Il futuro delle edicole, le edicole del futuro (sg)

Cosa dice la regola? Cambiando l’ordine dei fattori il prodotto non cambia. Già nel lontano, lontanissimo se dovessimo adottare i tempi della rivoluzione digitale, 2010,  Pier Luca Santoro in epoca “molto meno sospetta” di questa – quando ancora potevano esserci larghi margini di miglioramento e forse la crisi, sebbene già presente, poteva non apparire così terribile – scriveva un lungo documento raccontando lo stato dell’arte delle edicole e suggerendo correttivi per il futuro dei giornalai. Da sempre anello debole della filiera dell’industria dell’informazione. Tre anni dopo lo stesso esperto di marketing, all’argomento, dedicava un e-book che si intitolava “L’edicola del futuro, il futuro delle edicole”. Un ricco pamphlet in cui veniva approfondito l’argomento, e offerte, ancora una volta, numerose strade alternative per provare a scongiurare la crisi in atto nel settore della produzione editoriale, e la conseguente moria dei punti vendita di giornali sul territorio nazionale. Sono passati nel frattempo altri sei anni. Non molto, purtroppo, è stato fatto, come ben sappiamo,  per le edicole e/o per la crisi industriale del comparto dell’informazione, in Italia,  ma anche nel resto del mondo. Si ritorna a parlare di edicole e di crisi delle stesse dentro agli Stati generali dell’informazione voluti dal Governo proprio per mettere mano alla crisi del comparto. Ecco dunque di seguito il resoconto di questo nuovo dibattito all’interno della seconda fase degli Stati generali.

L’incontro pubblico intitolato, appunto: “Il futuro delle edicole, le edicole del futuro” si è svolto presso la Sala Polifunzionale della Presidenza del Consiglio dei Ministri, in Via Santa Maria in Via, n°37  il  30 maggio scorso, a partire dalle ore 9:00.

All’incontro erano presenti il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri,con delega all’informazione e all’editoria, Vito Claudio Crimi,  che ha introdotto il convegno; Ferruccio Sepe, Capo Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria, e  Pier Luca Santoro, Consulente di Marketing, Comunicazione & Sales Intelligence, Project Manager di Datamediahub, che hanno moderato e aggiunto contenuti e spunti di riflessione al dibattito.

 

 

Primi di andare avanti nel racconto della giornata, riportando alcune delle dichiarazioni dei relatori e del pubblico, a nostro avviso particolarmente significative; introduciamo l’argomento, prendendo a prestito la definizione di edicola dell’enciclopedia Treccani:

 

 

 

edìcola s. f. [dal lat. aedicŭla «tempietto», dim. di aedes «tempio»]. – 1. a. Tempietto o cappellina con dentro, nel mezzo, una statua. b. Piccolo organismo architettonico, costituito per lo più da due colonne con sovrapposto un frontone, spesso annesso a un edificio maggiore, per servire da ornamento e protezione a immagini sacre, raffigurazioni celebrative, epigrafi, o a nicchie e finestre (nicchie, finestre a edicola). 2. Costruzione in ferro, in legno o in muratura, collocata sul suolo di una strada o piazza pubblica, nell’atrio di una stazione o altrove, e destinata alla vendita di giornali, periodici e altre pubblicazioni.

 

 

Partiamo dunque dall’introduzione del senatore Crimi e le successive relazioni del consigliere Ferruccio Sepe e dell’esperto e consulente del dipartimento per l’editoria, Pier Luca Santoro:

 

 

Vito Crimi: Una delle prime cose che abbiamo realizzato proprio per questo settore è stato l’intervento con il credito d’imposta, un piccolo respiro. Siamo riusciti a recuperare delle risorse che erano state stanziate tanti anni fa per un processo di digitalizzazione che non era mai partito. Abbiamo deciso di recuperarli e renderli disponibili. Ci sono 30 milioni di euro stanziati per sostenere un po’ le spese vive dei giornalai, quelle che oggi forse pesano di più, quei costi che non sono recuperabili in alcun modo, sono dei costi fissi che ognuno ha a prescindere.

Sappiamo che  ci sono scuole di pensiero diverse: c’è chi l’edicola la vuole ancora come era una volta, l’edicola che vende i giornali, che è il luogo dell’informazione. C’è chi oggi pensa che l’edicola possa diventare altro. Un punto di servizio, un punto di contatto, un presidio sul territorio, di vendita di altro, come sapete. Due scuole di pensiero che non sempre coincidono. Spesso in qualche caso collidono. Vediamo di trovare il punto di mediazione, o quale sia la soluzione migliore per uscire da questo momento di crisi.

