Lo Stato di Sorveglianza attacca il giornalismo per renderlo più difficile, più lento, meno protetto

Gchq

E’ questa la strategia che i vertici del potere statale stanno cercando di seguire. Lo Stato di Sorveglianza ha i mezzi, la volontà e l’ ampiezza per perseguire il giornalismo nello stesso modo con cui aveva perseguito il terrorismo. Solo una stampa più impegnata e coesa potrà avere la possibilità di resistere. 

 

E’ così che Jay Rosen, sul suo  Pressthink, commenta la situazione che si è venuta a creare dopo il caso Snowden e la scoperta del Prism, partendo da un intervento (’’particolarmente importante’’) dello scrittore ed ex agente della CIA,  Barry Eisler, su quello che è accaduto alla stampa dopo le rivelazioni di Snowden nel giugno scorso.

 

In quell’ articolo, spiega Rosen, Eisler cerca di spiegare perché le autorità britanniche hanno trattenuto in stato di fermo per nove ore all’ aeroporto di Heathrow il cittadino brasiliano David Miranda sequestrando tutti i dispositivi tecnologici che aveva con sé. Miranda è il compagno del giornalista del Guardian che ha rivelato la vicenda, Glenn Greenwald, ed aveva svolto la funzione di corriere trasportando documenti criptati avanti e indietro fra Greenwald in Brasile e una sua collaboratrice, Laura Poitras, in Germania .

 

EislerQuella di Eisler, secondo Rosen, è l’ interpretazione  ‘’più persuasiva che io abbia letto’’.

 

Rosen delinea quattro punti che si possono enucleare dall’ analisi di Eisler. Eccoli.

 

 

1. Sabbia negli ingranaggi

 

“Mettiti nei panni dello Stato nazionale di Sorveglianza,” scrive. Hai già dirottato internet a tuo uso e consumo e hai la maggior parte delle comunicazioni mondiali monitorate e memorizzate. I giornalisti stanno cominciando a rendersi conto che nessuno dei loro strumenti è sicuro e per questo stanno abbandonando gli incontri faccia a faccia, andando a ritroso nel tempo e abbracciando vecchie tecniche per eludere il controllo. Ma tu sei venuto a sapere qualcosa: il compagno di Greenwald è andato a Berlino.

 

Eisler spiega:

 

    Lo scopo era di dimostrare ai giornalisti che quello che ritenevano fosse un mezzo di comunicazione secondario affidabile – un corriere che trasporta di persona drive criptati da un computer ad un altro – poteva essere scoperto, rendendo così gli sforzi dei giornalisti più difficili e più lenti.

Siccome sai bene che è impossibile provocare una paralisi completa del giornalismo, tu tenti di gettare sabbia negli ingranaggi. David Miranda è stato fermato e interrogato sulla base delle norme antiterrorismo in UK. Qual è il collegamento? Come dice Eisler, “una parte degli effetti positivi della strategia di intrusione nelle comunicazioni elettroniche dei terroristi di oggi è che costoro sono costretti ad usare dei mezzi di comunicazione molto più lenti. La NSA ha imparato bene la lezione, e ora la sta applicando ai giornalisti “.

 

E scrive ancora:

    Per riuscire a monitorare tutta la comunicazione umana, lo Stato nazionale di Sorveglianza deve fare due cose: primo, intercettare i principali mezzi di comunicazione – e cioè Internet, telefoni e posta cartacea; secondo, dare un giro di vite ai sistemi di backup, cioè alla comunicazione faccia a faccia, che, alla fine, è quello che resta ai cittadini quando tutto il resto è stato infiltrato. L’ arresto di Miranda faceva parte di questo secondo asse di attacco. E lo stesso discorso vale per la distruzione dei computer del Guardian che contenevano alcune soffiate di Snowden. Le autorità naturalmente  sapevano che c’ erano delle copie, e l’ obbiettivo dell’ intervento non era tanto distruggere delle informazioni in sé. Il punto era costringere il Guardian a sprecare tempo ed energie ricorrendo ad opzioni di backup non ottimali – e, quindi, rendere il giornalismo più difficile, più lento e quindi rendere il giornalismo più difficile, più lento e meno protetto.

