Lo smemorato di googlandia

Ogni smemorato dovrebbe avere la sua Collegno, e oggi nel mondo globale dove il concetto di memoria e di ricordo, sembra essere definitivamente cambiato,  non c’è un posto migliore per coltivare e piazzare il nostro smemorato “collettivo”  o meglio, il nostro “collettivo di smemorati”, di un motore di ricerca totale e totalizzante come il figlio maggiore di Brin e Page detto confidenzialmente Google. Si scherza, lo sapete, ma per introdurre l’argomento memoria dentro alle nostre odierne riflessioni di studio, il paragone con il celeberrimo caso di cronaca e mediatico degli anni ’20 del ‘900 e il famosissimo “cercatore” di Mountain View ci è sembrato calzante. Il senso delle cose, la traccia che esse lasciano nel mondo e su di noi, il modo in cui propalare le nostre esperienze, le nostre conoscenze ai nostri figli e nipoti, dentro i tempi della rete e dei supporti digitali, è stato un argomento di cui ci siamo occupati nell’edizione numero due di digit, quella andata in scena nel 2013 e di cui abbiamo ottenuto parte della documentazione audio-video solo in queste ultime settimane. Approfittando dell’inaspettato regalo, oggi vorremmo appunto condividere con Voi i video di quel particolare panel,  dedicato alla memoria nei tempi del digitale, che abbiamo realizzato il 17 settembre del 2013 presso l’auditorium di Santa Apollonia a Firenze. Un incontro che si  intitolava: “La memoria digitale: libri e giornali; interagire, dimenticare, rettificare, archiviare?”. Nella prolusione di Fabrizio Venerandi, poeta, scrittore, editore, e grande esperto di codici e di programmazione, che ha condotto e moderato il panel, troviamo tutti i temi salienti. Temi ancora fortemente di moda anche oggi. O meglio, temi, fondamentali, a nostro giudizio, ma che invece,  e nonostante i sette anni passati, non vengono ancora affrontati nel modo opportuno nel dibattito pubblico. Molti di questi argomenti, attendono una soluzione, tecnica, legale, politica, o semplicemente pratica. Ma invece, facendo mente locale, l’unico tema in discussione da allora è  il cosiddetto “diritto all’oblio”.    Nessun altro argomento legato alla memoria figura far parte dell’agenda degli “amministratori” pubblici e privati del mondo globale. Ma lasciamo la parola al conduttore della giornata Fabrizio Venerandi e alla prima parte del video del panel in oggetto:

 

 

 

 

Temi come quelli introdotti da Venerandi sono davvero nodali, ora come allora, per completare – o forse iniziare – la nostra formazione digitale. Il nostro processo di acculturazione ai temi del digitale che ci permetta di vivere con coscienza e coerenza questa epoca e non di esserne inermi, spesso inconsapevoli sudditi. Non a caso al nostro incontro assieme ad un poeta/esperto di tecnologia avevamo affiancato esperti di vario tipo e non solo guru della tecnologia. C’erano due avvocati, molto diversi fra loro per competenze e attitudini: Guido Scorza e Daniele Minotti, c’era un esperto di archiviazione e memoria intese come porzioni di un universo digitale e di tecnologie ad essa dedicate come Giampaolo Balboni e c’era un tecnico della memoria, inteso come “qualcuno” che dentro alla transizione digitale aveva messo a punto un progetto per salvare la nostra memoria a lungo e lunghissimo termine: Luca Novarino  autore del progetto Memoro. Portare con noi i nostri ricordi, le nostre esperienze, la nostra storia, in un solo termine il nostro passato; è stato, è,  e sarà sempre, uno dei principali obiettivi dell’Umanità. Ma ogni epoca e le relative tecnologie imperanti in quel periodo specifico, ci obbligano a ripensare volta volta al nostro approccio,  e anche a fare in modo che i vari periodi e le varie narrazioni  di ciascuno di essi –  gli archivi che via via vengono allestiti nel corso del tempo – siano compatibili fra loro e ci consentano di  poterli adeguatamente consultare e poi sfruttare.

 

 

 

 

Estrapoliamo dunque, come al solito,  alcuni passaggi dal panel, in particolare dall’introduzione di Fabrizio Venerandi,  per sottolineare  alcuni degli argomenti principali della discussione:

 

Parliamo di  memoria,  della conservazione di un qualcosa che è digitale in un mondo in trasformazione dove le questioni di conoscenza e alfabetizzazione digitale sono ancora poco chiare.  Ci sono problematiche di vario tipo che vanno dall’aspetto più prettamente legale a quello del software a quello della gestione dei contenuti in rete.  Un argomento estremamente vasto di cui paradossalmente si parla molto poco.  Anche perché l’acquisto e la vendita di beni digitali è molto spesso un acquisto compulsivo e poco ci si interroga sulla longevità e sulle possibilità di manipolazione che si hanno sui contenuti digitali. Questo aspetto  tocca diversi temi, ne lancio alcuni che potrebbero essere indicativi delle diverse problematiche in discussione.