 

 

Ferruccio Sepe: Il problema che abbiamo davanti è forse uno dei più delicati in assoluto se questo prodotto editoriale non viene poi distribuito in maniera anche capillare sul territorio.  Le indagini ci confermano che il 75%  delle copie vendute ancora si vende in edicola,  e noi sappiamo che la gran parte del business è ancora sulla carta, questo ce lo raccontano gli editori. La redditività arriva ancora dalla carta. 

 

Se io metto insieme queste due informazioni: la redditività arriva ancora dalla carta, il 75% dei giornali si vende in edicola;  vuol dire che per le edicole scorgiamo un ruolo non solo come punto di distribuzione ma come presidio sul territorio.  In alcune delle proposte ricevute,  viene in qualche modo messo in discussione il modello di liberalizzazione che vige attualmente, per riproporre un principio di regolazione che ridistribuisca nelle aree territoriali la presenza di questo essenziale presidio.  Mi verrebbe da dire che le edicole non sono solo un presidio sul territorio ma assicurano anche una distribuzione democratica dell’informazione.

 

Anche perché non possiamo dare per scontato che esista un solo modo di distribuire l’informazione,  e che debba essere per forza quello che attualmente più in voga cioè quello della distribuzione via web. I due modelli sono compatibili.  E’ certamente possibile, come già accaduto  per la musica. Perché mai non potrebbe accadere che questi modelli di diffusione,  e modi diversi di distribuire le informazioni,  possano convivere? Sarà tutto un po’ diverso rispetto a quando il punto vendita era l’unico elemento di distribuzione,  ma questo non impedirà che possa avvenire,  una volta che si sia riconfigurato anche il rapporto con la distribuzione.

 

Forse bisogna, ma lo sentiremo anche da voi, dare alle edicole che sono presenti sul territorio anche delle funzioni diverse e complementari alla funzione principale. Portare i cittadini più giovani, che non hanno questa attitudine, questa abitudine, ad avvicinarsi all’edicola,  magari con una motivazione diversa da quella che ha portato me che ormai sono anziano a comprare il giornale in edicola da sempre.

 

Mi sentirei di darvi,  come tecnico,  l’assicurazione che il primo settembre potrete presentare le domande per accedere al credito d’imposta.  Per la quota parte consentita fino a 2.000 euro.  Questo beneficio ha una sua dotazione finanziaria sui due anni.  Quindi i 30 milioni sono distribuiti su due anni e costituiscono due singoli tetti di spesa:  13 milioni per il primo anno,  e 17 milioni per l’anno successivo.

 

 

 

Pier Luca Santoro:  Negli ultimi dieci anni nel giorno medio sono state perse il 53% delle copie vendute.  Il numero dei lettori negli ultimi quattro anni è calato del 18%.

Come fanno queste persone a leggere il giornale? Come mai c’è questa differenza tra le vendite di quotidiani,  e i quotidiani letti?  Beh perché,  con buona pace di quelli che si strappano i capelli e dicono che è la gratuita di internet che ha rovinato l’ editoria,  si viene a scoprire da audipress che il 61.7% delle persone,  non ha comprato la copia del giornale, e l’ha avuta da altri, l’ha trovata, gli è stata prestata (nel 2014 erano circa il 50%). Un fenomeno in continua crescita. Sempre più le persone non pagano quello che leggono.

 

L’incidenza delle copie rese cresce in maniera esponenziale passando dal 25 al 35%  sulla tiratura,  quindi sulle copie stampate,  e arrivando addirittura al 55%  sulle vendite, quindi più di una copia su due viene resa.

 

Il numero delle edicole, in tutto questo, cala dalle 40 mila di una decina di anni fa a, secondo  i dati che siamo riusciti ad ottenere da infocamere, e movimprese,  circa 28mila edicole compresi gli stagionali.

