Gli uomini che hanno re-inventato il mondo (3)

Norbert Wiener (1894 – 1964)

 

Se vogliamo vivere con la macchina, dobbiamo capirla, non dobbiamo adorarla.

(Norbert Wiener  Men, Machines and the World About)

 

 

Norbert Wiener è l’’inventore della scienza che studia i meccanismi di guida e controllo delle persone e delle cose: la Cibernetica.

 

 

Cibernetica dal greco Kiberneo = pilotare. In Platone, il cibernete è il pilota della nave, che conosce la nave stessa, ha una meta e sa guidare nella direzione giusta anche controcorrente e con i venti e le correnti a sfavore, e quindi a volte indirettamente e in modo obliquo.  

 

 

 

Wiener è forse il meno conosciuto e il meno raccontato, del terzetto dei “creatori dell’era digitale”, che abbiamo identificato qui a bottega, e che è composto dal nostro e da Alan Turing e Claude Shannon. Uno dei motivi di questa “minore” fama, potrebbe essere individuato, nel suo essere  stato il primo a lasciare questo mondo con le sue spoglie mortali. Il primo dei tre e anche in un’epoca – gli anni ’60 –  in cui il digitale era ancora, molto lontano dalla nostra quotidianità. Un altro motivo, per la minore conoscenza di Wiener fra i non addetti ai lavori, va forse ricercato  nel carattere del matematico americano,  che ha così tanto ispirato l’opera di Claude Shannon e di altri illustri scienziati.

 

 

ci sono le domande inevase riguardo le conseguenze sulla vita adulta di Wiener della sua infanzia estenuante; le voci sui turbolenti rapporti con i colleghi che avvelenarono i primi anni della rivoluzione cibernetica; le questioni politiche sulle sue prese di posizione in difesa degli operai, in aperto contrasto con i “poteri in divenire” della società, come li chiamava; e questioni filosofiche più profonde sulle sue tarde divagazioni spirituali e sui suoi ultimi, enigmatici messaggi sulle relazioni fra uomini e macchine.

(Flo Conway &  Jim Siegelman – L’eroe oscuro dell’età dell’informazione)

 

 

Un carattere pacifico e bonario, ma anche caparbio e determinato. Un carattere che l’ha portato a mettersi spesso in “direzione ostinata e contraria”,  controcorrente,  rispetto alle logiche della sua epoca; nell’evocare dubbi e sospetti sull’evoluzione delle scoperte scientifiche da lui stesso portate alla luce, dimostrando incredibile lungimiranza e visione del futuro.  Un carattere generoso che avrebbe  permesso  – secondo la tesi di alcuni – a svariati scienziati dell’epoca, di “sfruttare” in modo eccessivo e inopportuno, gli studi di Wiener. Certamente le molteplici scoperte  dello stesso Shannon, di Turing, ma anche di  Von Neumann – ad esempio –  sono state spesso complementari  a quelle del matematico americano, e hanno contribuito in modo determinante alla nascita della cosiddetta “società dell’informazione”, la  nostra società.

 

 

La calcolabilità effettiva continua a essere oggi un termine attraente e ambiguo, una linea di faglia tra la definizione pragmatica e la definizione computazionalista degli algoritmi. La considero come la prima seduzione dell’elaborazione, radicata al cuore della tesi di Church-Turing. Ha ampliato il suo impatto con la crescita della potenza di calcolo, ricollegandosi alla radice del razionalismo e diventando gradualmente un mito più profondo e più romantico a proposito di un’ontologia computazionale dell’universo. Il desiderio di rendere il mondo concretamente calcolabile è alla base di molti dei momenti della storia dell’informatica, dai primi computer balistici che sostituirono gli esseri umani nella difesa missilistica di metà Novecento, a Siri e alla barra di ricerca di Google. È l’ideologia alla base dell’età dell’algoritmo, e le sue affermazioni seducenti sullo status della conoscenza umana e dei sistemi complessi in generale costituiscono la tensione centrale nella relazione tra la cultura e le macchine culturali. La calcolabilità effettiva è un’idea che ha conseguenze non solo sul modo in cui concepiamo il posto dell’umanità nell’universo, ma anche su come comprendiamo i sistemi biologici, culturali e sociali.