 

 

2. Lavorare insieme

 

Il giorno dopo la pubblicazione del post di Eisler, Ben Smith di  Buzzfeed ha scoperto — e il Guardian ha poi annunciato — che alcuni dei documenti di Snowden erano stati condivisi con il New York Times, che lavorerà insieme al Guardian su altre vicende legate alla NSA. L’ equivalente della NSA, il Government Communications Head Quarter britannico (GCHQ, nella foto la sua sede centrale) ha costretto il Direttore del Guardian a fermare il lavoro a Londra sui materiali di Snowden. Ma…

 

I giornalisti in America sono protetti dal Primo Emendamento, che garantisce la libertà di parola e, in pratica, impedisce allo stato controlli o censure preventivi sulla stampa.

 

È chiaro che la collaborazione con il New York Times permetterà al Guardian di mettere al sicuro i documenti di Snowden senza che il GCHQ li possa raggiungere. E Snowden questo lo sa bene.

 

Domenica sera, Ben Smith ha dato poi un’ altra importante notizia: anche un’ altra redazione specializzata, il sito investigativo non-profit ProPublica, sta lavorando sui materiali di Snowden insieme al Guardian. Questa è la mossa giusta. Se loro stanno cercando di rendere il giornalismo più difficile, più lento e meno sicuro, lavorando insieme contro di voi. Voi dovete lavorare insieme contro di loro per pubblicare quello che c’ è da pubblicare e mettere il materiale necessario fuori della loro portata.

 

Come ho scritto nel mio ultimo post, lo Stato di Sorveglianza è globale e quindi la lotta per denunciare tutti i suoi eccessi deve svolgersi quantomeno a livello planetario.  Un altro buon segno:

 

In una lettera aperta a David Cameron  pubblicata sull’ Observer i direttori del danese Politiken, dello svedese Dagens Nyheter, del norvegese Aftenposten e del finlandese Helsingin Sanomat parlano del trattamento riservato a David Miranda come di un atto persecutorio.

 

Essi affermano che i ‘’fatti accaduti la settimana scorsa in Gran Bretagna destano profonda preoccupazione” e chiedono al primo ministro di “far ritornare il suo governo tra i principali difensori della libertà di stampa”.

 

La WAN, la World Association of Newspapers and News Publishers, ha scritto a Cameron una lettera dello stesso tenore. Capiscono che si tratta di una lotta globale. Il resto della stampa britannica sta cominciando a svegliarsi solo adesso.

 

 

3. “Ditemi qual è il campo in cui devo giocare”

 

In una apparizione il mese scorso in tv su ‘’Charlie Rose’’, l’ ex direttore della NSA e della CIA Michael Hayden era stato sollecitato a dire quale fosse a suo parere il “giusto equilibrio” tra segretezza e trasparenza.

 

Hayden ha detto che se fosse stato per lui, avrebbe voluto “tenere tutto segreto” perché la NSA in questo modo avrebbe potuto lavorare meglio. Ma, ha aggiunto, “so di vivere in una democrazia moderna”, che non permetterebbe a nessuno di operare a lungo senza un “consenso nazionale” al suo programma. Non si può avere il consenso del paese senza un dibattito a livello nazionale, ha ammesso. E non si può avere un tale dibattito “senza che una parte significativa della cittadinanza” sappia qualcosa su quello che stai facendo. E così, ha detto Hayden, aveva dovuto accettare che la NSA perdesse ‘’qualche punto della nostra efficacia operativa’’ per diventare “un po’ più trasparente per il popolo americano.”

