Oscuramento preventivo per un sito web sulla Gorgona

Il tribunale del riesame di Livorno si è riservato di decidere sulla richiesta di dissequestro di www.ilgorgon.eu, un sito dedicato all’ isola di Gorgona.

Il sito era stato oscurato dal gip livornese, che aveva accolto una richiesta in tal senso della procura della repubblica, motivata dal rischio di reiterazione del reato – finora presunto – di diffamazione.

 

Una decisione preoccupante, che suona come una vera e propria censura preventiva e che rischia di rappresentare un pericoloso precedente da utilizzare nel tentativo di  mettere a tacere siti web scomodi o troppo ingombranti.

 

 

 

Autori della querela – spiega Antonio Brindisi, il responsabile del sito – ‘’alcune persone che gravitano occasionalmente sull’ isola di Gorgona, per vacanze o per lavoro, che si sono ritenute offese da poche righe di filastrocca con cui io e miei figli ci divertivamo a dare dei soprannomi a dei personaggi che gravitavano nel paese, senza mai fare nome e cognome. Poche righe di filastrocca ironica ed infantile, in un sito che potrebbe riempire un enciclopedia Treccani, hanno motivato il pm e il gip ad oscurare il mio sito, in via preventiva perché il reato era reiterabile…’’.

 

 

E’ anche per questo che Antonio Brindisi – giornalista, per anni corrispondente dall’ Africa dell’ agenzia Agr e ora promotore di un Comitato abitanti dell’ isola – oltre a ricorrere al tribunale della libertà, qualche giorno fa ha rivolto un appello all’ Ordine dei giornalisti chiedendo un suo impegno per la tutela della libertà di stampa e del diritto alla libertà di espressione.

 

 

Abbiamo chiesto a Brindisi di raccontarci la vicenda.

 

Ecco il suo racconto:

 

‘’Nel 2000, dopo 7 anni passati nell’Africa Occidentale, anche come corrispondente per l’agenzia agr, sono tornato all’isola di Gorgona, di cui sono discendente da parte di mia nonna, Amelia Citti, e ho constatato che il paese dei gorgonesi stava scomparendo invaso dalla colonia penale presente sull’isola, che non rispettava più i limiti tra paese e carcere (vedi www.ilgorgon.blogspot.com). Sarebbe divenuta un’ altra Pianosa, ora dopo lo svuotamento del paese, interdetta a tutti, abbandonata alle zecche, di proprietà del ministero di giustizia che ne fa quello che vuole dopo averla distrutta civilmente.

 

Ho capito che a Gorgona si riservava lo stesso destino. Così ho deciso con la mia famiglia (moglie e tre figli) di vivere stabilmente sull’isola prima che fosse troppo tardi (oggi ci sono 67 residenti che vengono solo per le vacanze, di cui una diecina di abitanti civili fissi, a parte i dipendenti della colonia penale, circa 150 persone) e di aprire un sito internet, www.ilgorgon.eu, per far conoscere tutte le problematiche dell’ isola. Sino ad oggi il sito era una piccola ‘’treccani’’ di Gorgona a cui mi dedicavo ogni giorno, a mie spese, senza ottenerne nessun profitto.

 

Questa scelta di abitarvi e di fare il sito non è stata mai digerita dalla direzione carceraria e dagli ex-gorgonesi che ci passano le vacanze quasi gratis, nelle casette fatiscenti del demanio a pochi euro di affitto, scroccando a più non posso ed utilizzando i beni del ministero a fini personali senza che nessuno si accorgesse di niente (qui si spendono una diecina di milioni l’ anno per settanta detenuti per un carcere considerato modello, ma che è solo un grande spreco di soldi, che fra l’altro ci ha fatto quasi sparire definitivamente). Ce ne hanno fatte di tutti i colori, fino ad oggi con l’oscuramento del sito. Pensa che i due giudici che lo hanno deciso preventivamente non lo hanno nemmeno letto perché quello che mi imputano l’avevo cancellato io stesso già prima.

 

L’oscuramento è nato dopo la denuncia di 6-7 persone che si sono sentite offese per poche righe ironiche sui personaggi del paese, senza che vi fossero nome e cognome o riferimenti personali. Le stesse persone (dipendenti del carcere ed ex gorgonesi che non vivono a Gorgona ma ci conservano un’ abitazione) che ci hanno da anni isolato, minacciato, che hanno fatto perdere il lavoro a mia moglie che lavorava alla mensa della polizia penitenziaria, che ci hanno denunciato per le cose più diverse, senza riuscire a toglierci dall’ isola. Una cosa che, tra l’ altro, è per noi un enorme sacrificio perché lì, oltre ai nostri affetti, non c’è niente’’.

 

Antonio Brindisi

[email protected]