Di dieta mediatica, di Uber, di sperimentazioni (segnalazioni dal mondo)

Buon lunedì, iniziamo la settimana con un po’ di letture – a nostro parere – interessanti. Chi mette i tweet sulla carta, chi racconta a fumetti il dietro le quinte delle notizie, di gruppi chiusi per distribuire le notizie in modo efficace e di chi dai gruppi chiusi vuole uscire, e poi, ancora, di Uber(?) si c’entra pure qui e di una applicazione che vuole aiutarci nella dieta mediatica. Di seguito trovate gli estratti più interessanti e i link alle fonti dirette.

 

The New York Times has found a home — in print! — for its journalists’ tweetstorms

Digitale e stampa amici, questa la frase da cui parte l’analisi del NiemanLab.

E’ difficile catturare la ricchezza dei contenuti “sparsi” sulla timeline di Twitter, abbiamo voluto creare nuove abitudini nei lettori – la ripetizione di una serie di azioni  che seguono un flusso rappresenta la principale messa in pratica della lettura su carta.

Trovare un posto nel quale inserire il giornalismo dal vivo, quello che realmente stanno realizzando i ns giornalisti sui propri account social: ecco l’ esempio dei tweet di Maggie Haberman.

Offrire ciò che non arriverrebbe se si leggesse solo la versione cartacea

NiemanLab riporta poi l’esempio del   Mini Crossword, qualcosa che prima esisteva solo digitalmente e che ha seguito il percorso opposto a quello cui siamo abituati (spesso erroneamente) a ritenere l’unico possibile e che va  dalla carta al digitale e non in senso opposto.

Abbiamo preso qualcosa di nativo digitale e lo abbiamo portato sulla stampa.

Altro esempio di trasmedialità e buoni rapporti (udite, udite) fra digitale e cartaceo è:

“The Conversation of some of the most-read stories” – che online non esiste –  si tratta di qualcosa di più della lista dei contenuti più letti, a cui viene aggiunta una breve descrizione del perchè la storia è così tanto letta, oppure in altri casi si riporta un commento particolarmente interessante fatto a quella notizia da un lettore.

Silverstein, redattore capo del NYT Magazine e uno dei leader della ri-progettazione,  a tal proposito afferma: ” questo non esiste online, stiamo comprendendo che potrebbe essere una cosa interessante da portare online. “



 

Wall Street Journal introduces “The Face of Real News” campaign

Wall Street Journal ha introdotto “The Face of Real  News“. Una campagna che racconta come una notizia viene alla luce, come vengono raccolte le info, verificate le fonti e tutto questo dal punto di vista del giornalista che se ne è occupato, come è accaduto a  Dana Mattioli durante il week end in cui la sua migliore amica si è sposata.

Si tratta di  brevi contenuti video sotto forma di fumetto :

ecco il video di Dana Mattioli e quello di John Carreyrou



https://digiday.com/media/blasting-news-facebook-groups/

Blasting News  – editore virale, così viene definito, editore crowdsourced – ha un network di 2500 contributor e paga le persone per distribuire il proprio contenuto attraverso gruppi di interesse/nicchie; ha reclutato 1000 persone che gestiscono gruppi, principalmente su FB, riguardanti diversi argomenti. Un tipo di modello che  funziona, ma come?

Blasting news afferma che i proprietari dei gruppi sono controllati dall’azienda.

“Non si tratta di un programma aperto, non è il ns scopo, non vogliamo che inizino  ad esserci spammer”  dice Andrea Manfredi fondatore e ceo di Blasting News- “lo facciamo in maniera corretta, sostenibile e leggittima per tutti i lettori”

Secondo Manfredi se la qualità del traffico riportato dai “social cluster” è bassa (che tradotto significa: una alta frequenza di rimbalzo e una bassa permanenza sul sito), i medesimi vengono esclusi dal programma.

Questo meccanismo di iper-targeting – via influencer in gruppi chiusi – si traduce in una minore vulnerabilità  del contenuto rispetto ai cambiamenti dell’algoritmo.

Digitday in chiusura riporta l’opinione di Jenna Walker , di Socialyse.

