Uno stato di ‘’apprendimento continuo’’ per il nuovo giornalista professionale

 

Entrare in uno stato di ‘’apprendimento continuo’’ e costruirsi strumenti che consentano di aiutare il lettore ad avere una prospettiva più ampia, a costruire la sua visione più generale: insomma, fargli saltare qualche tappa nel processo che va dalla frammentazione alla comprensione dell’ informazione.

E’ la sintesi di una serie di indicazioni che Giuseppe Granieri delinea in due articoli dedicati ai cambiamenti del giornalismo e ai nuovi saperi, tecnici e ‘’filosofici’’, dei giornalisti professionali.

Qui di seguito una sintesi dei suoi spunti più interessanti.

 

 

 

In 5 cose che un giornalista moderno deve imparare, Granieri segnala che la strada è ‘’entrare in ‘apprendimento continuo’ ‘’.

‘’Stanno cambiando i tempi, sta cambiando la professione, sta cambiando il modo in cui la gente accede alle notizie. E questo – aggiunge citando un articolo del Guardian (The media has two tribes, but there’s only one winner) – obbliga i giornalisti a cambiare, ad aggiornare molto le competenze, le skill necessarie per continuare a essere competitivi e consapevoli nel proprio lavoro. Il «mestiere così come lo conoscevamo» serve sempre. È sempre molto importante. Ma non basta più’’.

 

In un nuovo intervento (sempre sul suo blog sul sito dell’ Espresso) cita Jonathan Stray, secondo cui ‘’Ci sono troppe notizie’’ in circolazione, suggerendo che ‘’forse dovremmo abbandonare l’idea che tutti vedano le stesse news’’. Che sarebbe  ‘’una limitazione dell’era pre-Internet’’.

 

Stray – racconta Granieri – individua (Who should see what when? Three principles for personalized news) le tre caratteristiche fondamentali che deve avere una buona storia, dal punto di vista del lettore.

 

«Interesse. Effetto. E capacità di muovere all’azione. Questi sono i tre modi in cui un buon articolo può esserti utile e queste sono le ragioni per cui devi trovarlo». Quindi, spiegato meglio, devi poter trovare un articolo che ti interessa (e che stai cercando), un articolo che ha degli effetti sulla tua vita o su quella della tua comunità, o un articolo che ti dice qualcosa con cui puoi fare qualcos’altro.

Il punto di partenza del ragionamento è che c’è molta sproporzione tra quantità di notizie disponibili e capacità di attenzione.

 

Granieri consiglia di leggere l’intero articolo, perché – dice – sommarizza diversi spunti e segnala la ‘’correlazione forte tra il modo di pensare il mestiere e l’ organizzazione dei nostri tempi di lettura (e della nostra dieta informativa). Il digitale, da questo punto di vista – osserva ancora – è una sfida importante perché ridisegna tutte le regole del gioco.

 

Prendendo spunto dalle indicazioni di Joanna – che su Teleread recensisce The Age of infovore di Tyler Cowen (una complessa teoria sul modo in cui noi ci rapportiamo alle notizie e alla sovrabbondanza di informazioni -, Granieri ricostruisce i punti chiave del ragionamento sul processo, sempre più complesso, che va dalla frammentazione alla comprensione:

– l’apparente frammentazione degli stimoli che riceviamo viene ricomposta nel nostro cervello, disegnando un grande frame, una cornice, con una storia più ampia. Che forma in qualche modo il nostro racconto del mondo, il grande schema cui ci affidiamo per le nostre opinioni e per le scelte di vita o del quotidiano.

– questo tipo di processo, da lettori, ci richiede molta alfabetizzazione: le persone più in difficoltà con l’ information overload e con i social media sono quelle che hanno meno strumenti o che sanno usarli con minori competenze.

– i giornalisti, invece, dovrebbero avere il pieno dominio di questa logica, perché il servizio che devono rendere al pubblico è esattamente quello descritto dal ragionamento di Joanna. Aiutare il lettore ad avere una prospettiva più ampia, a costruire la sua visione più generale. Fargli saltare qualche tappa nel processo che va dalla frammentazione alla comprensione.

