Google, forse non è un monopolio ma un’ azienda troppo lontana dal mondo reale

GoogleA dispetto della sua dominanza, Google non coincide esattamente con la definizione di monopolio; ed ancora: il crescente scollamento dalla società del gigante dei motori di ricerca potrebbe portarlo a gravi passi falsi e, nel tempo, comprometterne la posizione, indebolendola.

 

La grande ‘’G’’, secondo Frédérick Fillou, sta già seminando il germe della sua propria rovina, soprattutto perché è un’ azienda terribilmente disconnessa dal mondo reale

 

 

Google might not be a monopoly, after all

Di Frédérick Fillou

(Mondaynote)

FillouxA dispetto della sua dominanza, Google non coincide esattamente con la definizione di monopolio; ed ancora: il crescente scollamento dalla società del gigante dei motori di ricerca potrebbe portarlo a gravi passi falsi e, nel tempo, comprometterne la posizione, indebolendola.

 

Nel mio editoriale della scorsa settimana, ho espresso la mia  opinione circa la causa per violazione delle leggi anti trust  intentata contro Google da Open Internet Project: le reazioni mostrano opposti punti di vista, riguardo al celeberrimo motore di ricerca; è incontrovertibile che Google sia una azienda estremamente aggressiva, ossessionata da concetti quali crescita, scalabilità, ottimizzazione e finanche vulnerabilità, ma… è un monopolio nell’accezione  tradizionale, storica del termine? Probabilmente, no.

 

Ed eccovi perché, in quattro punti.

 

1) Cedere alla dipendenza

 

– E’ sempre pericoloso esser troppo dipendenti da un fornitore che non si può controllare… questo è il caso, per esempio, del giro di affari –illegale- della droga:  prezzo e disponibilità, offerta, fluttueranno a seconda del ghiribizzo di persone inaffidabili; questo, in allegoria, accade a quanti fondano aziende quali siti di e-commerce o ‘’fattorie’’ di contenuti“,  che forniscono enormi quantità di foraggio a basso costo al fine di mungere “latte” dalla pubblicità  derivante dalle tattiche di ricerca friendly, accattivanti, di Google.

 

Molti nomi nel campo dei media giornalistici hanno forgiato il proprio destino strutturando il proprio prodotto in modo e conseguenza che il 30 o 40%  del traffico si trovasse alla mercé degli algoritmi di Google: sono letteralmente affascinato dall’ ampiezza e dalla profondità dell’ ecosistema consensuale attualmente costruito intorno alla foce del ‘’fiume’’ costituito dal traffico Google: società di consulenza che aiutano i media ad ottenere una posizione migliore nelle liste risultato di Google Search e Google News; programmi informatici tesi a meglio riformulare i titoli affinché questi più facilmente si trovino nelle prime posizioni in questi elenchi ; test a/b che mostrano al volo quel che il motore di ricerca preferisce, per una migliore ottimizzazione, etc

 

Per l’ industria dei media, quel che sarebbe dovuto rimanere un mezzo marginale di ampliamento del pubblico, è divenuto un flusso vitale di pagine visualizzate e  di guadagno; io personalmente penso che sia pericoloso in due sensi: primo, noi sostituiamo la nozione di rilevanza, l’ interesse specifico del lettore, con un mero costrutto algoritmo-quantitativo (uno specchietto per le allodole elettronico in luogo di sostanza, BuzzFeed contro ProPublica, per intenderci).

 

Tali pratiche meccanicistiche alimentano la ulteriore deflazione del valore dei contenuti originali.

 

Secondo: anelare a rincorrere gli algoritmi distrae le redazioni, i giornalisti, i caporedattori dal loro lavoro…che dovrebbe essere quello di trovare, sviluppare, costruire intelligenti pacchetti di notizie, che elevino la percezione del marchio da parte dei lettori ed elevino le menti dei lettori stessi (BuzzFeed e svariate altre testate sono la quintessenza della degradazione e dell’ alienazione).

 

2) Scelta e competizione
 

Nel 1904, la Standard and Oil company controllava il 91%  della produzione e raffinazione del petrolio statunitense, nonché l’85% delle vendite relative. Questo inespugnabile monopolio era in grado di dettare prezzi  e struttura della distribuzione. Così  Google…Questo motore di ricerca controlla il 90% del mercato della ricerca su web: in Europa, specialmente, ove mercati frammentati, scarso accesso al capitale ed altri fattori culturali impediscono l’ emergere di giganti della tecnologia. Google combina i suoi servizi (ricerca, mappe, posta elettronica, s.o. Android) per produrre uno dei più possenti sistemi di raccolta dati mai creato.

 

Nota di sottolineatura:

 

–          Google a), non ha inventato  il business della raccolta dati ad alta tecnologia a raggi X,  b), non è nemmeno la più immane entità esistente  per il collegamento di una gargantuesca quantità di dati. Leggete questo articolo di Quartz:  The nine companies that know more about you than Google or Facebook   e guardate come grandi aziende quali Acxiom, Corelogic, Datalogix, eBureau, ID Analytics, Intelius, PeekYou, Rapleaf e Recorded Future collezionino dati su enorme scala, inclusi atti pubblici e giudiziari…sino alle vostre abitudini nel gioco d’azzardo. Orbene, vi hanno mai fatto firmare un modulo di consenso?

