Privacy: la nuova frontiera della sovranità

sovranitàE’ davvero la privacy la nuova frontiera della sovranità? Lo abbiamo chiesto all’avvocato  Deborah Bianchi. Il legale toscano è  una studiosa molto attenta  dei diritti digitali, e autrice di libri, fra cui ricordiamo il suo ultimo << difendersi da internet >>.   Di seguito il suo pensiero sulla materia:

Nella Società dell’Internet i confini territoriali non esistono. I cittadini sono dei patrimoni informativi fluidi sottoposti alla sovranità della tecnocrazia delle maggiori piattaforme digitali persistenti on line: Google, Facebook, Apple.

I confini nazionali e continentali sono stati abbattuti e ridefiniti dall’avvento della rete: esistono i confini digitali della piattaforma di Google e affiliate; i confini digitali della piattaforma di Facebook e affiliate; i confini digitali della piattaforma di Apple e così via. La geografia del nostro mondo occidentale cede il passo on line all’infografica di nuovi continenti elettronici che si chiamano Google, Facebook, Apple. I cittadini digitali che transitano in questi luoghi elettronici cedono la sovranità Statale alla sovranità tecnocratica.

I fatti di questi ultimi anni e di questi ultimi giorni provano la perdita di sovranità degli Stati nell’Internet. Qui i padroni, i sovrani sono i gestori delle piattaforme informative elettroniche.

I fatti del contrasto tra Stati Uniti e Apple per la decriptazione dell’iPhone del criminale della strage di San Bernardino apparentemente attestano il braccio di ferro tra privacy e sicurezza ma nella realtà celano la vera questione: la lotta per la sovranità tra gli Stati e le Web Companies.

Apple usa lo scudo della privacy unicamente per difendere i confini della propria egemonia tecnologica sui patrimoni informativi di milioni di cittadini digitali. Gli Stati Uniti usano il pretesto della sicurezza per riappropriarsi della sovranità perduta. In realtà a nessuno importa davvero della privacy dei cittadini ma importa della privacy come mezzo di sovranità digitale.

I fatti del contrasto tra Facebook e le Autorità brasiliane in merito al diniego di accesso della Net Company alle conversazioni Whatsapp di un narcotrafficante che hanno condotto all’arresto del responsabile Facebook per il Brasile poi rilasciato attestano ancora una volta la lotta per la sovranità mascherata da questione “privacy/ sicurezza“.

I fatti della denuncia contro le Google cars partita dalla Spagna e già esistente negli Stati Uniti in merito all’acclarata raccolta massiva illecita dei dati di tutte le reti wifi operata dalle antenne nascoste sulle auto al servizio di Google Street View attestano di nuovo un vulnus alla sovranità degli Stati. Sappiamo che in America questa forma di spionaggio privato ha sottoposto Google a pagare ai Paesi denunzianti multe pari a 7 milioni di dollari. In Europa la denunzia già inoltrata dall’ingegnere spagnolo Gallardo Ortiz era stata spiaggiata nelle more della burocrazia. Adesso però la sentenza Schrems/Facebook emessa dalla Corte di Giustizia della Comunità Europea  ha costituito il “fatto nuovo” da cui poter riattivare il procedimento spagnolo contro le Google cars. La CGUE 6 ottobre 2015 in merito alla causa C-362/14 Stampa e Informazione Maximillian Schrems/Data Protection Commissioner ha affondato il sistema del Safe Harbour per il trasferimento dei dati UE-USA secondo cui le aziende e le istituzioni americane dichiarantesi aderenti ai protocolli Safe Harbour avrebbero garantito un sufficiente livello di tutela privacy dei patrimoni informativi europei transitati in America. In realtà anche sulla scorta del caso Snowden sul Data Gate USA-UE la Corte di Giustizia acclara l’insufficienza dei livelli di tutela privacy del Safe Harbour e accoglie il ricorso dell’utente Facebook Schrems che aveva denunziato al Garante Privacy irlandese il social network per carenza di garanzie privacy in quanto ospitante i dati di milioni di europei su server americani.

Tutti questi fatti ruotano attorno alla privacy. La privacy e’ la nuova frontiera della sovranità sui cittadini digitali. Il controllo dei flussi informativi attribuisce il potere di governo sulle nostre vite digitali. Pertanto non facciamoci incantare dalle favole degli imprenditori illuminati che si battono per la privacy dei cittadini o degli Stati ligi al dovere che lottano per la sicurezza. Nulla di nuovo sotto il sole: e’ solo una lotta per il dominio sui popoli.

di Deborah Bianchi