“L’effetto Facebook” sull’informazione in Rete

Fb Non è un mistero che, da qualche tempo a questa parte, l’informazione quotidiana passa in primis per i nostri account su Twitter e Facebook.
 
Soprattutto quest’ultimo va sempre più affermandosi come la homepage personalizzata delle notizie quotidiane, grazie ai news feed degli amici che ci vengono proposti non appena ci affacciamo sulla piattaforma.

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Nel 2013 il totale complessivo di link esterni postati su Facebook ha infatti raggiunto i 161 milioni, superando di ben 3,5 volte il traffico generato dai “referral” delle ricerche su Google.

 

Analogamente, il traffico diretto per le homepage di molte testate web è calato drasticamente – tutto ciò secondo i dati del BuzzFeed Partner Network, conglomerato che raccoglie siti importanti, tra cui BuzzFeed e New York Times.

Preoccupante o meno che sia, il quadro rimanda comunque a una questione non da poco: quali le notizie che ricevono maggior visibilità in tale contesto, e perché? Si può parlare di un “effetto Facebook”, e fino a che punto, sull’informazione odierna in Rete? Se lo chiede un’attenta analisi proposta dal sito del noto mensile Usa The Atlantic – eccone una sintesi.
Dati sui referral da Google e Facebook nel 2013

Partendo proprio dai link più cliccati sulla pagina Facebook di The Atlantic, Derek Thomson nota che questi non riguardano eventi recenti o prossimi, né temi di particolare rilevanza: «Si tratta piuttosto di saggi-articoli che i giornalisti definiscono “sempre verdi”, su temi come diete, dati demografici e felicità, oppure studi sul caffè e i processi decisionali, o ancora foto irresistibili».

In pratica, il news feed della nostra pagina Facebook, prodotto dagli “amici” e organizzato in base ai click e ai “mi piace” ricevuti, ha poco o nulla a che fare con le notizie d’ attualità: «È piuttosto un portale d’intrattenimento per storie che ci ricordano la nostra quotidianeità e diventano una sorta di popper (iper-stimolante) emotivo». Non a caso, secondo un’indagine del 2013 Pew Research Center, meno della metà degli utenti segue l’ attualità tramite quei link, e appena il 10% va su Facebook per questo scopo.

A conferma di questo trend, un’occhiata ravvicinata alla classifica dei temi più “virali” del 2013 rivela che Twitter è per le quasi-notizie, la ricerca è per le news vere e proprie e Facebook è…per l’intrattenimento. All’interno del BuzzFeed Partner Network, solo sette delle 20 delle storie più virali riguardano vicende recenti e appena tre importati eventi di livello nazionale Usa, pur se tutt’altro che cruciali: l’elezione di Miss America, la tecnologia di Netflix e i Video Music Awards. In ogni caso, la grande maggioranza delle news su Facebook restano bobiettivamente delle “non-notizie”: «Indovinelli sull’accento che ci portiamo dietro, elenchi di cibi e fotografie preferiti, divertenti battute sulla vita mentre s’invecchia».

A dire il vero, prosegue l’analisi di The Atlantic, l’intrattenimento batte l’informazione già sulle testate tradizionali (e non solo in Usa, potremmo aggiungere), e ciò «ben prima che Zuckerberg fosse nato. People ha sempre venduto più di Time, e l’audience delle sitcom ha sempre stracciato la PBS [la tv pubblica]». L’unica differenza è che il news feed di Facebook viene creato interamente dai suoi utenti, non dalle redazioni giornalistiche, cioè dagli amici e dalle pagine/gruppi che seguiamo.

Ne segue un corollario più che ovvio: «Volendo, potremmo avere un news feed completamente centrato sull’attualità. Potremmo nascondere gli “amici” più frivoli, seguire le pagine Facebook dei maggiori quotidiani nazionali, condividere i link della NBC in cui c’imbattiamo. Però non lo facciamo».

Sorpresa? Non proprio, viste le analoghe conclusioni sulla viralità delle news a cui erano giunti pecedenti studi condotti autonomamente dalla Wharton School, dalla National Science Foundation, e dalla University of South Australia.

Posizioni queste ribadite altresì da alcuni commenti in calce all’articolo, dove giustamente si segnala che, in aggiunta al corretto quadro generale illustrato da Derek Thomson, non è dato sapere se e quali link presenti nei news feed personali sono frutto dell’ algoritmo interno della piattaforma, oltre «al fatto che certi contenuti possono essere ‘spinti’ (a pagamento) da Facebook. E anche per i materiali non-sponsorizzati, non sappiamo come funziona di fatto l’algoritmo, quindi è impossibile conoscere se e quali link vengono ‘spinti’ in modo arbitrario».

In definitiva, pur se il news feed di Facebook «non può certo essere considerato un meccanismo sofisticato delle preferenze degli utenti», rimane il fatto che sui social network preferiamo leggere e rilanciare, anzichè l’attualità vicina o lontana, quelle storie capaci di «riflettere la persona che vorremmo essere, notizie che ci fanno star bene o sorridere, oppure che, più semplicemente, ci ricordano noi stessi».