Data Journalism: panacea per il giornalismo in crisi o nulla di nuovo sotto al sole?

Data

Conrad Quilty Harper, data journalist presso il quotidiano inglese Telegraph, durante una lezione alla Kingstone University ha evidenziato come il data journalism non sia una idea moderna, indicando Florence Nightingale, infermiera durante la guerra di Crimea, come la prima data-giornalista di sempre.

 

Nighthingale, infatti, osservò che i morti per malaria e colera superavano quelli dovuti alle ferite riportate durante il conflitto, e raccolse i dati in una apposita tabella, con tanto di grafico a torta.

 

 

di Andrea Fama

 

Sempre durante una lezione alla Kingstone University, anche la reporter di Media Wales, Claire Miller, ha liquidato la questione parlando semplicisticamente di “giornalismo fatto mettendo insieme i dati”. Nello stesso articolo si legge che il DJ fa capolino nelle redazioni quando il giornalismo è sull’orlo del baratro, salvando la giornata perché “lì fuori c’è sempre qualcosa per fare una storia con l’uso dei dati”.

 

torta

 
Insomma, la Kingstone University sembrerebbe un po’ la Waterloo del DJ. Di fatto, è vero, il giornalismo dei dati non è una nuova forma di giornalismo, quanto piuttosto una formula innovativa. Lo abbiamo più volte ribadito anche qui, non da ultimo nel nostro e-book su Open Data e Data Journalism:

“Come accennato, il giornalismo dei dati non è un alieno improvvisamente atterrato sul pianeta dell’informazione terracquea, anzi, gli elementi che lo caratterizzano sono in buona parte rintracciabili in numerosi, consolidati aspetti della professione giornalistica”.

 

Sebbene – ed è doveroso ricordarlo –differenze di scala estreme (enormi data set su cui lavorare, partecipazione e interazione massiva, modularità dei progetti, ecc.) si tramutino inevitabilmente in differenze di genere.

 

Ma attenzione a parlare di panacea. Anche di questo avevamo già accennato, in un botta e risposta con Corrado Giustiniani: “Il DJ non si sostituisce al giornalismo tradizionale, né alle sue inchieste o ai suoi strumenti, ma vi si integra, offrendo semplicemente un’opportunità in più, un altro strumento figlio del giornalismo digitale e delle sue nuove prospettive”. Non vi è cura, infatti, alla crisi del giornalismo se non il buon giornalismo, a prescindere dalle forme che assuma.

 

Tuttavia, non sarà un caso se soggetti autorevoli come la Columbia Journalism Review hanno dedicato al DJ le consuete rassegne sulla chiusura dell’anno (tipo il 2012 in cifre, tutti i fatti dell’anno, gli imperdibili, ecc.) esaltando il 2012 come l’anno del data journalism. CJR segnala, oltre alla propria colonna Between the Spreadsheets, anche la piattaforma Visualizing e il data-blog del Guardian.

 

E proprio il Guardian segnala tutte le storie del 2012 raccontate attraverso i dati: dalla geolocalizzazione delle 133 vittime dell’uragano Sandy alle 1.987 pagine del rapporto Leveson, dalle 21.500 società internazionali che usano un gruppo di 28 direttori-prestanome agli oltre 694 miliardi di sterline di spesa pubblica inglese nel periodo 2011-12.

 

guardian

 

Dati, fatti, inchieste di grande valore e impatto, resi facilmente fruibili e condivisibili dalle tecnologie proprie del data journalism, che altro non è se non un modo per raccontare storie altrimenti non raccontabili. Storie così importanti che non di rado vengono premiate con il Pulitzer.

 

A proposito di premi, oltre ai Data Journalism Awards organizzati da Global Editors Network (GEN) in collaborazione con Google (vedi qui), è proprio la casa di Mountain View a lanciare la Google Journalism Fellowships 2013, una borsa di studio rivolta a laureati e studenti di giornalismo che fanno della tecnologia un mezzo per raccontare storie in modi nuovi e dinamici, con un focus particolare sul data-driven journalism. 7.500 dollari per 10 settimane che vedranno i borsisti lavorare in realtà d’eccellenza come il Center for Investigative Reporting, il Committee to Protect Journalists, Investigative Reporters & Editors, la Knight Foundation, il Pew Research Center’s Project for Excellence in Journalism, Poynter, il Nieman Journalism Lab e ProPublica, oltre che la stessa Google, naturalmente (Google News e YouTube).

 

Volete preparavi anche voi? Ecco alcuni strumenti, tutorial, presentazioni dai principali guru in materia:

 

Dj2Proprio in questi giorni, inoltre, anche in Italia è stato pubblicato un ottimo strumento per chi (giornalisti e non) volesse cimentarsi con le informazioni e i dati detenuti dalla pubblica amministrazione: LegalLeaks, il primo manuale sull’accesso all’informazione per cittadini e giornalisti (scarica il PDF in CC).

 

Si tratta di una guida a come usare il diritto di accesso all’informazione che fa parte della serie Access Info Toolkits, la cui edizione italiana è a cura di Diritto di Sapere.

 

Buona lettura!