La battaglia degli autori contro i new media


Da oltre due settimane in sciopero gli autori di programmi e di serial che non vedono un soldo per le loro opere trasmesse dai nuovi media – Chiedono il 2,5% sugli incassi – Il loro sindacato, la Writers Guild of America, conta 12 mila iscritti e ha a disposizione 13 milioni di dollari per aiutare i membri in difficoltà economica – Dal 26 novembre cominciano le trattative

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di Matteo Bosco Bortolaso

New York – Internet è il futuro. Non solo per le notizie, ma anche per film e show televisivi. In Usa è sempre più di moda una “tv flessibile” che si può guardare quando si ha tempo e voglia, senza preoccuparsi degli orari del palinsesto. Per due dollari si scarica il programma preferito sull’iPod oppure lo si registra su un DVR, solo per fare i nomi di due strumenti molto utilizzati negli Stati Uniti.

Il futuro della tv passa quindi senza dubbio per Internet. “La televisione sta morendo, avrei dovuto capirlo quando comprai TiVo quattro anni fa”, ha scritto sulla pagina degli editoriali del New York Times Damon Lindelof, uno dei creatori di Lost che ha gridato e manifestato davanti agli Studios della Walt Disney. La scatola di TiVo è un digital video recorder (DVR) che permette di immagazzinare film e show per vederli e rivederli quando meglio si crede.

Ma gli autori di programmi e serial non vedono un quattrino per le opere trasmesse attraverso i new media. Il sindacato – o meglio la gilda – che rappresenta i creativi della tv a stelle e strisce è scesa per strada, in sciopero. Nella prima settimana circa 4 mila persone hanno fatto picchetto davanti alla Fox. E per le proteste contro la Nbc potrebbe arrivare pure il candidato democratico alle presidenziali 2008 John Edwards.

Lo sciopero va avanti ormai da due settimane e coinvolge l’intera città di Los Angeles: scenografi, elettricisti, stilisti, assistenti e molti altri sentono e vedono gli effetti. L’industria delle stelle rappresenta il 7% dell’economia della metropoli californiana.

Una manifestazione degli autori in sciopero

Le parti si incontreranno a partire dal 26 novembre per aprire delle formali trattative, ma non è chiaro se c’ è qualche spiraglio. Se la crisi rimane bloccata, i fan potrebbero non vedere la prossima stagione di Lost e di molti altri programmi amati anche in Italia. La stagione si potrebbe chiudere a dicembre. Non è escluso che le proteste possano proseguire anche nel 2008, sconvolgendo i palinsesti a stelle e strisce: ormai le vacanze di Natale si avvicinano.

La gilda chiede il 2,5% dei profitti che arrivano dalla distribuzione dei programmi attraverso i new media, convinta che essi siano il futuro della comunicazione di massa. Difficilmente gli autori vedono qualche soldo per gli show scaricati da Internet. Quando accade, talvolta per esempio con iTunes, non si supera una magra percentuale delle 0,2% del profitto complessivo.

Eppure il web conta. Gli autori del Daily Show denunciano il capo della Viacom Sumner Redstone. Secondo loro il “padrone” direbbe che Internet non fa guadagnare ma in realtà vuole portare YouTube in tribunale con una causa da un miliardo di dollari per violazione dei diritti sul copyright.
Lindelof fa notare che il suo Lost, oltre che sulla ABC, è stato trasmesso centinaia di milioni di volte sul sito internet dell’emittente televisiva. La pubblicità prima dell’inizio di ogni episodio trasmesso per via telematica fa guadagnare soldi all’azienda, ovviamente, ma non agli inventori di trame.

Kevine Levine, un veterano che ha lavorato anche a MASH, non si sorprende. “Nel 1986 – ricorda – i produttori dissero che non sapevano niente del VHS e avevano bisogno di tempo per studiarlo. Ma non lo fecero mai. Adesso dicono che hanno bisogno di tempo per studiare Internet. Gli autori dicono: Fessi una volta…”.

Gli scioperanti arrabbiati sono per la maggior parte esponenti della middle-class che vive nella vallata di San Fernando. Gente normale che deve pagare l’assicurazione sanitaria, i prestiti contratti per pagare le costose tasse universitarie e la macchina comprata per festeggiare il nuovo lavoro. E’ il caso di Kimberly Mercado che lavora al serial New Amsterdam della Fox, prodotto anche dal regista svedese Lasse Hallstrom.

La Mercado è stata intervistata da Jennifer Steinhauer del New York Times, che sottolinea che Los Angeles è una città “di grande divisione di classe”. “Non è gente che vedi ai party hollywoodiani: sono un effetto collaterale” spiega Ed Brown, che rappresenta centinaia di commercianti losangelini.

Il sindacato di questo “effetto collaterale” si chiama Writers Guild of America, conta 12 mila iscritti e ha a disposizione 13 milioni di dollari per aiutare i membri in difficoltà economica.

La battaglia di Hollywood è appena cominciata e, secondo l’editoriale di Lindelof sul New York Times, servirà soprattutto alla prossima generazione di scrittori per il piccolo e il grande schermo. “In futuro – scrive l’autore di Lost – tutto verrà trasmesso attraverso streaming o downloading su piccoli chip”. Con tanti saluti alla vecchia antenna.