<%@LANGUAGE="VBSCRIPT"%> <% Dim Repeat1__numRows Dim Repeat1__index Repeat1__numRows = 8 Repeat1__index = 0 Recordset1_numRows = Recordset1_numRows + Repeat1__numRows %> LSDI: Dossier
home pagechi siamocerca

Blog giornalismi possibili

Uomini e fatti
Mediacritica
Censura
gIORNALI & pERIODICI
rADIO & tV
Televisione
iNTERNET
fOTOGIORNALISMO
Giornalisti e Giornalismi
bLOG
dICONO dI nOI
pubblicità
documentazione
Formazione
Deontologia & Leggi
Libri

appuntamenti


dossier
SEZIONE
AGGIORNATA

La paradossale rigidità della flessibilità selvaggia

Il giornalismo tra ventate di ottimismo e incertezze continue

Seymour Hersh, oltre lo scandalo


Siti utili
Edicole nel mondo

Italia

Internazionali

Stati Uniti

Federazione Nazionale Stampa Italiana

Dossier:

Cinque anarchici del sud.
Una storia degli anni Settanta

Angelo Casile, uno dei cinque anarchici rimasti uccisi, che protesta contro quel mondo così difficile da combattere

Capitolo 3
L’anarchismo italiano alla ricerca di un nuovo equilibrio

3.11967/69: gli anni della rinascita

Alla fine degli anni Sessanta il movimento anarchico italiano si trova ad agire in una societàcomplessa e che contiene elementi di novità: lo scoppio del ’68 coglie impreparate le organizzazioni anarchiche del Paese, Fai (Federazione anarchica italiana), Gia (Gruppi di iniziativa anarchica), Gaf (Gruppi anarchici federati), che sono solitamente strutturate localmente e che dispongono di una sede in comune,il “circolo anarchico”. I giovani che si avvicinano all’anarchismo in questi anni provengono in gran numero dalle lotte studentesche, e poco hanno in comune con i frequentatori abituali dei circoli: qualche operaio, qualche partigiano, molti vecchi militanti. I nuovi anarchici restano sostanzialmente separati da questo mondo, divisi dalle condizioni di vita e dalla provenienza sociale.

Tra le strutture anarchiche solo i gruppi FAGI offrono uno sbocco pratico ai giovani che confluiscono nel movimento, attraverso un tentativo di elaborazione che, mentre cerca di ricostruire basi teoriche del movimento, non trascura la ricerca di un’azione nel sociale. Ha inizio quindi una lenta rinascita, che coinvolge non soltanto i centri universitari o le grandi città; nuovi gruppi si formano un po’ dovunque, anche dove la tradizione libertaria non è mai stata radicata.

Il movimento anarchico italiano nondispone di quadri, non ha strutture centralizzate ed è impreparato ad accogliere il grande numero di giovani che in quegli anni si avvicinano al movimento. La pubblicistica è scarsa e spesso si limita ad un carattere celebrativo, incapace di trasmettere gli elementi fondanti della teoria anarchica.

L’analisi della situazione politica ed economica attuale che emerge dai giornali è insufficiente, il linguaggio usato dalla stampa il più delle volte vecchio e superato. Molto spesso l’approccio all’anarchismo avviene quindi più nella pratica, nelle lotte di ogni giorno, o sulla base di un generico ribellismo.

Appare presto chiaro, soprattutto ai più giovani, che il movimento libertario non può rimanere chiuso in speculazioni ideologiche, né rimanere appannaggio di vecchi anarchici tradizionalisti, ma deve scendere in campo in maniera più incisiva e coerente con l’epoca in cui si opera.