 

Volete sottrarvi a Google? Usate Bing, Yahoo, DuckDuckGo o Exalead  per le vostre ricerche web, oppure “recatevi”  qui per avere una lista di 40 alternative al ‘’G’’. Non volete che il vostro sito sia indicizzato su Google? Inserite una riga di esclusione automatica nelle vostre pagine html, ed i subdoli, odiati impiccioni striscianti non vedranno i vostri contenuti.

 

Siete esausti di pubblicità indesiderata nelle vostre pagine o su GMail? Usate il plug-in AdBlock , che è perfino utilizzabile sul browser  Google Chrome. Lo stesso vale per lo stoccaggio dei dati, conseguente all’ ottenimento di una mappa o all’ uso di un servizio di posta elettronica: sei inorridito dalla abilità di Google di ricostruire ogni tuo singolo movimento, persino intorno al tuo isolato o da una città all’altra,  succhiando dati dal tuo dispositivo Android per iniettarli in G. Maps? Ne hai ben donde! La cronologia di localizzazione di Google Maps è spaventevole; per uccidere G. Maps dovete procedere a  spegnere la geolocalizzazione del vostro dispositivo, oppure usare un Windows Phone od un iPhone (semplicemente, siate consapevoli che fanno la medesima cosa, solo…non lo pubblicizzano).

 

A differenza di quel che accade con i servizi di pubblica utilità, è possibile sfuggire a Google: epperò, i suoi servizi, rispetto a quelli prima menzionati, sono più convenienti, funzionano bene e…sono meglio integrati. La qual cosa ci porta al terzo punto.

 

3) Strategia trasparente
 

Spezzando una lancia a suo favore, è bene dire che Google ha una strategia alquanto trasparente: quello che molti vedono come un oscuro monopolio in crescendo, altro non è che una strategia di sistematica e sistemica integrazione di dati. Ecco il grafico da me creato qualche mese addietro.

 

Google2
 

Potremmo  includere svariate aggiunte, come, per esempio, Uber (se non vi piace provare Lyft), o  meglio, un caro, buon vecchio taxi parigino…nemmanco accettano carte di credito! O i modelli di impostazione meteorologica presto in arrivo da Nest Thermostats (se scegliete di fidarvi delle promesse di Tony Fadell; persino Google X , la punta di diamante della società (vedi Fast Company) offre squarci del futuro Google da realizzare con lo sviluppo di automobili autonome, progetti per  la diffusione di Internet nei Paesi più remoti mediante l’utilizzo di palloni aerostatici (vedere il Progetto Loon) ) o piattaforme aeree di altro tipo.

 

4) Innovazione  

I monopoli sono conosciuti per esser causa di morte dell’ innovazione: questo è il caso delle compagnie petrolifere, dei cartelli di fabbriche automobilistiche le quali scoraggiano la ricerca di sistemi di trasporto alternativi, o perfino di Microsoft, che ha rese le nostre vite deprimenti con una programmazione di sistemi operativi che non si misurano con nessuna reale competizione. Al contrario, Google è ossessionato dai progetti innovativi, che vede come assoluta necessità per la propria  sopravvivenza: alcuni sono buoni, altri molto meno, altri ancora rimangono in versione beta  per anni.

 

Comunque, Google sta già seminando il germe della sua propria rovina: questa compagnia è terribilmente disconnessa dal mondo reale: questo è ciò che dimostra comunque ed ovunque, dai più minuti dettagli della vita quotidiana dei suoi dipendenti viziati da  una sovrabbondanza  di comfort e di superflue piacevolezze che li mantengono sospesi in una accogliente bolla, alla sue proprie statistiche, sempre relative ai dipendenti (pubblicate dalla stessa azienda) ; Google è per la maggior parte composta da bianchi, maschi, reclutati nelle università di punta (nell’ ordine: Stanford, UC Berkeley, Massachusetts Institute of Technology, Carnegie Mellon, UCLA…), con un risibile afflusso di “sangue” da campi che non siano scientifici o tecnici; per essere una compagnia che afferma di volersi connettere ad una miriade di settori, questa cecità sociologica è una faccenda seria.

 

Combinata con la certezza della sua eccellenza, essa esita in una distorta visione del Mondo, visione in cui la distinzione tra il  bene ed il male può facilmente appannarsi: una consolidata consuetudine, interna ad un’ azienda, considerata virtuosa poiché favorisce il perpetuarsi  della visione evangelica, della compagnia stessa, di un Mondo migliore…può essere vista e considerata come predatoria, nel “Mondo reale”.

Da qui potrebbe scaturire un crescente dissenso tra  il gigante tecnologico, i suoi soci e clienti e la nazione che li ospita.

 

(traduzione a cura di Maria Daniela Barbieri)