Nawaat, un laboratorio di giornalismo libero nel mondo arabo

Nawaat0 I tunisini scoprono la libertà di stampa ma il mestiere di giornalista è tutto da reinventare dopo mezzo secolo di regime autoritario nel paese.

 

Il sito d’ informazione Nawaat è diventato così un grosso punto di riferimento in materia di giornalismo investigativo, e va ben al di là della Tunisia.

 

Giornalisti, cittadini-collaboratori e blogger, impegnati in un grosso lavoro di stimolo nei confronti della democrazia in costruzione, vi moltiplicano rivelazioni e analisi. Cercando di allargare l’ audience verso i quartieri popolari e gli strati dii cittadini non connessi al web

 

Nawaat, le site qui réinvente le journalisme dans le monde arabe

di Agnès Rousseaux 

(Bastamag.net)

 

Nawaat1« La mancanza di lavoro giornalistico serio ci ha spinto a fare informazione. Meno opinioni e più fatti », spiega Malek Khadhraoui, redattore capo della testata indipendente Nawaat (nella foto).

 

Piattaforma di attivisti, trasformato in blog collettivo nel 2006, il sito è diventato un punto di riferimento in Tunisia. Aggirando la censura, rilancia le informazioni all’ inizio della rivolta nel 2008. Poi pubblica i file di WikiLeaks.

 

« Le persone hanno scoperto Nawaat durante la Rivoluzione. I nostri video sono stati ripresi dai media stranieri, come Al Jazeera. Il giorno in cui Ben Ali ha fatto cadere la sensura su internet, il 13 gennaio 2011, il sito ha registrato più di un milione di visite ! »

 

Nawaat tenta quindi di imporre un nuovo genere in Tunisia : il giornalismo d’ inchiesta. « Questa pratica suscita numerose questioni nel paese : c’ è lo zampino dello spionaggio ? Come ottengono le informazioni ? », racconta Malek. Il sito ha assicurato una copertura complet adurante il processo per i martiri della Rivoluzione, con molte inchieste « per sensibilizzare la popolazione alle mascherate del tribunale militare ». Con i suoi 50-100.000 visitatori al giorno, il successo del sito non accenna a calare in un paese in cui pochissimi media usano una analoga libertà di toni.

 

Nawaat si concentra sull’ attualità, che non viene seguita dai media tradizionali. « Evitiamo le allusioni e il sensazionalismo» spiega Malek. « E filmiamo quasi tutti gli incontri della società civile, per conservare questa memoria. »

 

Strumenti per la transizione democratica

 

Di fronte al Tribunale di Tunisi, nei pressi della Kasbah, una porticina con una telecamera. La sede di Nawaat (il ‘’Nocciolo’’) mostra la progressiva istituzionalizzazione del blog dopo la Rivoluzione. I fondatori del sito – finanzieri o avvocati – sono rientrati dall’ esilio. E’ stata creata una associazione e sono stati assunti dei giornalisti. Un comitato di redazione coordina il sito, che pubblica dai 5 ai 10 articoli al giorno, scritti dai giornalisti, delle cronache fisse (economisti, giuristi, ricercatori) e 350 contributi da parte di cittadini-collaboratori.

 

Si stanno intanto sviluppando nuovi progetti, come dei corsi di formazione e avviamento alle tecniche di scrittura, per favorire l’ emersione di media locali in tutto il paese. La struttura tenta di impiantare delle redazioni nelle Case dei giovani e ha sviluppato una piattaforma di media locali,  Jaridaty.net (‘’il mio giornale’’).

 

Nawaat produce anche dei documentari e lavora su strumenti necessari alla transizione democratica, come un hackerspace, luogo di incontro di sviluppatori web. Da un anno 11 persone lavorano per Nawaat, grazie al sostegno della Fondazione Usa Open Society. Il sito si dà ora due anni per trovare un modello economico che gli permetta di autofinanziarsi.

 

 

Minacce e processi contro il sito

 

« Ma la nostra attività principale resta il lavoro di lobby », sottolinea Malek. L’ associazione ha lanciato una campagna di affissioni urbane in tutta la Tunisia sulla libertà di espressione. Perché se questa libertà ‘’c’ è’’,  la censura è diventata giudiziaria (vedi qui). Gli autori di una canzone intitolata « I poliziotti sono dei cani » sono stati condannati a due anni di reclusione, così come altri due rapper citati fra i ringraziamenti del videoclip. Quanto a Nawaat, il sito ha vari processi in corso.  « Ci viene chiesto di svelare le fonti e noi rifiutiamo. Ma la giustizia per il momento non è troppo aggressiva. E le denunce stanno là, per il momento non corriamo rischi economici », precisa Malek. Ma comunque le minacce sono costanti. E alcuni giornalisti a volte devono muoversi sotto protezione della polizia.

 

Nella sua battaglia oper la democrazia, Nawaat ha anche denunciato l’ ufficio dell’ Assemblea nazionale costituente (ANC) per la mancanza di trasparenza nell’ elaborazione della Costituzione (vedi qui). « Gli eletti spesso sono assenti dal dibattito e trionfa l’ opacità.  Mentre l’ ANC ha ottenuto 8 milioni di euro dal PNUD (Programme des Nations unies pour le développement) per rafforzare la trasparenza e la partecipazione dei cittadini. Abbiamo anche proposto di mettere gratuitamente a disposizione dei supporti tecnici per favorire la trasparenza ». Ma non se ne è fatto niente.

 

 

Battaglia politica e mediatica

 

« Siamo delusi dal tenore dei dibattiti all’ Assemblea Costituente : charia o non charia, normalizzazione delle relazioni con Israele… Non sono queste le prime preoccuopazioni dei tunisini – si accalora Malek -. La società civile ci spinge verso un ideale, ma, dall’ altra parte, abbiamo una classe politica completamente arcaica, che non riesce a capire bene la struttura stessa della società. Ci si focalizza sull’ islamismo ma anche la destra tradizionale e la sinistra sono in calo. I giovani sono presenti nei partiti ma ci vorrà del tempo perché arrivino a posti di responsabilità».

 

Per raggiungere un pubblico più ampio del suo lettorato attuale, piuttosto giovane, Nawaat si appresta a lanciare nelle prossime settimane un settimanale su carta e un magazine di inchieste e reportage. « Non raggiungiamo ancora le persone con più di 40 anni né le periferie di Tunisi. Sono loro, gli elettori di Ennahda » , sottolinea Malek.

 

Nel confronto fra i media è cominciata la corsa contro il tempo. « Abbiamo contribuito a creare altri media indipendenti, abbiamo formato delle persone, innescato una dinamica. Ma il partito islamico ha creato anch’ esso la propria rete mediatica, con i fondi dei paesi del Golfo »

 

La battaglia politica ora si gioca sui media. E Nawaat intende partecipare a pieno titolo.

 

@AgnesRousseaux su twitter