 

Dunque, osserva Granieri: se la notizia è una commodity, una cosa che ormai si trova ovunque, il giornalista oggi deve – a mio parere – essere capace di porsi qualche passo avanti rispetto al suo pubblico nel dargli una comprensione (io preferirei «visione») di un percorso nella complessità informativa.

Questo – aggiunge – non sempre accade. I lettori più evoluti, oggi, sono molto più abili a muoversi in questi ambiti di quanto lo siano alcuni giornalisti. Il che assomiglia a dire che viviamo in un mondo in cui alcuni lettori sono migliori mediatori per se stessi rispetto ai mediatori tradizionali. È una sfida che il giornalismo – come mestiere – non può permettersi di perdere.

 

 

QUALI COMPETENZE E STRATEGIE?

 

Ecco le ‘’5 cose…’’ (primo articolo)

1. Grammatica del digitale

le regole del digitale vanno guardate con umiltà: non sono tecnicaglie per tipi strambi appassionati di computer. Sono, piuttosto, le regole con cui sta cominciando a funzionare la nostra cultura contemporanea.

E un contesto simile -soprattutto quando influisce in maniera così pesante sulla nostra vita professionale-  ci richiede la capacità di mettere continuamente in gioco le nostre convinzioni più radicate. I nostri alleati, in compenso, sono la capacità di essere curiosi e di sperimentare nuovi modi di far le cose.

Sad but true: se per tutti non sarà facile resistere alla crisi dei giornali, chi si arrende in questa battaglia uscirà presto dal mercato del lavoro.

 

2. L’ecosistema dell’informazione

Per dirla con Al Jazeera, ‘’Internet è occupatissimo a disassemblare i giornali e a riorganizzarne gli elementi costituenti in una forma nuova’’.

La buona notizia è che iniziamo a rendercene conto. La cattiva è che sta accadendo tutto molto in fretta.

Stanno cambiando troppe cose tutte insieme e la comprensione profonda dello scenario è un fattore competitivo molto forte.

 

3. Le parti nuove del mestiere

‘’Nel mondo della stampa quello che contava molto era la capacità di scrivere bene. Nei media digitali la cosa più importante è essere visibili’’, scrive il Guardian.

E non vale solo per le unità di contenuto. Vale soprattutto per il giornalista, che deve «esserci» e saper usare bene la rete per costruire relazioni, per partecipare al grande gioco dell’informazione, per essere riconosciuto dai propri lettori.

Capire se sei sulla buona strada: Hai un blog? Usi bene Twitter? Usi Facebook in modo professionale?

Potrebbero essere alcune delle domande che è utile porsi. Ce ne sarebbero diverse altre.

 

4. Gli Strumenti

‘’Se il tuo unico strumento è un martello tutti i tuoi problemi assomiglieranno a chiodi da battere». Spesso anche solo conoscere uno strumento nuovo ci apre la possibilità di immaginare un modo più efficace per fare le cose’’.

 

5. Mentalità

E’ evidente che ci viene richiesto un cambiamento quasi radicale di mentalità. L’errore più frequente è quello di disinteressarci al cambiamento, o di trascurarlo, o di considerarlo non importante.

Ma questo è un atteggiamento che di solito usiamo quando non capiamo qualcosa fino in fondo. E per fare il verso a una frase di Bruce Sterling (…)  ‘’il giornalista del XXI secolo è destinato a non smettere mai di imparare’’.

 

Ed ecco il secondo intervento, in cui, in particolare, Granieri sottolinea l’ importanza della ‘’curation’’,

‘’su cui le testate più evolute oggi, ad esempio, stanno lavorando moltissimo. E che è, credo, il tipo di servizio strategico che il giornalismo contemporaneo può fornire al lettore.

Se la risorsa scarsa è il tempo (o l’attenzione) non mi aiuti dandomi una notizia. Mi aiuti facendomi risparmiare tempo e energie nel processo che ci raccontano Cowen e Joanna’’.

 

Sul tema, Granieri segnala una buona guida, realizzata da Steve Buttry, che – dice – serve per iniziare a ragionare: Curation techniques, types and tips.

 

E a questa aggiunge altre due segnalazioni:

 

Un post di Megan Specia: The future of news: Kicking off a journalism career during a reporting revolution.

E un articolo dal titolo Live digital reporting: 10 tips for journalists and news outlets.