Leveson inquiry, un difensore civico per la regolamentazione dei media in Uk?

L’ ipotesi della istituzione di un difensore civico per la regolamentazione dei media sta diventando uno dei temi del dibattito che accompagna nel Regno Unito l’ attività della ‘’Leveson Inquiry’’, l’ inchiesta pubblica sull’ etica, la cultura e le pratiche dei media britannici voluta dal premier Cameron dopo lo scandalo del News of the World e condotta dal giudice Lord Brian Leveson.

 

Alle critiche sulla possibilità di una possibile eccessiva ingerenza pubblica nel settore, Leveson ribatte che si tratterebbe comunque di un controllo sui meccanismi e non sui contenuti.  

Il punto sulle ultime battute dell’ inchiesta, a cui i media britannici dedicano grosso spazio (il Guardian dedica una sezione specifica al lavoro della commissione).

 

a cura di Claudia Dani

 

Giorno dopo giorno si susseguono udienze e testimonianze. Tutto viene filmato e reso fruibile via streaming. L’ inchiesta Leveson prosegue e il quotidiano inglese The Guardian la monitorizza e ne racconta giorno dopo giorno sul suo sito web.

 

 

L’ inchiesta è stata voluta dal premier inglese Cameron dopo lo scandalo del News of the World. Un’ inchiesta pubblica su etica, cultura e pratiche dei media, da cui è scaturito un profondo dibattito sullo stato del giornalismo britannico. Ne avevamo già parlato qui.

 

 

Il Guardian dedica una sezione del sito all’inchiesta. Pubblica commenti, i video della diretta, le testimonianze.

 

 

Abbiamo seguito per alcuni giorni gli aggiornamenti dal sito del Guardian ed ecco alcuni stralci interessanti tratti dai diversi commenti e post pubblicati.

 

 

Si ipotizzano soluzioni pratiche per regolamentare i media, si riflette sul ruolo dei blogger e su quella che pare essere ormai una vera e propria cultura dei media.

 

 

Per la prima volta da quando è partita l’ inchiesta, come si legge nell’articolo di Lisa O’Carroll, Leveson ipotizza la figura del difensore civico per la regolamentazione dei media, con la motivazione che sarebbe necessario un quadro di regole generali per poter assicurare una riforma effettiva del settore. E il nuovo statuto dovrebbe prevedere fra l’ altro la figura di un difensore che possa risolvere le dispute.

 

 

Chi non accetta questa visione controbatte che la presenza di un difensore civico potrebbe portare ad una sorta di controllo da parte dello Stato.

 

 

Leveson replica sottolineando invece che lo Stato avrebbe una visione sui meccanismi che vengono costruiti per regolamentare i media ma non sul contenuto.

 

 

Insomma l’ inchiesta, come si legge in un post di Esther Addley, pur essendo arrivata al settimo mese non sembra vicina alla soluzione. Disegnare modelli per media ‘ribelli’ non sembra facile e soprattutto il dibattito monta ma non trova uno sbocco chiaro.

 

 

In un altro commento di Dan Sabbagh si riflette sul ruolo dei blogger. Leveson chiede se i blogger dovrebbero essere inseriti in un sistema rivisto  che regoli i media. Marr, giornalista BBC, che ha portato il problema all’ attenzione dell’ inchiesta, ritiene che debbano essere inclusi nel sistema di regolamentazione, dal momento che sono influenti esattamente come un quotidiano.  E aggiunge che, per la situazione in cui si trova la stampa, un nuovo sistema di regole potrebbe solo far sprofondare la stampa, già inerme davanti a internet, ancora più a fondo.

 

 

La questione finale pare dunque quella di apportare un cambiamento che nel giornalismo inglese trova molta resistenza. Trovare cioè un accordo per una regolamentazione legale che parrebbe necessaria per assicurare l’ efficacia di un futuro sistema di autoregolazione dei media.

 

 

 

Il professor Steven Barnett, dell’ Università di Westminster, ha affermato in suo discorso, come riporta Pritchard, che la questione non riguarda singolarmente il News of the World, ma è un problema di cultura, di disattenzione o di ‘bassa qualità’ delle pratiche giornalistiche nelle redazioni. Pensa che il difensore civico possa aiutare in parte e propone anche una ‘carta della talpa’: un mezzo per accogliere le denuncia dei giornalisti riguardo a pratiche non etiche.

 

 

La sua conclusione è che  idealmente i principi di regolamentazione dell’ informazione dovrebbero essere attuate da un organismo indipendente selezionato all’ interno del settore, in modo da avere un’ autoregolazione attiva.  Ma essa da sola non basta, sarà necessario un ‘corpo ricevitore’ con poteri datigli dal Parlamento che realizzi una reale e serrata autoregolazione insieme alla consapevolezza di un’adeguata responsabilità. Senza questo ‘corpo’ non si potrà assicurare che il difensore sia realmente indipendente.

 

 

Chiudo questa panoramica sul tema con alcuni stralci di un post di RoyGreenslade.

 

 

I metodi della stampa sono stati, spesso, messi in discussione ma mai il suo scopo. Il pubblico merita di sapere di più non di meno. Scrive Greenslade:

‘‘come fare a risolvere questo dilemma sta all’ inchiesta Leveson, esistono ‘due tipi di media’, uno serio e uno popolare. E hanno agende giornalistiche totalmente diverse. Il problema è quindi nella costruzione di una definizione unica, coerente e di interesse per il pubblico che possa soddisfare entrambi i tipi di stampa’’.

 

 

Ma conclude:

 

‘ nessuna formula può far quadrare il cerchio tra questi diversi tipi ben distinti di giornali’.