Data journalism: da 150.000 tweet una mappa dei sentimenti di odio razziale e omofobo in Usa

Odio

Una mappa dei discorsi improntati all’ odio, razziale o omofobo,  negli Stati Uniti è stata realizzata dopo le ultime elezioni presidenziali da una geografa americana, Monica Stephens, docente al Dipartimento di Geografia dell’ Humboldt State University (twitter: @geographiliac)  e da alcuni suoi studenti analizzando i contenuti di 150.000 tweet emessi durante e dopo la campagna elettorale .

La mappa  è al centro di un articolo del Guardian che, pur confermando il proprio ‘’scetticismo sull’ accuratezza dell’ analisi semantica’’, sottolinea come la docente e i suoi studenti abbiano letto integralmente tutti i 150.000 twitter geolocalizzati che sono stati analizzati.

 

L’ intervento di esseri umani invece delle macchine – sottolinea Mona Chalabi sul quotidiano inglese – significa che questa ricerca è stata in grado di   evitare la trappola per cui, ad esempio, un tweet che affermasse ‘’la parola omo è inaccettabile’’ potrebbe essere classificata come un incitamento all’ odio. I dati sono stati anche ‘normalizzati’, tenendo conto della scala di account per ogni singolo stato in modo che il risultato finale fosse significativo della frequenza di espressione di odio razziale su Twitter.

 

Resta naturalmente il dubbio se le opinioni degli utenti di Twitter negli Stati Uniti possano essere un indicatore affidabile delle opinioni di tutta la popolazione americana.

 

Gli stati con la maggiore densità di tweet anti-Obama, Mississippi e Alabama – spiega la docente della Humboldt  sul blog  Floatingsheep.org  – si sono distinti non solo per essere radicalmente contro il presidente, ma anche per il taglio fortemente razzista dei loro contenuti.  In pratica, secondo la docente, anche un’analisi abbastanza grezza e superficiale può mostrare come le espressioni contemporanee di razzismo sui social media possono essere legati ad un certo numero di fattori di contesto che spiegano la loro persistenza.
Il lavoro per la mappa ha confermato che – aggiunge Monica Stephens – ‘’ gli spazi virtuali dei social media sono intensamente legati a particolari contesti socio-spaziali nel mondo offline, e, come questo lavoro mostra, la geografia dei discorsi di odio online non è diversa’’.