(Ed Finn Cosa vogliono gli algoritmi)

 

 

 

La disciplina “inventata” da Wiener, la Cibernetica, ha contribuito non poco nel processo di “digitalizzazione” della realtà. Gli studi e le ricerche del matematico e statistico che di cognome faceva “viennese”,  ma che in realtà era nato in uno degli stati più centrali e rurali degli Stati Uniti, il Missouri, resero possibile approfondire, talvolta forse fondare, il rapporto uomo-macchina, mettendo a fuoco processi e comportamenti del cervello vivente e di quello artificiale che ancora oggi sono al centro degli studi scientifici più avanzati. Ma iniziamo,  come al solito,  prendendo visione del significato della parola cibernetica così come lo troviamo scritto nella enciclopedia  Treccani:

 

 

Disciplina che si occupa dello studio unitario dei processi riguardanti «la comunicazione e il controllo nell’animale e nella macchina» (secondo la definizione di N. Wiener, 1947): partendo dalle ipotesi che vi sia una sostanziale analogia tra i ‘meccanismi di regolazione’ delle macchine e quelli degli esseri viventi e che alla base di questi meccanismi vi siano processi di comunicazione e di analisi di informazioni, la cibernetica si propone da un lato di studiare e di realizzare macchine ad alto grado di automatismo, atte a sostituire l’uomo nella sua funzione di controllore e di pilota di macchine e di impianti, e dall’altro lato, inversamente, di servirsi delle macchine anzidette per studiare determinate funzioni fisiologiche e dell’intelligenza. 

 

 

 

 

Come si vede, lo statistico e matematico americano, è parte attiva e integrale della nascita di questi studi, al punto da essere entrato con merito anche nella definizione ufficiale dell’enciclopedia. Definizione, come al solito chiara e precisa, che poco più avanti riporta anche questo passaggio, che annotiamo e sottolineiamo con ulteriore grande attenzione:

 

 

Da un punto di vista più generale la cibernetica può essere definita come lo studio generale di sistemi complessi altamente organizzati, indipendentemente dalla loro particolare natura.

 

 

 

Una definizione, perdonateci l’improvvisa e inappropriata “vanagloria”, che avremmo potuto scrivere anche noi, sebbene si sia molto meno prestigiosi e infinitesimamente meno enciclopedici qui a bottega. Si scherza. Ma la  definizione aggiuntiva della Treccani ci sembra davvero  in perfetto  d’accordo con gli studi e le ricerche quasi trentennali  di uno dei nostri associati, il sociologo della complessità Piero Dominici. Il rapporto uomo-macchina e soprattutto lo studio dei sistemi complessi sono proprio uno degli ambiti più gettonati negli approfondimenti del professore dell’Università di Perugia. E non è per caso, che volendo proseguire nell’analisi del lavoro di Wiener, che sia venuto  in mente un  passaggio da un libro di  uno dei maestri assoluti  sui temi della complessità, il filosofo francese Edgar Morin:

 

 

 

I sistemi viventi umani e sociali hanno un’organizzazione che mantiene il loro stato di stabilità attraverso meccanismi di regolazione. Norbert Wiener ha messo in luce questi meccanismi con i termini “retroazione negativa” e “retroazione positiva”. Una retroazione negativa, un feed-back negativo è il processo attraverso il quale l’organizzazione regolatrice reprime delle devianze, delle deviazioni, delle perturbazioni per mezzo di strumenti di regolazione come le leggi, la polizia, le regole e l’interiorizzazione della legge sociale negli individui.

 

Una retroazione positiva, il feed-back positivo, si effettua quando una devianza si amplifica, attacca il funzionamento delle regole di stabilità e produce un processo di instabilità che si può chiamare crisi. Una crisi può risolversi o attraverso il ristabilimento del sistema antecedente, talvolta al prezzo di spaventosi massacri, come attualmente in Siria, oppure attraverso qualcosa di nuovo, di più complesso, che ricrea un nuovo stato di stabilità, che cioè costituisce un progresso di complessità.

 

Mentre nei sistemi fisici la retroazione positiva conduce all’esclusione, alla disintegrazione, nei sistemi sociali e umani ciò che sembra disintegrare una società può essere in realtà un fermento di elaborazione di un nuovo tipo di società, o una riforma della società. Ciò che è totalmente distruttore nel mondo fisico diventa un elemento che può essere creatore o produttore nel mondo umano.