Se escludiamo la Lombardia e il Lazio, se non ricordo male, ormai la maggior parte dei punti vendita non sono più puri, sono punti vendita misti, cioè non hanno come esclusiva attività la vendita di pubblicazioni editoriali.  Ormai le edicole con la sola vendita della carta stampata non riescono a sopravvivere e ormai i negozi che vendono anche dell’altro sono prevalenti rispetto a quelli puri e  che fanno sempre più fatica a sopravvivere. Tutto questo avviene nella maniera più inefficiente possibile.  Nelle edicole i giornalai fanno tutto ancora a mano.  Nel 2019 questo ovviamente crea delle inefficienze spaventose.  In Spagna, ad esempio,  le edicole sono informatizzate: lettori, barcode, e lo scarico delle vendite,  arriva come informazione a tutta la filiera a cominciare dagli editori.

 

Mediamente, ancora oggi, per gli editori di quotidiani l’85% dei ricavi proviene dal cartaceo.

 

I temi all’ordine del giorno:

1 Proprietà del dato (I dati di vendita di chi sono? Sono degli edicolanti, sono dei distributori, sono degli editori?).

 

2 Qual è oggi e come deve essere il flusso di questi dati.

 

3 Informatizzazione delle edicole.

 

4 L’introduzione di una sorta di tassa (tipo l’abbonamento per i pubblici esercizi praticato da Sky), (c’è coincidenza di interessi fra Fieg ed edicole), (se si farà andrà tutto agli editori o ci deve essere una ripartizione nella filiera?)

 

5 Diversificazione delle attività oltre alla vendita di giornali (servizi per la pubblica amministrazione e per il cittadino).

 

6 Riflessione di medio- lungo periodo sul futuro delle edicole.

 

 

Interventi dal pubblico 

 

 

Veronica, giovane giornalaia sarda: Ho 33 anni e vengo da un piccolo paesino della Sardegna: Posada. Il mio paese è rimasto senza edicola più o meno da dicembre scorso,  perché la signora che c’era prima è andata in pensione e i figli hanno scelto un altro genere di lavoro. La giornalaia ha restituito l’edicola al Comune che ha fatto un bando che io mi sono aggiudicata.  In questi mesi Posada ha sentito fortemente la mancanza dell’edicola. In un paesino piccolo come il mio la mattina tutti hanno l’abitudine di prendere il pane, e poi passare in edicola a prendere il giornale. E’ un paese,  dove i giornali continuano ad essere venduti, perché la gente preferisce ancora leggere  i giornali di carta.  Io sono laureata,  ma in Sardegna non avrei trovato lavoro. Volevo rimanere nella mia regione e quindi il lavoro me lo sono inventato. Ho iniziato durante la stagione estiva.  Aprivo un piccolo banco vicino alla spiaggia,  per vendere le mie creazioni in ceramica e vetro. Poi ho partecipato al bando e ho cominciato a vendere le mie creazioni in edicola.  Quello che secondo me manca all’edicola e che dovrebbe diventare un punto di ascolto per le persone. Nella mia edicola tutti vengono e oltre a comprare il giornale si chiacchiera, ci si raccontano le cose,  si ride:  il mio negozio è stato soprannominato “l’edicola del sorriso”. Sono contentissima di questo lavoro e spero di essere un esempio per i giovani.  Le edicole non sono solo un negozio, ma anche un punto di incontro.

 

 

Dario De Vito Franceschi Snag: Le edicole svolgono una funzione di interesse pubblico. Servono un motivo imperativo di interesse generale.  La nostra proposta è:  riconosciamo espressamente che il nostro settore è un settore connesso a motivi imperativi di interesse generale e andiamo a individuare quali restrizioni operare.  Le restrizioni potrebbero riguardare un sistema di pianificazione basato su criteri qualitativi che potrebbero portare ad un miglioramento della rete evitando la cannibalizzazione tra punti vendita. Proponiamo tre punti derivanti dalla legislazione francese:

1 L’elemento fondamentale per rendere attraente e attrattivo l’esercizio di attività di vendita di quotidiani e periodici sono i compensi che  devono essere correlati alla quantità di titoli offerti in vendita e gli esercizi che veicolano più titoli devono avere un compenso maggiore (Francia 23% Italia 18,7 lordo da 15 anni)-

2 Una sperimentazione fatta nel 2017 su alcuni punti vendita tradizionali. E’ stata aumentata nella maggiore misura possibile la varietà dei prodotti in vendita.  I risultati sono stati: +5% di clienti, quindi di contatti, + 10% di fatturato, e una flessione nella vendita di quotidiani e periodici di gran lunga inferiore alla media nazionale.