 

Sono tre gli aspetti centrali in questo processo: innanzitutto, i legami inevitabili che gli anarchici devono stabilire con altri movimenti, ad esempio il Movimento Studentesco, maggioritario in alcune aree e ambiti di intervento. Si tratta di collaborazioni quasi imbarazzanti, perché i libertari spesso si trovano in difficoltà nel confrontarsi con certe ideologie, modi di fare, di gestire le situazioni. Scorrendo i bollettini del periodo ’67-’69 appare chiaro questo disorientamento degli anarchici che spesso si trovano a dover inserire la loro azionein situazioni già definite da altri.

Talvolta si arriva ad un vero e proprio scontro: ad esempio nella gestione delle scuole superiori occupate di Milano.

«Si adotta una tattica provocatoria che i marxisti-leninisti non concepiscono neppure»

«Lì i libertari con un intervento deciso hanno preso il sopravvento sulle varie sette dei marxisti-leninisti»

«Viene costituito un gruppo anarchico che, per forza di cose, è costretto, all’inizio, alla collaborazione con le sette ML, ma nel terzo semestre…il gruppo si rinforza e acquista autorità.»

La situazione non cambia di molto passando dai licei all’università. Lì:

«La posizione è ovviamente di opposizione assoluta nei riguardi del Movimento Studentesco.»

E nel corso di una manifestazione

Al momento dello scontro restiamo in piazza solo noi, ormai abbastanza numerosi nessuno di noi scappa). Le altre sette leniniste scappano come il vento. In piazza restano solo le bandiere nere e una bandiera rossa del Movimento Studentesco.

Lo stesso avviene nei confronti di altri movimenti quali ad esempio i Provos, nei confronti dei quali gli anarchici, pur avviando una proficua collaborazione,sottolineano continuamente ladebolezza ideologica rispetto all’anarchia.

Un secondo aspetto che crea una qualche difficoltà al movimento anarchico è il rapporto con il mondo del lavoro. A fronte di complesse analisi sulla classe operaia e sulle strategie di lotta da attuare gli anarchici napoletani ad esempio, come vedremo nel paragrafo successivo,confessano di essere “oggettivamente impreparati” ad inserirsi in un ambiente operaio. A Roma il tentativo di approccio avviene in maniera originale attraverso un primo contatto con i figli dei baraccati, ma il gruppo romano malcelaun distacco quasi irritato dal gruppo di famiglie:

Essi sono disposti solo ad ascoltare solo un discorso che possa portare un utile immediato, pronti a rigettare il gruppo quando questo non persegua più il loro immediato e personale interesse…per loro la macchina, il televisore sono qualcosa di tangibile, di concreto in cui riversano la loro frustrazione sociale, ormai sono dei rassegnati…

Bisogna però aggiungere che, con una nota, gli anarchici di Roma si rivolgono ai compagni affrettandosi a sottolineare che «questa mentalità non è da condannare ma da capire».

Un ultimo aspetto emerge dalle pubblicazioni di questo biennio, ed è la sensazione di persecuzione che, prima ancoradelle altre organizzazioni di sinistra, colpisce gli anarchici. I libertari hanno sempre rappresentato la forza della sinistra più debole per la mancanza di strutture organizzative, e non tardano a diventare le prime vittime della repressione. Mentre per gli altri movimenti di sinistra il vero e proprio spartiacque è rappresentato dalla strage di piazza Fontana, gli anarchici si trovano precocemente sotto il tiro dell’opinione pubblica e dello Stato: sono “anarchiche” le bombe che scoppiano in aprile a Milano, si scrive; sono “anarchici” anche gli ordigni sui treni; e ancora, sono anarchici gli arrestati in aprile per le bombe, e la persecuzione poche ore dopo la strage del 12 dicembre inizia proprio dagli anarchici, arrestati in massa. E gli anarchici stessi sembrano, forse per tradizione, o forse per intuito, consapevoli della tempesta che viene ad addensarsi sul loro movimento.

