La Leveson inquiry e la libertà di stampa nell’ Unione europea

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Lo scorso novembre sono stati pubblicati i risultati della Leveson Inquiry.  Le conclusioni dell’ inchiesta hanno segnalato l’ urgente bisogno di una regolamentazione del mondo dei media britannici, che si tratti di autoregolamentazione o di un organo esterno, diversamente e saggiamente composto. Si anima il dibattito fra i media anglosassoni.  

 

Abbiamo seguito The Indipendent, Guardian e Financial Times, ma anche l’ UE  ha citato l’ inchiesta in uno dei suoi rapporti. Così si sposta l’ attenzione verso una visione più europea della libertà e del pluralismo dei media

 

 

A cura di Claudia Dani

 

L’ editoriale  di Amol Rajan dello scorso lunedì sull’  Indipendent ritorna sulla Leveson Inquiry (ne avevamo parlato qui  e qui.

 

Si è conclusa lo scorso novembre, tramite la pubblicazione di un rapporto. E a quanto leggiamo sul sito web del quotidiano  da quel momento la reazione dei media è stata poca cosa, tanto che l’ editoriale denuncia :

 

“the stalemate that has greeted the recommendations of the L. inquiry cannot continue, even so…. It also tisks the worst possible outcome: the arbitrary imposition of a regulatory regime with chilling consequences for free speech”
” lo stallo che ha accolto le raccomandazioni dell’ inchiesta Leveson non può proseguire, ancora… C’ è il rischio che si realizzi il peggior esito: un’ imposiziome arbitraria  di un regime normativo con conseguenze agghiaccianti per la libertà di stampa” .

 

L’  Indipendent esorta, insieme a Guardian e Financial Times, a fare sforzi veri per la ricerca di una soluzione pratica e immediata.

 

Leveson indica e sostiene un sistema di controllo supervisionato da Ofcom  ( autorità regolatrice e indipendente per il controllo dell’ industria britannica delle comunicazioni) . Quest’ autorità è, secondo l’ Indipendent, “sotto il controllo diretto del governo”. Nemmeno il ritorno alla ormai discreditata Commissione Press-Complaints pare essere una soluzione auspicabile. Un compromesso va individuato.
 

I media devono dichiarare davanti a tutti qual è la loro posizione. È necessario un controllo che protegga allo stesso modo la libertà individuale e quella della stampa.  ” Vanno costruiti dei ponti – conclude Rajan – e deve emergere un compromesso. E questo va fatto in pubblico, il tempo scorre”.

 

Nei mesi scorsi Guardian e FT si erano espressi con argomenti analoghi dopo la pubblicazione, avvenuta a novembre 2012, del rapporto Leveson.

 

In particolare si legge in un articolo  di Dan Sabbagh  che nonostante il fatto che i rappresentanti dei principali media britannici abbiano accettato la maggior parte delle raccomandazioni  suggerite da Leveson, quello che lascia perplessi è il suggerimento di proporre Ofcom come supervisore. Rimane senza soluzione il problema di chi possa assumersi il ruolo di giudicare la correttezza delle pratiche giornalistiche. Non si vuole un intervento di legge, regolamentatorio.
Il Guardian, dunque, evidenzia che a rimanere aperta è sempre la questione dell’ identificare il “body” (organo) “regolatore” che per Leveson sarebbe Ofcom.

 

In un altro articolo,  scritto da Robert Budden su FT, sempre dello stesso periodo, il ragionamento è lo stesso: in linea generale le indicazioni del giudice sono accettate da editori e giornalisti, ma non si vuole cedere alla scelta di Ofcome come organo di controllo. A quanto leggiamo: ” …there was also agreement for an indipendent body that would audit the new regolator” . (c’è accordo sulla creazione di un corpo indipendente che verifichi il il nuovo regolatore).
I direttori insistono per poter dare degli input al nuovo codice dei media, che raccoglierà le regole su cosa si possa fare e cosa non.