(Sette lezioni sul pensiero globale Edgar Morin)

 

 

L’affermazione finale del filosofo francese sembra essere la naturale evoluzione – almeno una delle evoluzioni possibili – degli studi di Wiener, il quale in uno dei suoi libri, “meno scientifici”“the human use of human being”, formula una tesi che mischia e rende estremamente moderne teorie diverse e studi differenti su concetti, all’epoca, ancora molto lontani dall’essere assimilabili, o anche semplicemente confrontabili:  come calcolo e informazione:

 

 

Vivere efficacemente è vivere con informazioni adeguate. Così la comunicazione e il controllo appartengono all’essenza della vita interiore dell’uomo, nel momento stesso in cui appartengono alla sua vita nella società.

(Norbert Wiener)

 

 

La divulgazione delle teorie di Wiener arriva nel dopoguerra. L’anno è il 1949 e il matematico statunitense delimita il campo delle proprie ricerche e comunica il risultato dei suoi studi  attraverso la pubblicazione di un testo scientifico che si intitola: “Cybernetics; Or, Control and Communication in the Animal and the Machine”, una sorta di piano fondativo di questa nuova disciplina.

 

 

 

Come suggerisce il titolo, lo scopo della cibernetica – negli anni quaranta e cinquanta – era di definire e mettere in pratica queste due idee: un sistema intellettuale che potesse abbracciare tutti i campi scientifici e un mezzo per quantificare il cambiamento all’interno di tale sistema.

 

Il veicolo di questa sintesi erano, intellettualmente, la teoria dell’informazione e le funzioni ordinanti della comunicazione tra diverse entità individuali e collettive e, pragmaticamente, il potere crescente dei sistemi meccanici e computazionali per misurare, modulare e dirigere tali comunicazioni

 

… tesi centrale del campo strettamente collegato della teoria dell’informazione, è l’idea che la probabilità si applica all’informazione tanto quanto alla realtà materiale. 

 

Wiener fece conoscere questi nessi tra la macchina di Turing, le reti neurali e l’apprendimento negli organismi biologici, un corpus di studi che ora ha preso vita in modo sorprendente nel fiume di successi dell’apprendimento automatico annunciati negli ultimi anni da DeepMind, controllata da Google.

(Ed Finn Cosa vogliono gli algoritmi)

 

 

 

Eccoci pronti  signori e signore, si prega di salire in carrozza, il treno sta per partire. Arrivare a Google,  e soprattutto agli studi sul machine learning (branca dell’Intelligenza Artificiale che si occupa dello sviluppo di algoritmi e tecniche finalizzate all’apprendimento automatico mediante la statistica computazionale e l’ottimizzazione matematica) che stanno da tempo realizzando gli sviluppatori di Mountain View, chiude il cerchio, a nostro avviso. Il ragionamento partito dagli studi di Wiener raggiunge l’apice con l’impiego dell’autoapprendimento delle macchine,  e ci penzola davanti come un pendolo incessante  – più e meglio di spiderman –  facendosi beffe di tutti i nostri – umani e leciti – dubbi e incertezze del caso. Le macchine apprendono, non come fa il nostro cervello, certo, ma si auto-istruiscono già da tempo studiando i nostri comportamenti online e anche – anzi da un po’ per la maggior parte dei casi – studiando le attività di altre macchine. Non a caso assieme al machine learning ora vanno di gran moda e di comune accordo fra i nostri amici robot  anche  il deep learning (Nell’Intelligenza Artificiale, classe di algoritmi di apprendimento automatico che utilizza livelli multipli per estrarre progressivamente caratteristiche di livello superiore dall’input grezzo) spesso associato o associati ad altri amici ed amiche comparse a supporto di questi processi e  che si chiamano:  reti neurali;  per  poter lavorare in tanti e nello stesso momento, non di operazione in operazione, come capita di solito ai computer “semplici” (In informatica, tipo di calcolatore costituito da un numero elevato di processori elementari, collegati fra loro da una estesa rete di interconnessioni, in modo da realizzare architetture a elevato grado di parallelismo) . Ma proviamo ad aggiungere qualche altro elemento che ci aiuti a capire meglio gli studi di Wiener e in particolare la  Cibernetica:

 

 

 