 

3.2Dalla teoria alla prassi a Napoli, Roma e Milano: tre esperienze significative sul campo

Per meglio evidenziare come l’intervento degli anarchici nel sociale venne a concretizzarsi in modo nuovo alla fine degli anni Sessanta, osserviamo direttamente tre sperimentazioni degli anarchici dei gruppiFAGI in tre diverse città italiane, attraverso il resoconto che essi stessi inviano ai compagni di altre città.

A Napoli, il gruppo anarchico cerca di aprirsi verso l’esterno con una serie di iniziative: interviene nei difficili rapporti con il movimento studentesco; cerca di inserirsi nel movimento operaio («non preparati a questo difficile lavoro, tenuto conto della egemonia delle organizzazioni sindacali oggi più forte che mai e della difficoltà di stabilire e trovare modi di contatto duraturi per individuare individui o gruppi.»).

Un originale tentativo del gruppo di Napoli è quello di avviare una commissione che effettua una indagine sociologica sulle attività commerciali: dopo aver scelto come campione una strada del centro della città, l’inchiesta si occupa di rilevare il trattamento economico dei dipendenti dei negozi.

La seconda esperienza, più articolata, viene raccontata dal gruppo FAGI di Roma nel bollettino del 5 giugno 1969. Essa, a differenza delle altre due, si avvicina più ad un originale e ricercato tentativo di controinformazione, inteso come sforzo di trasmettere un messaggio utilizzando un canale diverso da quelli tradizionali.

La relazione viene definita da essi stessi una “cronistoria di un lavoro in borgata”; la situazione era quella di alcuni ex baraccati che avevano occupato delle case popolari in via Prato Rotondo in seguito al crollo di una frana che aveva danneggiato in modo irreparabile le abitazioni già fatiscenti. Dopo aver condotto delle lotte a favore degli occupanti insieme ad altri gruppi (Movimento Studentesco, PCI, cattolici) e successivamente all’allontanamento di questi movimenti, gli anarchici rimangono tra gli occupanti per fare…doposcuola ai bambini.

 

Nessun genere di discorso politico fu affrontato in un primo tempo e per un certo lasso di tempo, due mesi circa, si fece solo doposcuola…Non portammo i ragazzi fuori dalle loro case, in qualche locale esterno come è la prassi,ma ci recammo nelle loro case dove li radunavamo ora in una, ora in un’altra. Questo fece si che tra i ragazzi e tra i genitori si stabilissero quei contatti che poi ci avrebbero permesso di creare l’assemblea degli occupanti….Nelle borgate bisogna entrare e capire la mentalità della gente che ci vive e non si può pretendere di far calare un qualsiasi discorso, nemmeno quello della beneficenza…Ma dopo questo primo periodo i contatti si estesero dai figli ai genitori e si cominciò a parlare dei loro problemi di lavoro.

Gli anarchici a questo punto, dopo aver guadagnato la fiducia degli ex baraccati, iniziano ad occuparsi concretamente di loro: li sostengono in alcune vertenze sindacali presso l’Ispettorato del lavoro, che essi avevano abbandonato per poca fiducia nei sindacati; organizzano cortei di protesta di donne; li aiutano a stendere un articolo che, corredato da numerose fotografie, viene pubblicato integralmente da «Umanità Nova» e da «Paese Sera». Insieme agli uomini, tutti operai edili, scrivono una serie di manifesti sui problemi della sicurezza del lavoro nei cantieri. Il culmine dell’azione avviene nel periodo pasquale durante il quale un gruppo di anarchici si stabilisce in una baracca per venti giorni, riuscendo a creare nuovi rapporti ed a aumentare la fiducia.

L’essere accolti e accettati dall’ambiente si rivela a lungo termine la strategia vincente per comunicare con gli occupanti; lo stesso risultato sarebbe stato irraggiungibile attraverso strumenti classici di contatto. Il doposcuola diventa quasi un vero e proprio medium capace di veicolare in maniera credibile un messaggio che, altrimenti, non sarebbe stato compreso o addirittura rifiutato.