 

Come ex capo della CIA e della NSA, Hayden ha detto che capiva che gli venivano imposte delle cose che la democrazia americana riteneva accettabili. E tutto quello che voleva dal Congresso era una guida chiara. “Ditemi qual è il campo di gioco”, ha detto, disegnando nell’ aria una piazza con le mani mentre parlava. “Datemi il campo in cui volete che io operi. Ho intenzione di giocare fino ai confini estremi di quel campo”.  Ha detto che avrebbe voluto essere “molto aggressivo”, e che probabilmente “si sarebbe sporcato i tacchetti di polvere di gesso”, e ancora :

 

    Voi, il popolo americano, attraverso i vostri rappresentanti eletti, mi date il campo di gioco e io giocherò lì dentro in modo molto aggressivo. Fino a quando capite quale rischio correte se chiudete me e i miei colleghi in quello spazio, ok, siamo a posto. Ci rendiamo conto. Seguiamo la guida del popolo americano.

 

Lo sketch di Hayden su uno Stato di Sorveglianza che si lascia tranquillamente contenere dai cittadini  guardinghi ha tralasciato naturalmente un paio di cose. Quando il direttore della National Intelligence può mentire al Congresso in seduta pubblica e conservare il suo posto, il ragionamento di Hayden va in frantumi. Quando dei senatori degli Stati Uniti,  messi in allarme da quello che viene detto, non possono allertare il popolo americano per esigenze di segretezza, l’ “attraverso i vostri rappresentanti eletti” di Hayden diventa una frase vuota. La  iper-secretazione  rende impossibile il “consenso del paese’’. Un “corpus segreto di norme che dà alla National Security Agency il potere di accumulare enormi raccolte di dati sugli americani” non è in grado  di generare molta discussione…, non vi pare? La posizione di Hayden sembra ragionevole – tanto ragionevole che Charlie Rose non ha insistito – ma il comportamento dello Stato di Sorveglianza non corrisponde affatto alle sua parole tranquillizzanti.

 

ED E’ PER QUESTO CHE ABBIAMO BISOGNO DI GIORNALISTI! Se non includiamo nel quadro una stampa aggressiva che è in grado di muoversi senza timori o coercizioni, lo Stato di Sorveglianza non può essere reso compatibile con la democrazia rappresentativa. Anche allora, può essere impossibile.

 

 

4. L’ istituzione-stampa sta cominciando a farlo

 

Barry Eisler ha concluso il suo intervento così:

 

    Le autorità vogliono farvi capire che possono farlo anche a voi. Se hanno fatto più o meno bene i calcoli dipende da quale misura hanno assegnato alla passività dei cittadini.

 Rendere il giornalismo più difficile, più lento e meno protetto gettando sabbia negli ingranaggi è pienamente alla portata dello stato di sorveglianza. Esso ha i mezzi, la volontà e l’ ampiezza di perseguire il giornalismo nello stesso modo con cui aveva perseguito il terrorismo. Gli articoli da soli non riusciranno a fermarlo. Ci sono segnali che l’ istituzione-stampa sta cominciando a farlo. Condividere il lavoro per realizzare dei servizi dai documenti di Snowden è un primo segnale. Il recente  articolo di David Carr sul New York Times è un altro. “E’ vero che Assange e il Greenwald sono degli attivisti per programmi politici ben definiti, cosa che non si addiceva a una redazione tradizionale – ha scritto Carr -. Ma stanno agendo in un età più trasparente – loro stessi sono le loro redazioni, in un certo senso – e le loro convinzioni politiche non hanno impedito ad altre testate di seguire i loro input”.

 

Solo se potranno rendere più attivo un pubblico per lo più passivo, i giornalisti potranno vincere questa battaglia. So che loro pensano che la mobilitazione non sia il loro lavoro, e ci sono buone ragioni per pensarlo, ma non possono accettare che dei direttori siano costretti a distruggere i dischi rigidi dei computer  sotto lo sguardo della polizia, per carità!  Il giornalismo a questo punto ha bisogno di avvicinarsi di più all’ attivismo per avere una possibilità di prevalere nella lotta in corso con lo Stato.