3 Altra sperimentazione fatta in Francia: ridurre il numero di titoli in edicola. ll fatturato dell’edicola cresce, riducendo i titoli, del 48%.  e passa da -8% a +1,9%.  Il che vuol dire che è importante consentire all’edicolante di fare impresa,  di decidere lui,  entro certi limiti,  cosa vendere. 

L’edicola del futuro è un’edicola tutelata per i profili di interesse pubblico connessi,  magari recuperando un sistema di pianificazione o di qualità più libera nei confronti della distribuzione locale, e  più libera di fare impresa.

 

 

Renato Russo Snag Confcommercio: Chiediamo che il Governo intervenga in modo deciso affinché ci possa essere un’informatizzazione vera e unica su base nazionale che sia in grado di adeguare le forniture,  diminuire le rese,  e sviluppare servizi a valore aggiunto permettendo anche all’edicolante di fare marketing. L’informatizzazione, come prevista già dall’articolo 4 della legge del 18 maggio 2012 numero 63,  deve essere condivisa da tutte le componenti della filiera,  e non deve essere vista come un costo aggiuntivo per le edicole. Abbiamo la necessità di creare una rete tra le edicole. Dobbiamo creare un percorso virtuoso con i Comuni per rendere le edicole un esercizio polifunzionale al servizio del cittadino che fornisca certificati e servizi a pagamento.

Plaudo alla giovane edicolante sarda che ha aperto un’attività in un comune con meno di 2000 abitanti, ma mi chiedo a quale prezzo? Oggi le edicole e gli edicolanti garantiscono il pluralismo dell’informazione in alcuni comuni,  e lo fanno pagando dei costi che non dovrebbero sostenere.  Cito il caso delle edicole della provincia di Messina sui monti Nebrodi. I giornalai scendono tutti i giorni sulla statale a prendersi la merce,  perché il distributore non lo fa, lo  ritiene anti-economico.

 

 

 

Enzo Bardi Uiltucs giornalai:

La parità di trattamento.  La legge dell’81 che ci dava l’esclusiva aveva uno scopo e aveva un motivo. Il motivo era che l’informazione in Italia veniva data prevalentemente dalla televisione e dalla carta stampata.  Oggi siamo di fronte ad una realtà completamente diversa e malgrado ci sia stato un alleggerimento anche finanziario siamo sempre ancora costretti a dare parità di trattamento a fronte però di una liberalizzazione selvaggia praticamente insostenibile.

Di chi è il dato? Il primo dato vero delle vendite è del giornalaio.  Perché lui vende, sa quanto ha ricevuto, sa quanto farà di resa,  perché alla fine c’è la resa,  e nel momento in cui vende sa di aver venduto una copia:  quindi quel dato è suo.

 

 

 

Andrea Innocenzi Snag:

Le nostre idee per salvare i 10 mila punti vendita a rischio chiusura e 20 mila posti di lavoro.

1 Servono forme di sostegno pubblico. Le edicole sono l’unica vera garanzia di pluralismo informativo a mezzo stampa. Gli edicolanti non hanno mai preso un soldo pubblico, il credito d’imposta è un primo importante passo che deve diventare strutturale.

2 Serve un contributo a fondo perduto per le edicole in difficoltà, incentivi per chi acquista giornali in edicola (bonus lettura o credito d’imposta).

3 E’ fondamentale contrastare la posizione dominante della distribuzione locale e garantire il rispetto della legge.

4 Serve ampliare il numero di beni e servizi che si possano vendere in edicola. La legge già lo prevede.

5 Servono condizioni economiche migliorative.  La rete delle edicole non può sopravvivere con il 18 e 70% lordo sul prezzo di copertina,  che al netto vale circa il 10%

 

 

 

Giuseppe Marchica Sinagi Cgil:

Mi sento di poter dire che da tempo, in questo Paese,  si sta portando avanti un progetto volontario teso a cancellare il sistema attuale di vendita di giornali e riviste, per sostituirlo con un altro che noi non conosciamo.

 

Nel 2005 c’erano 43 mila edicole,  nei 15 anni successivi hanno aperto circa 5000 nuovi punti vendita all’interno di supermercati, tabaccherie di bar. Nel 2018, l’anno scorso, i punti vendita esistenti erano circa 27 mila,  nel maggio del 2019 siamo al di sotto delle 26 mila edicole. Significa che nei 15 anni che vanno dal 2004 al 2019 hanno chiuso 22 mila punti vendita, più di metà delle edicole che c’erano 10 anni fa.