Centrale in questa ascesa è il concetto di omeostasi, cioè il modo in cui un sistema risponde agli stimoli per preservare la propria struttura di base e la propria identità. Un uccello che mantiene l’altitudine al mutare dei venti, un termostato che tiene sotto controllo la temperatura di una stanza e la ripetizione di antichi miti da una generazione all’altra sono tutti esempi di omeostasi all’opera. In modo ancor piú provocatorio, Wiener propone che l’omeostasi coincida con l’identità o la vita stessa, se “l’organismo è visto come messaggio. L’organismo si oppone al caos, alla disintegrazione, alla morte, come il messaggio al rumore”

un secondo termine cruciale della cibernetica, il concetto di “retroazione” o “feedback”. Il ciclo di retroazione, come osserva Hayles, interessa Wiener principalmente come modello intellettuale universale per capire come si possano generalizzare la comunicazione e il controllo fra sistemi diversi.

…la “falena”, o “cimice”, di Norbert Wiener, una macchina progettata per dimostrare un ciclo di retroazione relativo alla ricerca o alla fuga dalla luce. Wiener lavorò con l’ingegnere elettrico Jerry Wiesner per creare questa macchina, un semplice meccanismo con una fotocellula rivolta verso destra e una verso sinistra, le cui letture in entrata dirigono un meccanismo a “timone” che orienta le ruote del carrello mentre è in movimento. Questa prova pratica raggiunse il suo scopo, quello di realizzare un comportamento realistico generato da un semplice meccanismo di retroazione, creando un’apparente dimostrazione sia della somiglianza fra i meccanismi di controllo meccanici e quelli biofisici che dell’efficacia della cibernetica come modello per spiegarli.

(Ed Finn Cosa vogliono gli algoritmi)

 

 

E mentre sostiamo ammirati a contemplare la falena di Wiener, o meglio Wiener stesso che accompagnato da un giovanissimo adepto, manovra il congegno che permette alla “falena” di reagire agli stimoli luminosi che riceve;  ci accingiamo a concludere questo post dedicato al geniale matematico e statistico del Missouri, sottolineando un aspetto a nostro avviso determinante – soprattutto oggi – dei risultato degli studi e delle teorie del professore “viennese”, su cui ci piacerebbe lasciarVi a riflettere.  Una riflessione che lasciamo, intanto, che Vi anticipi, il nostro   “collega”, Nicholas Carr, attraverso  un estratto da un suo libro in cui cita proprio il lavoro e gli studi di  Norbert Wiener.

Grazie della Vs attenzione e a presto ;)

 

 

 

La tecnologia cambia e cambia più rapidamente di quanto cambiano gli esseri umani. Laddove i computer avanzano al ritmo della legge di Moore, le nostre capacità innate avanzano con il passo da tartaruga della legge di Darwin. Laddove i robot possono essere costruiti in una miriade di forme, replicando di tutto, dai serpenti che scavano nel terreno ai rapaci che piombano nel cielo ai pesci che nuotano nel mare, siamo fondamentalmente bloccati con i nostri vecchi corpi biforcuti. Ciò non significa che le nostre macchine stiano per lasciarci nella polvere evolutiva. Anche il supercomputer più potente non mostra più coscienza di un martello. Significa che il nostro software e i nostri robot, con la nostra guida, continueranno a trovare nuovi modi per superarci, per lavorare più velocemente, in modo più economico e migliore. E, come quei cannonieri antiaerei durante la seconda guerra mondiale, saremo costretti ad adattare il nostro lavoro, comportamento e abilità alle capacità e alle routine delle macchine da cui dipendiamo.

(Nicholas Carr La gabbia di vetro)

 

 

Facciamo molta attenzione – dunque – come scrisse lo stesso Wiener nel 1960:  “Se per raggiungere i nostri obiettivi usiamo un agente meccanico tale che una volta avviato non possiamo interferire in modo efficiente con il suo funzionamento, poiché l’azione è così veloce e irrevocabile che non abbiamo i dati per intervenire prima che l’azione sia completa, allora sarà meglio essere del tutto sicuri che lo scopo inserito nella macchina sia lo scopo che desideriamo davvero e non solo una sua pittoresca imitazione

 

 

 

Il miglior modello di un gatto è un gatto.

(Norbert Wiener)