 

Il Telegraph torna sull’ argomento a inizio anno, quando viene presentato il rapporto della UE:  “A free and pluralistic media to sustain European democracy”.  Quello che emerge leggendo il post di Bruno Waterfield, sono due forze opposte: da una parte il rapporto dell’ UE secondo cui ogni paese europeo dovrebbe dotarsi di un Council dei media singolo e indipendente, e che elogia il rapporto Leveson e le sue raccomandazioni. Dall’ altra le parole del portavoce del Dipartimento della cultura, che afferma:  “Non abbiamo intenzione di permettere all’ Europa di regolamentare i media britannici. E’ molto chiaro che, come si legge nel report Leveson, ci si aspetta che l’ industria dei media inglesi implementi una propria regolazione dura, indipendente”.

 

Anche l’Unione Europea ha espresso la sua posizione nei confronti del rapporto Leveson. Ecco alcune significative citazioni dal rapporto.

“There is a understandable  preference in media organisations for some form of self-regulation as opposed to regulation from outside, because of the ever-present danger of censorship….”

“C’è una preferenza comprensibile  nei media per una forma di auto-regolazione e l’ opposizione  a una regolazione dall’ esterno a causa della perenne minaccia dell’ azione della censura…”

 

” The recently relased leveson report … has offered overwhelding evidence as to the multiple ways in which this self-regulation has nt just been interpreted as no regulation, but has led to gross abuses …”

“Il recente Report Leveson ha offerto una prova schiacciante  dei molti modi in cui questa autoregolamentazione non solo è stata interpretata come assenza di regolamentazione  ma ha permesso grossi abusi…”

 

“… the urgent nedd for supervisory body that can and do act, instead of being supervispry in name only.”

“…il bisogno urgente  per degli organi supervisori che possano e debbano agire, invece che esistere solo di nome”

 

“… Media organisations themselves …by being more proactive in matters of self-regulations.”

“…i media essi stessi… essendo maggiormente proattivi nell’ autoregolarsi.”

 

” The EU should be considered competent to act to protect media freedom and pluralism at State level…”

“L’ Unione Europea dovrebbe essere considerata competente nel campo della protezione della liberà e del pluralismo dei media a livello statale…”

 

” All EUcountries should have independent media councils with a politically and culturally balanced and socially diverse membership. Nominations to them should be transparent, with built‐in checks and balances. Such bodies would have competences to investigate complaints, much like a media ombudsman, but would also check that media organisations have published a code of conduct and have revealed ownership details, declarations of conflicts of interest, etc. Media councils should have real enforcement powers, such as the imposition of fines, orders for printed or broadcast apologies, or removal of journalistic status. The national media councils should follow a set of European‐wide standards and be monitored by the Commission to ensure that they comply with European values.”

” Ogni stato membro dovrebbe avere un consiglio indipendente sui media, con una composizione politicamente e culturalmente equilibrata e un pluralismo di rappresentanza sociale. Questi organi dovrebbe avere competenza a svolgere indagini sulle segnalazioni , proprio come un difensore civico dei media, ma anche controllare che media ed editori abbiano elaborato dei codici di condotta e mostrato i dati relativi alla proprietà, dichiarazioni di conflitti di interesse, ecc. Questi Council dovrebbero avere poteri reali, come l’ imposizione di multe, l’ obbligo di pubblicazione di scuse o la facoltà di rimozione dello status giornalistico.  Questi Organi a livello nazionale dovrebbero attenersi a più ampi standard europei e essere monitorati dalla Commissione per assicurare che si attengano ai valori europei.”

 

Le raccomandazioni della  Leveson Inquiry e quelle dell’UE  non troveranno una soluzione tanto in fretta ed è certo che non è affatto semplice individuare quella via di mezzo che auspicava Rajan sull’ Indipendent, quando sono coinvolti i principi alla base dell informazione e i diritti delle persone.

 

Ciò che è importante sottolineare,  e che deve arrivare ai tanti sordi nei media italiani, è che in Gran Bretagna hanno avuto la capacità e il coraggio di scoprire la malsana abilità dei media di essere giudici di se stessi e delle proprie azioni.