 

Sono cinque pagine le  proposte del Sinagi sul futuro dell’editoria,  cito solo 4 punti:

1 Eliminare dalla legge 170 la parola liberalizzazione perché ha creato un vero disastro per tutto il sistema di vendita;

2 Mantenere il credito d’imposta per gli anni successivi al 2020,

3 Mantenere il livello di finanziamento diretto e indiretto verso il sistema editoria – quindi non portando il denaro del finanziamento all’editoria nel suo complesso  su altri capitoli di spesa –  ma mantenendolo sul sistema editoria.  Spostando però un terzo di quella quantità di denaro verso la rete di vendita che è l’unico modo per farla sopravvivere alla situazione attuale;

4 Avviare un tavolo di compensazione da parte del dipartimento editoria e del governo che favorisca il rinnovo dell’accordo nazionale tra gli editori e gli edicolanti per stabilire quello che possiamo definire un equo compenso anche per la vendita di giornali e riviste.

 

 

 

Ferdinando Ciccarelli presidente di Anadis (associazione distributori):

Per noi il problema è ottenere, come abbiamo scritto nella nostra proposta scritta, il riconoscimento di una rete di vendita professionale.  Noi proponiamo il riconoscimento di una rete di vendita professionale,  che non saranno 26 mila, ne 20 mila, forse ancora di meno, però che queste edicole  siano riconosciute, autorizzate. Siamo favorevoli anche a tornare all’autorizzazione comunale, al piano di localizzazione, vorremmo ottenere un giornalaio vero con tutti i servizi che il Governo vorrà dare.

Un giornalaio vero, che viva di vendita di giornali, che abbia una rivendita di giornali completamente informatizzata,  e che usi l’informatizzazione. Una rete di vendita professionale che dovrà guadagnare anche di più. Dovrà guadagnare di più ma sarà composta da non più di 12 mila punti vendita in Italia.

 

 

 

Fabrizio Carotti direttore generale Fieg:

Il settore dell’editoria in dieci anni ha perso 4 miliardi di euro. Eravamo a 7 miliardi circa, siamo oggi scesi a 4 miliardi del liquidato edicola, le vendite delle edicole si sono più che dimezzate, oltre 2 miliardi di euro in 10 anni. Nella discussione complessiva degli Stati generali si parlerà anche del ruolo della pubblicità, dei centri media e delle, diciamo, asimmetrie di sistema, che stanno contribuendo ad aggravare la situazione di un settore, che ci vede tutti interessati. Lo dico solo come dato, la pubblicità è scesa sotto il miliardo di euro e sta continuamente scendendo.

 

Tutti i numeri, purtroppo, di tutte le giornate di lavoro che si svolgeranno qua, ci  diranno la stessa cosa.  Perché i poligrafici hanno subito la stessa sorte e forse anche peggio, perché i giornalisti hanno avuto come dire sorte analoga, perché i punti vendita si trovano nella stessa condizione, perché i distributori avranno la stessa sorte e anche gli editori. Allora qual è la logica comune?  Non abbiamo alternativa, e per superare la crisi dobbiamo metterci tutti intorno allo stesso tavolo. Abbiamo tutti la stessa necessità e la stessa voglia di mantenere in vita un settore.  Per la sua importanza per noi come attori diretti, ma soprattutto per il paese e la democrazia.

 

Il miglioramento del manufatto dell’edicola è stato citato dal sottosegretario e vi invito a considerarlo con attenzione perché il riferimento al bello non è in questo caso una categoria astratta o filosofica, è vero che non ti viene facile entrare in un esercizio commerciale quando questo non ti sa attirare ma ti respinge.

Ovviamente con la situazione di crisi attuale dei punti vendita non può essere ragionevole pensare che gli investimenti per ammodernare un’edicola possano essere fatti dai  soli  gestori dei punti vendita senza che ci sia un concorso di tutti gli attori del sistema.

