmente era utilizzata solo in circostanze speciali o emergenze nazionali - le tv private perdono soldi visto che la pubblicità viene sostituita dal segnale tv governativo".

Infine la Ley de contenido , o, meglio, "Ley sobre la responsabilidad social en radio y televisión ". Questa legge è stata presentata all' Assemblea nazionale il 23 gennaio 2003 dopo essere stata discussa durante l' anno precedente.

"Giuristi e studiosi favorevoli all'opposizione e la stampa hanno criticato la legge - racconta Eliza Tanner - giudicandola incostituzionale e in contrasto con vari aspetti della Carta. Nonostante questo, come Chavez ha spiegato nei suoi discorsi, la legge sembra avere un intento ben più largo. In un discorso, ad esempio, Chavez sostenne che la trasmissione di scene di protesta contro il suo governo violerebbe gli standard della privacy e andrebbe quindi bandita. Giornalisti, accademici e associazioni per la libertà di stampa temono che la legge costituisca una via legale con cui il governo Chavez potrebbe censurare legalmente i media. Nel corso di un primo dibattito sulla proposta di legge, secondo il resoconto di Tal Cual , 'quando Carlos Tablante attaccò la legge sostenendo che essa puntava in realtà a censurare i media, concluse il suo intervento chiedendo: 'Voi che parlate così bene di Cina e di Cuba...lì hanno un solo giornale, solo una radio, solo un canale... È questo che voi volete?"... tutti quelli del (i deputati aderenti al) MVR (Movimento quinta repubblica, il partito di Chavez, ndr) risposero 'Sììììì'. Fu un bello scherzo che giocarono a Desirée (Santos Amaral), che si era sgolata per cercare di convincere i nottambuli (i deputati rimasti la notte a discutere in aula) sul carattere pluralistico e democratico di quella legge'.

I media e Chavez , attraverso la loro azioni e i loro contenuti, rileva lo studio, "rafforzano la divisione politica del paese . Gli osservatori temono che se il paese continuerà a polarizzarsi e il dibattito pubblico a sembrare inefficace, le fazioni estreme potrebbero pensare a 'soluzioni' violente dei problemi che ha il Venezuela".

In ultima analisi - che forse è la cosa più essenziale - "l'interpretazione e la concezione della libertà di stampa da parte di Chavez e dell'opposizione sono fondamentalmente differenti. Questo spinge la divisione fra le due concezioni della società venezuelana in forme sempre più rilevanti e rende sempre più difficile una effettiva comunicazione".

"Il suo linguaggio - rilava ancora la studiosa - è stato un fattore decisivo nell'innesco della crisi perché fin dalla campagna elettorale l'aggressività dei suoi discorsi e le violente metafore che egli usava abitualmente erano caratteristiche di uno stile retorico che negli anni seguenti hanno lasciato un segno insano (nella società). Questo suo linguaggio drammatizzante, pesante, offensivo, intollerante, minaccioso, violento e contrario a ogni coesistenza ha avuto conseguenze sia per i suoi avversari che per i suoi sostenitori. In entrambi ha stimolato lo scontro... La ricerca di una soluzione negoziata richiede un clima verbale disteso".

Conclusioni: "Senza un cambiamento nel clima verbale, così come delle decisioni che derivano dal discorso pubblico, i Venezuelani faticheranno molto a raggiungere dei compromessi e delle soluzioni alla crisi. I media, come sempre, continueranno a giocare un ruolo centrale in questo processo".

 

Vai all'introduzioneAVai all'inizioAVai al secondo capitolo

Dossier FNSI a cura di Pino Rea | Impaginazione e grafica Filippo Cioni