“I casi di maggior successo di lavoro di questo tipo tramite influencer sono rappresentati da un ibrido fra portata e impegno. I Gruppi chiusi si potrebbe pensare che generino maggior coinvolgimento. L’unico problema sta nello stabilire se si è irrilevanti o invadenti”.



 

Uber – che nonostante le proteste continua a crescere – vuole espandere le funzioni della propria app, lo riporta TechCrunch.

Trasformandola in un “mercato di contenuti”,  un feed per l’intrattenimento che possa contenere dozzine di funzioni di partnership, in modo da far crescere il coinvolgimento nella app stessa, e andare oltre la chiamata e la valutazione degli autisti.

Secondo il documento che TechCrunch ha letto, il marketplace sarebbe basato su una nuova versione di Trip Experiences, funzione lanciata un anno fa insieme ad un gruppo selezionato di partner.

Uber pensa di fornire più informazioni riguardo l’area o il luogo nel quale si è diretti, fornire intrattenimento durante il percorso, integrazioni per poter lavorare e possibilità di comunicazione con il luogo nel quale ci si sta recando.



A news app aims to burst filter bubbles by nudging readers toward a more “balanced” media diet

Una dieta mediatica più equilibrata… è possibile realizzarla? Ha senso? C’è chi sperimenta anche su questo come Read Across the Aisle.

 

Una app progettata per aiutare le persone a diversificare le loro abitudini nel consumo delle notizie. La app registra le azioni degli utenti rispetto ad una ventina di fonti mediatiche statunitensi (pochine per ora). Queste sono collocate su una barra di scorrimento, visibile in basso, che si sposta verso destra o sinistra a seconda di quale contenuto stia leggendo l’utente della app e per quanto tempo. 

 

L’applicazione è stata progettata per aiutare gli utenti a fuggire dalla filter bubble. Quando le abitudini di lettura sono troppo circoscritte e limitate, l’applicazione stessa  genera una notifica.

Ma come Read Across the Aisle ha creato il “rating ideologico” della barra, con cui non tutti potrebbero concordare?

 

Uno dei criteri è stato messo a punto traendo spunto da un rapporto del 2014 del Pew Research che ha classificato i mezzi di comunicazione basandosi su quanto fossero attendibili per il pubblico di parte… Read Across the Aisle ha anche consultato i primi utenti della app stessa e sostenitori del crowdsourcing  su Kickstarter, chiedendo feedback che aiutassero a creare il  posizionamento dei media sulla barra.

“Queste fonti si sono dimostrate sufficientemente coerenti tra loro.” ha confermato a NiemnLab Nick Lum, il creatore della app.

Un limite chiaro per l’applicazione (che è disponibile solo per iOS) è il numero basso di fonti (almeno finora), in più il monitoraggio funziona solo all’interno della stessa applicazione, questo rappresenta una lacuna significativa quando la maggior parte persone usano solo alcune applicazioni. Gli sviluppatori di Read Across the Aisle stanno lavorando ad una estensione per il browser che si estenderà alla lettura da desktop.

“E ‘un problema fondamentale in sé e per sé. L’obiettivo non è necessariamente di spingere le persone a leggere fonti di notizie di parte, ma piuttosto di contribuire alla formazione dei lettori alla fruizione di entrambe le versioni.”  ha concluso Nick Lum.

Gli ideatori della app non si aspettano di invertire il problema della filterbubble, la speranza è che possa avere alcuni effetti:  “…le persone che utilizzano l’applicazione, vengono esposte a nuove idee, e possono diventare una sorta di  “faro” all’interno delle proprie bolle sociali…”

Su quest’ultima segnalazione ci permettiamo un commento in più: sarebbe molto divertente vedere come le persone collocano (se a destra , al centro o a sinistra) le principali testate italiane.



Siamo arrivati alla fine e speriamo di avervi interessato. Probabilmente non c’è nulla di particolarmente sconvolgente, ma di certo vi è un’azione, una messa in pratica, per dirla come sempre una sperimentazione che in Italia manca completamente e quello che non comprendiamo è il perchè di questa mancanza, e… non diciamoci che manca il vile denaro…