 

 

Umberto Frascerra Founder & Ceo Blue Lime, Board Member Mepe S.p.a.: Non è mai stato fatto un incontro sulla distribuzione, sulla rete di vendita dell’editoria, dove ognuno viaggia per i fatti suoi.  Qui tutti quanti stanno dicendo che questa è un’area da proteggere, qui siamo gli animali in estinzione,  se questi animali muoiono, muore la libertà. Noi viviamo in un sistema dove siamo pagati sulle vendite, qualcuno se ne dimentica ogni tanto. Vuol dire che dobbiamo essere il massimo dell’efficienza, per poter avere quel minimo, che ci permette di poter campare. Noi siamo pagati in percentuale sul prezzo di copertina. Un prezzo di copertina che per mille ragioni, anche giustificate, può andare su e può andare giù, può fare quello che gli pare.  Ma noi siamo tutti gli altri, dalle edicole in poi: elementi di servizio. Per cui a questo punto bisogna proprio, ma davvero, mettere le mani all’interno di un sistema che non ha più logica. Qui siamo in un mercato che sta crollando, i prezzi stanno crollando,  come si pretende che l’efficienza poi rimanga? Il vero discorso è il tempo, se qui si spacca questo sistema, si spacca. E se si spacca non c’è il tempo, e non c’è la modalità per poterlo sostituire. Non ci sono i servizi sostitutivi. Anche internet campa con i soldi dell’editore, perché è lì che  prende le informazioni.

 

 

Conclusioni

 

 

Pier Luca Santoro:  Bisogna recuperare risorse.  Secondo me ragionare sull’area dell’informatizzazione delle edicole,  su una logica di ottimizzazione delle rese,  può portare grandi risorse. La Francia, i giornali francesi, hanno un’incidenza dei resi che è la metà rispetto all’incidenza che c’è in Italia. Se recuperassimo la metà, quindi se riuscissimo a migliorare il gap,  la distanza fra noi e loro della metà delle copie rese, io stimo si possano recuperare dai 10 ai 15 punti percentuali di contribuzione.

Un altro aspetto: la relazione commerciale. Certamente in tutti i mercati  vengono fatte delle promozioni commerciali. Se un’azienda alimentare decide di fare un 3×2 su un prodotto dà un 33% di sconto extra alla catena di vendita, che altrimenti con la promozione perderebbe il suo margine. Anche su questo è opportuno ragionare.

Qualità del punto vendita. C’è un problema di affollamento del canale dove il numero delle referenze è assolutamente inadeguato agli spazi di vendita (esempio i cartonati dei collezionabili di dimensioni spropositate). Questo crea un danno a tutti perché, evidentemente, se il prodotto non viene esposto, le possibilità che venga venduto calano parecchio.

Infine l’aspetto della formazione. Ci sono giovani edicolanti che probabilmente, anzi sicuramente, possono insegnare tanto a chiunque. Ma ci sono sicuramente una serie di edicolanti,  che invece hanno un forte bisogno di rivalorizzarsi.  Perché il lavoro da fare le non è più quello di una volta, non è più quello di stare dietro il banco di un negozio,  di un’edicola, ad aspettare che arrivi un cliente. Bisogna lavorare in termini di formazione: sulla comunicazione interpersonale;  in termini di informazione:  su cosa vuol dire fare cross selling e up selling, e anche questo credo sia nell’interesse di tutti.

 

 

 

Ferruccio Sepe:

La democrazia è fatta di una libera stampa.  Della possibilità di ottenere giustizia se qualcuno non mi paga. Di avere il servizio che mi difende da chi mi vuole rubare il bene che ho,  che vuole entrare a casa mia,  cioè la giustizia. La democrazia è fatta di tutti questi elementi e oggi anche di questo altro elemento:  del ruolo centrale dello Stato. Uno Stato che svolga il suo compito con celerità e con attenzione e anche con ascolto – perché lo Stato non sa tutto – lo Stato ha bisogno di questi incontri, non è onnisciente. Però è necessario che poi siate Voi a fornire a noi – in questo modo, come stiamo facendo oggi, e  lo faremo anche nei prossimi giorni  – tutti gli elementi che ci consentano in qualche modo, di riconfigurare il nostro modo di leggere la realtà.   Credo che si debba stabilire qual è il carattere strategico di questa filiera. E’ una filiera strategica per il sistema democratico? Si.  Se sì lo Stato non si deve vergognare di poter intervenire, laddove possibile, con le regole, senza impicciarsi dei fatti economici; laddove non sia possibile,  dovendo spendere risorse per far sì che avvenga in maniera ordinata e diciamo opportuna: la trasformazione, il passaggio, il passaggio, anche, di paradigma  in alcuni casi. Il ruolo dello Stato “pagatore”,  in ultima istanza per consentire la sopravvivenza in forza di una trasformazione;  oppure come “soggetto regolatore”;  è un ruolo centrale anche perché lo Stato, siamo tutti noi.