Il primo argomento sicuramente il più vicino all’uomo, è quello legale quindi non informatico.  Nel momento in cui noi acquistiamo un libro digitale,  acquistiamo una canzone digitale,  apparentemente pensiamo di acquistare qualcosa di simile all’equivalente analogico di un libro o di un disco,  e quindi di poter fare le stesse cose con i nostri acquisti digitali, di quelle  che faremmo con un bene analogico.  Prendere un libro  e poi rivenderlo oppure conservarlo,  ad esempio. In realtà anche a livello prettamente legale molto spesso quello che noi acquistiamo non è un bene fisico. L’oggetto non c’è più. Noi qui stiamo acquistando  una licenza d’uso. Non c’è alcuna possibilità di farci qualcosa con quel bene.  Le cose che avremmo fatto con un libro non possiamo farle, ad esempio,  con un e-book.

 

Il secondo punto collegato con questo invece è  l’aspetto del software, ovvero tutto ciò che è legato ai formati alla longevità dei formati con i quali noi acquistiamo dei beni digitali oggi.  Io oggi so che posso andare nella mia libreria prendere un libro stampato nel 1600 e leggerlo.  Posso farlo,  so quindi che il libro ha una certa durata nel tempo.  Ma nello stesso tempo non so un e-book  oggi che durata nel tempo possa avere.  Io stesso da editore,  produco ebook,  e so che utilizzando formati aperti concedo loro  una certa longevità. Faccio in modo che quel testo viva a lungo.  Ma onestamente non so se fra 5,  10,  15, o  20 anni quel testo sarà ancora  leggibile, mentre invece un libro stampato lo sarà ancora, sicuramente.

 

Questo problema si evidenzia ancora di più quando ciò che noi acquistiamo ad esempio è un’applicazione.  Io in casa mia ho un dizionario di latino acquistato ai tempi del liceo, quindi nel secolo scorso, e posso ancora aprirlo e usarlo.  Se adesso acquistassi il castiglioni mariotti  per ipad o un’ app equivalente non avrei la sicurezza di poter usare quegli strumenti fra vent’anni.

Già se cambiassi device e passassi  ad un oggetto che usa il sistema android, ad esempio, quel testo avrebbe grosse difficoltà ad essere ancora utilizzato.

 

Il terzo argomento collegato coi primi due è un problema legale e di software che è il problema dei drm.

I drm sono dei software,  diciamo così,  che gestiscono il diritto d’autore su un testo,  ma contemporaneamente essendo software, sono oggetti che possono invecchiare,  possono diventare obsoleti,  e per questo motivo impedire nel corso del tempo l’accesso stesso al bene regolarmente acquistato dall’utente. Una bella seccatura.

 

Un altro punto anche questo collegato agli altri,  è quello dell’hardware.  Quando  parliamo di virtuale parliamo di cloud,  parliamo di documenti che sono in rete,  ma questi documenti che sono nella rete,  che sono nelle nuvole,  sono anche scritti fisicamente da qualche parte e conservati. Questo posto fisico può essere l’ hard disk del server di una multinazionale o  un qualche nostro dvd di backup.

Da qualche parte nel mondo sono fisicamente conservati  i nostri tweet e i nostri messaggi su facebook. La domanda è: che durata hanno,  che durata ha questo hardware,  che capacità ha questo supporto di mantenere nel tempo i nostri dati?

 

Quando acquistiamo un disco o un film sappiamo per quanti anni potremo guardare quel blu ray?  Le  tempistiche di invecchiamento di questi supporti non vengono diffuse. Questo tipo di informazioni di solito non sono divulgate a chi acquisisce un bene digitale.

 

L’ ultimo punto è quello della gestione di contenuti che cambiano.  Noi possiamo collegarci in rete leggere o vedere un video. Possiamo vedere a distanza e collegare persone che vivono in luoghi differenti, attraverso audio e video avvicinarle e conversare,  ma  domani potremo ricollegarci e non trovare più quel contenuto oppure trovare che il contenuto che avevamo letto e su cui avevamo basato magari una parte del nostro lavoro giornalistico,   non è più lo stesso. Quello che avevamo letto un mese fa è nel frattempo cambiato.  Alcune  all’interno del testo online sono mutate.  E’ facile nel formato digitale,  molto più che in analogico,  creare degli aggiornamenti, creare delle modifiche nel testo senza dichiararle e quindi il contenuti su cui noi facevamo fede possono essere modificati nel tempo a nostra insaputa.

Questo porta a due ulteriori considerazioni; la definizione di diritto all’oblio: nel momento in cui  ci colleghiamo ad internet e iniziamo a creare dati,  la quantità di informazioni prodotte,  molto spesso ridondanti,  che noi generiamo è altissima e di questi dati noi perdiamo possesso man mano che vengono divulgati all’interno della rete.

E la questione del diritto alla permanenza.  Ovvero, se io leggo un documento,  quel documento non dovrebbe cambiare nel tempo senza che io sia avvertito che qualcosa è stato modificato nel testo.

Wikipedia ad esempio ha un log estremamente dettagliato di ogni modifica che viene fatta proprio perché esista una qualche modo un diritto alla permanenza.

 

 


Un argomento davvero, ancora, poco affrontato e conosciuto, e sul quale, non ci stuferemo mai di portarVi a riflettere e ad approfondire. Intanto grazie ai relatori e al moderatore del panel, e grazie a tutti Voi per aver completato la lettura di questo testo. Alla prossima e buona estate ;)