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Giornalismo etico live e slow news

  • Redazione
  • 9 Marzo 2015

eitic  A partire da una notizia sulla bocca di tutti in quei giorni: il referendum in Scozia, si e’  parlato di etica del giornalismo online assieme ad Alberto Puliafito, blogger e giornalista, fondatore di tvblog e attuale direttore responsabile della piattaforma di nanopublishing blogo.it.  E’ successo nel settembre dello scorso anno a Prato durante un workshop di digit14, micro-festival del giornalismo digitale giunto alla terza edizione.

Se avete a che fare con il giornalismo online e con i social media – ha detto fra l’altro Alberto Puliafito – vi sarete resi conto come, ad esempio Facebook, sia sempre più ricco di video incredibili, eccezionali, notizie shock, animali che fanno cose impossibili, e vi sarete resi conto che le condivisioni di questi video arrivano non solo da utenti singoli ma spesso, anzi spessissimo da grandi testate appartenenti a gruppi editoriali affermati e potenti.

 

La cosa negli ultimi mesi a mio avviso è diventata quasi insostenibile. In altri termini questa corsa al sensazionalismo amplificata attraverso i social dalle testate maggiori ha aumentato il rumore di fondo sul web, quella massa di informazioni inutili che circolano in rete, creando non pochi problemi nella scelta delle notizie da diffondere.

 

Proviamo a ripartire dalle fondamenta oppure se non esistono proviamo a stabilire delle basi da cui ricominciare a lavorare. Ci sono delle metriche con cui i giornalisti delle testate online lavorano. Proprio gli strumenti digitali permettono di capire facilmente l’attenzione che i nostri articoli riescono ad attrarre.

Pagine viste, click, numero di visualizzazioni, tempo di permanenza sul sito sono i parametri che tutti noi conosciamo e che ci permettono di stabilire quanto gradimento suscita il nostro lavoro. Generare traffico per raggiungere un bacino di utenza maggiore e far crescere gli introiti pubblicitari.

 

E’ bene che i giornalisti si rendano conto della differenza in atto rispetto al mondo analogico – ha proseguito Puliafito –  quando si scriveva il giornale,  e il singolo giornalista non doveva preoccuparsi se il suo pezzo veniva letto o meno. E’ importante sapere che si scrive per essere letti.

 

Una delle cose nuove e importanti nate con il blog e poi ripresa da tutti i media online è il liveblogging. Si è passati in un tempo non particolarmente lungo dall’odio del blog, da parte dei giornalisti e dell’editoria professionale, all’uso del blog da parte della stessa stampa professionale e dei singoli giornalisti professionisti.

Oggi ogni quotidiano mainstream ha nella propria home page numerosi blogger che parlano di tutto e generano traffico, visite e interesse. Inoltre proprio  l’editoria mainstream sta cominciando a raccontare gli eventi dal vivo attraverso i blog, facendo appunto liveblogging.

 

 

 

In questo universo magmatico – ha detto ancora Puliafito – troppo spesso il confine fra l’informazione e la deformazione della notizia è labile.  Il caso “Yara Gambirasio”,  i giornali, quasi tutti, titolavano << arrestato l’assassino di Yara >>,  quando la realtà è che fino alla sentenza di un tribunale nessuno può essere definito in questo modo. Questa è una deformazione della realtà. Un’altra cosa, negativa, che i giornalisti fanno sempre è la “confermazione”. Uso un termine religioso a ragion veduta per sottolineare l’abuso in redazione di dare le notizie in un certo modo confermando quello che chiedono i lettori, quello che i lettori si aspettano. Ad esempio il referendum scozzese per l’indipendenza. Quasi nessuno in Italia ha raccontato il referendum argomentando le ragioni reali della scelta referendaria in Scozia, ma quasi tutti hanno “confermato” il sentire popolare che attribuiva la scelta scozzese ad un afflato populista di separatismo.  Sono usciti titoli come << La Ue teme il contagio >>  dove non si capiva quale fosse questo contagio, oppure << Ansia, paura, passione >> quando in realtà in Scozia c’era sì molta attesa per il risultato del referendum, ma non certo ansia, tanto meno paura. Per non parlare di titoli come << Rischio secessione >> che non solo confermano il sentire comune ma addirittura indirizzano i giudizi dei lettori prima ancora che il fatto si verifichi.

 

 

 

Fra i vari titoli usciti sulle testate italiane, analogiche e digitali, uno dei migliori dal punto di vista della correttezza dell’enunciazione della notizia era questo: << Tasse e petrolio al centro della contesa non solo orgoglio nazionalista >>.. Ho analizzato come è stata trattata la stessa notizia su alcune testate all’estero, ad esempio come è stato raccontato il referendum scozzese sul Guardian. Ebbene il quotidiano inglese non influenzava in alcun modo i propri lettori, spiegava dettagliatamente tutte le ragioni e tutte le posizioni dei diversi promotori del referendum, e poi esprimeva in modo preciso e circostanziato la propria posizione politica sulla vicenda, senza giri di parole, senza forzature occulte, ma in modo diretto e preciso, prendendo una posizione politica molto ben definita. Per il 90 per cento della stampa britannica era per il << No >>. Nessun quotidiano italiano esprimeva chiaramente la propria posizione sulla vicenda. Un principio importante da ricordare per chi scrive online è che il web non dimentica. Il quotidiano cartaceo a fine giornata è già vecchio. Le notizie sul web rimangono, per sempre, se nessuno le elimina. Un altro parametro di cui bisogna tenere conto quando si scrive per la rete è il tempo di permanenza dei nostri lettori sugli articoli.  Se il dato temporale è inferiore ai 20 secondi probabilmente il pezzo ha qualche problema. Insieme a questo parametro un altro dato importante da valutare è il cosiddetto ” tempo di rimbalzo ” ovvero quanto ci mette un lettore atterrato sulle nostre pagine ad andare via, a scappare altrove nel web. Leggere , saper interpretare e poi usare  i dati delle analisi sul come si comportano i lettori online dovrebbe essere una priorità nella formazione di un  giornalista digitale.

 

Giornalismo etico dunque come forma di rispetto nei confronti del lettore e della professione e anche – ha concluso Puliafito – una potenziale  fonte di vantaggi, anche economici, per chi pratica questa professione on e offline.

 

N.B. Alberto Puliafito è uno dei fondatori del  progetto di informazione denominato Slownews, ovvero, come gli stessi artefici del sito argomentano : << un progetto per dire che, nel flusso inarrestabile di informazioni sul web, bisogna rallentare. Per trovare la buona informazione >>

# blogo# etico# giornalismo# live# news# puliafito# slow
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