 

 

 

Prima di lasciarVi alla visione integrale del convegno dedicato alle edicole, vorremmo,  se permettete, spendere anche noi due parole “riassuntive” sulla questione, provando ad introdurre anche alcuni temi,  che non ci sembra siano stati toccati. Come hanno detto molti degli intervenuti:  senza una visione di sistema, globale, complessiva; difficilmente si potrà intervenire sulla gravissima crisi che ha colpito il settore dell’editoria d’informazione. Ma certo nemmeno ignorando il passaggio epocale,  che nel frattempo è avvenuto,  e che ha cambiato in modo radicale la nostra percezione, ma anche il nostro modo di relazionarci e agire nel mondo. La rivoluzione digitale –  perdonateci se lo ripetiamo per l’ennesima volta – ci ha, a nostro avviso in meglio, cambiati molto profondamente, e il fatto che in questo incontro non se ne sia parlato praticamente mai, non ci lascia molto tranquilli. Alcuni vaghi accenni a internet, qualcosa sul sistema di distribuzione dei giornali online, sul fatto che i proventi dell’editoria ancora si basino quasi completamente sui prodotti analogici,  e poco, davvero pochissimo altro.

 

In quasi tre ore di convegno,  di digitale non si è parlato praticamente mai. Nessun accenno, ad esempio,  alla possibilità di smaterializzare i prodotti cartacei, per farli poi ricomparire on demand direttamente in edicola – annullando d’incanto tutti i passaggi:  tipografici, di carico e scarico, di consegna e resa, etc.etc. di giornali e riviste  – trasformando alcuni punti vendita in veri e propri centri stampa. E’ vero, che esperimenti in tal senso sono stati compiuti all’estero, e non hanno avuto molto successo. Ma pensare all’informatizzazione e quindi pensare “digitale”, senza realizzare per davvero la “digitalizzazione” del comparto, ci sembra riduttivo  e non davvero risolutivo, trent’anni dopo l’inizio della rivoluzione.

 

Il problema delle edicole, come qualcuno degli intervenuti ha anche detto, è solo uno dei tanti. Indubbiamente ci sono molti posti di lavoro in gioco,  che vanno difesi e tutelati in ogni modo possibile, ma è necessario – come per tutto il comparto dell’informazione –  cambiare approccio, cercare di vedere la questione nel suo complesso,  cercando soluzioni diversificate e in linea con il tempo in cui stiamo vivendo. Adattare il passato ad un presente completamente  diverso e alieno, facendo finta che nulla sia successo e che il passato glorioso stia per tornare più lucente e ricco di sempre; può essere una soluzione peggiore della crisi stessa.  Provocatoriamente, non ce ne vogliano i giornalai, le rivendite potrebbero essere completamente automatizzate, e poi trasformate in centri stampa gestiti in remoto da robot e algoritmi. Si chiama sostituzione tecnologica del lavoro. E sta avvenendo a poco a poco in molti settori.

 

La differenza, la fa e la farà, come sempre, il livello di comprensione della realtà, di ciò che sta davvero accadendo,  che riusciremo a raggiungere e nel più breve tempo possibile.  L’applicazione massiccia della tecnologia non è certamente l’unica strada possibile da percorrere, anche nel caso delle edicole.  Un’altra soluzione – non alternativa ma complementare a quella tecnologica, vista anche la morfologia di un Paese come il nostro – può essere la riqualificazione degli operatori, dei gestori delle edicole; anche questa possibilità è stata più volte accennata in alcuni interventi del convegno. Un passo necessario per avviare la conversione dei negozi di giornali in veri e propri hub culturali. Non solo edicole,  ma  punti di riferimento per le persone, per i cittadini, per tutti noi, in aree del Paese in cui per mille motivi la presenza Pubblica è meno evidente, meno efficiente, meno concreta; luoghi per lo spirito e l’anima, non solo per fare acquisti, dove si possa passare il tempo e incontrare altre persone. Luoghi diversi dai “bazar” in cui – per sopravvivere – la maggior parte degli edicolanti sono stati costretti a trasformare i propri negozi. Grazie per l’attenzione e buona visione.