Litigation PR: anche le Relazioni pubbliche in campo per attutire l’ impatto del ‘’doppio processo’’

In Italia siamo indietro ma negli altri paesi europei e negli Stati Uniti la pratica professionale della litigation public relations è consolidata da decenni. Lo  racconta Toni Muzi Falconi, esperto di comunicazione ed ex presidente della Ferpi, in un articolo su Huffingtonpost.it, segnalando che ‘’negli Usa esiste anche da molto tempo un’ associazione di litigation pr che, fra l’altro, celebra ogni anno i casi e i professionisti di maggiore successo’’.

 

 

Il problema è che ormai i processi sono due. Da un lato il processo tradizionale: quello che vede coinvolti imputati, giudici, procuratori e avvocati delle diverse parti. Dall’altro il processo delle opinioni pubblicate. Uso questo termine poiché è difficile oggi continuare a definirla opinione pubblica, come fosse uniforme (ammesso che lo sia mai stata).

 

Mentre in questo ‘’contesto sociale ‘liquido’ – sostiene Muzi Falconi – i pubblici si formano, si disfano e si riformano in continuazione’’.

 

Questo secondo ‘processo’, vede coinvolti relatori pubblici, giornalisti mainstream e digitali, periti, guru vari, e non mancano ovviamente i più spericolati e ‘moderni’ fra avvocati e procuratori.

 

Una situazione del tutto priva di regole che pure, secondo Muzi Falconi non sarebbe difficile da stabilire (‘’tutti concordi nel non imporle per legge, ma come autoregolamentazione delle parti’’), in modo perlomeno da ‘’diluire l’ impatto devastante sulla reputazione dei singoli e delle organizzazioni, nonché sulla serenità dei giudici, dello scontro fra i due processi’’.

 

Possibile che non si faccia nulla, di fronte alla crisi della giustizia divenuta ormai, nella percezione anche internazionale, il principale ostacolo agli investimenti nel nostro Paese (la cosa è oggettivamente immotivata, ma nessuno ha voluto neppure provare ad attutire l’impatto di questa campagna… ah, lo storytelling!)?

 

Possibile che gli organismi che presiedono alle diverse professioni coinvolte non trovino un’ intesa comune? Eppure, almeno alcune di queste, di altro non parlano che di responsabilità e di sostenibilità sociale…

 

(via Ferpi.it)