L’ultima esperienza viene raccontata dal gruppo di Milano. Qui il problema più drammatico riguarda gli alloggi, e gli interventi sono tutti di sostegno non solo nei confronti della grande massa di lavoratori fluiti in gran parte dal Sud, ai quali veniva richiesto un affitto medio di 40mila lire a fronte di uno stipendio medio di appena il doppio, ma anche degli studenti fuorisede , che nel 1968 erano 20mila contro un’offerta di posti letto da parte dell’università di appena 900.

All’inizio del 1968 una parte degli inquilini delle case popolari di Quarto Oggiaro decidono di non pagare più l’affitto; nello stesso tempo, nel centro di Milano, nel quartiere di Garibaldi- Isola il Comune decide di abbattere le case esistenti per far luogo al nuovo centro direzionale, eseguendo così degli sfratti in massa. Gli abitanti, che per la maggior parte sono operai o artigiani, vengono spostati all’estrema periferia nelle case di nuova costruzione.

Il 28 novembre 1968, in occasione di una grande manifestazione organizzata dal Movimento studentesco, viene occupato l’Albergo Commercio di piazza Fontana, disabitato da tre anni, e trasformato in Nuova Casa dello Studente e del Lavoratore disagiato. Gli abitantisono circa 110, di cui più della metà lavoratori, gli altri studenti.

In difesa della Casa gli occupanti scatenano una serie dicontroffensive, dalla protezione fisica fino a vere e proprie campagne di contro-stampa per divulgare le loro motivazioni.

La stampa intraprende una campagna contro il “covo” di piazza Fontana dove «per essere ammessi bisogna recitare un credo anarco-cinese.» Gli estremisti di destra attaccano la Casa in più occasioni, la più grave delle quali la notte tra l’11 e il 12 aprile. Mentre in città le forze dell’ordine disperdono i manifestanti per i fatti di Battipaglia, alcuni esponenti di destra lanciano delle molotov contro la Casa, provocando un piccolo incendio.

Anche in questo caso gli anarchici tendono a percepirsi come un soggetto “altro” e “contrapposto” rispetto agli altri occupanti.

 

I compagni anarchici, che in un primo momento erano completamente assenti dalla Casa, a poco a poco sono riusciti a filtrare all’interno, conquistando al loro discorso politico sempre più simpatie fra i componenti della Casa. Dopo una dura polemica durata molto tempo, alfine il Comitato Esecutivo di tipo marxista-leninista viene messo in crisi ed è costretto a dimettersi. Passa a maggioranza il discorso libertario dell’autogestione della Casa che si costituisce in “Comune”.

Dadà, L’anarchismo in Italia: tra movimento e partito, Teti editore 1994

 

Dadà, op.cit.

Bollettino FAGI 27 agosto 1969

Ibidem

Ibidem

Ibidem

Ibidem

Bollettino FAGI 5 giugno 1969

Ibidem

Bollettino FAGI 27 agosto 1969

Bollettino FAGI, 27 agosto 1969

 

Ritorna all'inizio - Vai al Capitolo 4

CINQUE ANARCHICI DEL SUD
UNA STORIA DEGLI ANNI SETTANTA

Introduzione

Parte 1

Capitolo 1 Dall’estremo Sud lungo le strade d’Europa

Capitolo 2
La scoperta dell’anarchia

Capitolo 3 L’anarchismo italiano alla ricerca di un nuovo equilibrio

Capitolo 4
L’adesione all’anarchia

Capitolo 5
Controcultura e controinformazione

Parte 2

Capitolo 6
1969:gli scontri di piazza e l’entrata in scena delle bombe

Capitolo 7
La strage di piazza Fontana

Capitolo 8
La rivolta di Reggio Calabria

Capitolo 9
Il deragliamento della “Freccia del Sud”

Capitolo 10
Nella notte di Ferentino

Capitolo 11
Luci e ombre di un incidente

Bibliografia