Quattro ragioni per cui i giornali stanno perdendo la sfida del digitale

Debolezza dell’ offerta di prodotti digitali, invecchiamento dei lettori e scarsa diversificazione del pubblico, ristrettezza delle opportunità di guadagno, incertezza delle risposte da dare alla concorrenza: sono i principali motivi per cui i quotidiani stanno in grande affanno di fronte all’ online, racconta Alan D. Mutter.

 

Che, in un articolo su Reflections of a Newsosaur, conclude: visto che ormai ogni testata da sola non è più in grado di recuperare terreno, forse sarebbe venuto il momento per i quotidiani di condividere le proprie risorse per creare dei Progetti per Applicazioni Digitali e realizzare così dei prodotti capaci di competere con i nuovi arrivati

 

Four ways newspapers are failing at digital

di Alan D. Mutter

 

 (traduzione a cura di Elena Baù)

 

 

A quasi due decenni dal debutto commerciale di Internet, la maggior parte degli editori utilizza ancora il modello, ormai anacronistico, del quotidiano per le proprie attività digitali. Assurdo.

 

Questa abitudine deve finire se gli editori vogliono avere qualche speranza di mantenere una parvenza  di quella rilevanza che, in termini di lettori ed entrate, li ha storicamente resi quelle imprese influenti e di successo che vorrebbero continuare ad essere anche in futuro.

 

Anche se lettori ed inserzionisti si stanno spostando sui fiorenti media digitali il più velocemente possibile, la dura realtà è che la maggior parte dei quotidiani trae solo il 10 percento delle proprie entrate dai prodotti digitali. Anche se è vero che il contributo del settore digitale ai ricavi dei giornali è aumentato negli ultimi anni, tale progresso è dovuto più al crollo del 50 percento delle entrate pubblicitarie complessive dal 2005 ad oggi che non ad un concreto aumento in proporzione dei ricavi digitali. In altre parole, il numeratore sembra più grande solo perché il denominatore si è ridotto.

 

Perciò, se gli editori vogliono adottare seriamente un modello economico digitale vero e proprio, essi devono prima affrontare quattro enormi problemi:

 

 

 

Debolezza dei portafogli di prodotti digitali

 

Invece di utilizzare i mezzi di comunicazione mobili, web e social network per agganciare nuovi lettori e clienti, il quotidiano tipo concentra la maggior parte delle sue risorse digitali nella fedele riproduzione della copia stampata in pixel. Il tipico sito web di un giornale è carico di parole e scarso nell’ interattività.

 

La maggioranza dei prodotti mobili non riesce a sfruttare la potenza di questo mezzo fortemente pervasivo nel fornire informazioni personalizzate e localizzate utili a risolvere i problemi immediati dei singoli. Il “noi parliamo, voi ascoltate” delle pagine Facebook mantenute dalla maggior parte dei giornali quasi universalmente non riesce a costruire una comunità, che è poi il punto cardine dei social media.

 

 

 

 

Invecchiamento e pubblico non diversificato

 

 

Alla luce di quanto detto, non stupisce che gli utenti attratti dai prodotti digitali collegati ai giornali siano poi molto simili ai clienti della carta stampata. “Il lettore medio dei quotidiani su carta è una donna sui 60 anni, mentre l’età media della popolazione è sui 43”, afferma Greg Harmon della Borrell Associates, che ha monitorato i lettori web dei giornali per un decennio.

 

“L’ utente del sito web di un giornale è in media un po’ meno di genere femminile dell’abbonato alla stampa e ha poco più di 50 anni, ma l’ età media del pubblico dei quotidiani online sale di un anno ogni anno”. A meno che gli editori non inizino ad utilizzare i loro media digitali per attrarre i giovani e un pubblico più diversificato di quello che hanno oggi, il futuro delle loro attività appare limitato alla speranza di vita e all’ invecchiamento dei loro lettori storici.

 

 

 

 

Ristrettezza delle opportunità di guadagno

 

 

Mentre PricewaterhouseCoopers stima che la spesa pubblicitaria online raddoppierà rispetto ai livelli attuali per raggiungere i 62 miliardi di dollari entro il 2014, i giornali oggi non hanno possibilità di competere in settori a crescita rapida come quelli delle ricerche, mobile, social, video e inserzioni pubblicitarie mirate. Perché essi non hanno investito nella modernizzazione delle loro capacità promozionali: così gli editori sono rimasti inchiodati ad un’ offerta pubblicitaria indifferenziata rispetto a target diversificati, e ad una vendita massificata delle loro categorie di segmenti di stampa.

 

Inoltre, i ricercatori sostengono che gli inserzionisti di pubblicità locale stanno ora investendo porzioni sempre più consistenti dei loro capitali nel contatto diretto con i clienti tramite siti web, motori di ricerca per il marketing, offerte giornaliere, promozioni, concorsi, social media, e-mail e posta tradizionale. Borrell pronostica che fino a 3 dollari su 4 spesi nel marketing digitale locale di quest’anno saranno intercettati da strutture di natura non pubblicitaria. E la maggior parte dei giornali dispone di pochi prodotti utili ad intercettare quel denaro.

 

 

 

Debolezza delle risposte alla concorrenza

 

Oltre alla pressione sul mercato pubblicitario esercitata dalle emittenti radiotelevisive tradizionali e dalle Pagine Gialle, i quotidiani devono oggi competere anche con il numero crescente di segnalazioni digitali, che vanno da Google e Groupon ai webmaster e alle agenzie di social media. Calcolando che ora si registra una segnalazione digitale per ogni tre venditori messi in campo dai giornali, Borrell riferisce che una attività di piccole dimensioni media ottiene più di 20 lanci al mese affidandosi a un agente pubblicitario o di marketing. Sebbene la ricerca evidenzi come molte aziende continuino ad apprezzare i loro canali giornalistici, tuttavia anche i rapporti migliori non riescono a compensare la mancanza di quei prodotti digitali e di marketing la cui richiesta da parte dei commercianti è in continuo aumento. Ed è forse questa la sfida principale che il settore deve affrontare, perché i venditori dei giornali non possono vendere prodotti digitali che non riescono a capire, spiegare, e in cui non ripongono fiducia.

 

 

 

Ed ora che ho la vostra attenzione…

 

 

Nonostante la maggior parte degli editori sia rimasta più indietro di quello che dovrebbe essere (e di ciò che è convinta di essere), i giornali continuano però a possedere marchi potenti, capacità di creazione di contenuti e solidi rapporti nei settori delle vendite e del marketing.

 

Il primo passo per far sul serio nell’ambito dell’editoria digitale è quello di sviluppare un piano strategico per definire prodotti di qualità e remunerativi.  Poiché per la maggior parte dei giornali sono finiti i tempi dei grandi profitti e le strutture in grado di realizzare questi prodotti innovativi, sarebbe sensato se il settore decidesse di condividere le proprie risorse per creare dei Progetti per Applicazioni Digitali e realizzare così dei prodotti capaci di competere con i nuovi arrivati.

 

Il momento di agire è adesso. La gara non potrà che diventare più serrata, con Groupon, LinkedIn, Facebook, Twitter, Yelp e una miriade di pretendenti decisi a gettarsi su capitali nuovi di zecca e pronti ad esser quotati sul mercato prima ancora di riuscire a lanciare una Ipo (Initial Public Offerings).