L’Italia è pronta per l’ Open Government?

L’Italia sta vivendo giorni di crescente attività in materia di Open Government. Il 17 aprile a Brasilia, nel quadro dell’incontro annuale della Open Government Partnership (OPG), ed in linea con i principi della Open Government Declaration, è stato presentato il Piano di Azione Nazionale  con cui il Governo “individua le principali linee di sviluppo da realizzare in futuro”.

 

 

di Andrea Fama

 

 

Si tratta per alcuni aspetti di un documento un po’ debole, carente di dati e attività precise a sostegno degli obiettivi (limitati e limitanti, osservava qualcuno) ivi indicati. Tuttavia, è un documento che può essere ancora modificato – fino al 27 aprile – attraverso il processo consultivo esplicitamente previsto dalla OGP. In pratica, chiunque può commentare e così contribuire “a migliorare e integrare il Piano” (sebbene, a mio modesto avviso, soprattutto iniziative simili dovrebbero nascere in partenza da un confronto collettivo reso debitamente partecipato).

 

A questo si aggiungono i già citati lavori per l’Agenda Digitale, in merito ai quali si segnala il “pentimento operoso ma tardivo” del Popolo delle Libertà, che presenta un disegno di legge in materia. Oltre alle solite imprescindibili facezie, il documento prevede all’art. 32 che “le pubbliche amministrazioni devono rendere fruibili gratuitamente i dati in loro possesso, mediante un contratto di Italian Open Data Licence (IODL). Eventuali eccezioni devono essere esplicitate e motivate nel sito internet dell’amministrazione”. Dati, ma anche documenti (posto che esista una differenza)? Tempi e modalità? Vincoli e sanzioni per le PA? Ecc.

 

In generale, quello che sembra mancare quando tra i decisori si parla di openness è un principio di base e una visione completa.

 

Il principio. L’Italia è l’unico Paese c.d. democratico del nord del mondo a non avere una vera legge sulla libertà di informazione (Freedom of Information Act – FOIA) che concretamente garantisca a chiunque l’accesso alle informazioni pubbliche, senza le restrizioni imposte dall’articolata normativa vigente (legge 241/1990 e successive modifiche). Quello che abbiamo è un’affermazione di principio, che da sola non basta.

 

La visione. Leggendo tra proposte e dichiarazioni, ad emergere è sempre il rischio di svilire e mistificare  il concetto di Open Gov riducendolo alla mera pubblicazione online di alcuni data base in formato aperto. L’Open Gov è naturalmente molto di più. E per fortuna c’è  anche un Manifesto a ricordarcelo.

 

Alla luce di queste e molte altre osservazioni, sarebbe opportuno definire una normativa chiara che recepisca e integri inequivocabilmente i principi del FOI e quelli dell’Open Government. Un punto di partenza in tal senso potrebbe essere la proposta di legge presentata recentemente in Basilicata (di cui Lsdi si è più volte occupato)*.

 

È un momento cruciale per il Paese, ed è fondamentale capitalizzarlo. L’adozione di una normativa seria in materia avrebbe importanti ricadute non solo a garanzia del già prezioso diritto di informazione, ma anche sul corretto sviluppo del Paese. È ora che l’Italia inizi a parlare apertamente di openness.

 

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* In proposito, si segnala la recente approvazione da parte del Consiglio regionale lucano di un precedente disegno di legge in materia di accesso alle informazioni ambientali, che si distacca esplicitamente dalla L. 241/1990 e recepisce “integralmente” la Convenzione di Aahrus (Lsdi ha dedicato alla Convenzione uno specifico Dossier, contenente un modello per la presentazione di richieste di accesso alle informazioni ambientali sulla base di Aahrus). Qui il testo della proposta di legge della Lucania.