Iperinformazione? Un esperimento dimostra che Umberto Eco ha torto

L’ iperinformazione non è un ostacolo all’apprendimento, anzi esattamente il contrario.

E’ la principale conclusione di un esperimento svolto da Maurizio Galluzzo, tecnologo e docente universitario, che ne ha pubblicato un ampio resoconto sul suo blog, in polemica anche con le recenti osservazioni di Umberto Eco (Che casino, troppe informazioni), che hanno suscitato molte reazioni critiche dal mondo della Rete.

 

 

Le altre conclusioni dell’ esperimento:

 

  • Se le lezioni universitarie fossero registrate, con qualità quindi senza rumori di fondo come succede nelle registrazioni amatoriali degli studenti, sarebbero un eccellente sistema di ripasso.
  • Si possono recuperare fino a 700 ore di studio all’anno senza cambiare le proprie abitudini.
  • È necessaria una quantità di sonno adeguata per riorganizzare le informazioni acquisite.
  • È importante saper selezionare i contenuti, non ascoltando di tutto ma dando delle reali priorità.

 

 

Il sentimento comune – spiega il prof. Galluzzo – è che questa informazione decine o centinaia di volte superiore al passato possa creare confusione, possa impedirci una reale comprensione della realtà.

 

Il Dott. Martin Hilbert si occupa da anni di questo aspetto e ha calcolato che in venti anni, ovvero dall’avvento del digitale, la quantità di informazione che riceviamo per unità di tempo si è quintuplicata. Qualcuno ha provato a delineare la capacità del cervello (01, 02) ma non siamo ancora giunti a una risposta credibile. La situazione più probabile è un cervello adattativo, ovvero in grado di aumentare la quantità di informazioni memorizzabili e rintracciabili in relazione alla quantità di stimoli.

La questione è stata da almeno due anni al centro dell’ attenzione del professor Galluzzo che un anno fa ha deciso di avviare ‘’personalmente un esperimento di iperinformazione per capire lo stress a cui si potrebbe venir sottoposti.

 

Mancava un’analisi e una conferma della possibilità di acquisire informazioni anche in mobilità, attraverso l’uso dei riproduttori.

Lo scorso anno ho deciso di iniziare l’esperimento ponendomi degli obiettivi di apprendimento. All’inizio non sapevo quanto sarebbe durato e ho posto obiettivi ravvicinati a qualche giorno o qualche settimana. Dopo una serie di proroghe ho deciso di allungare la prova ad un anno completo avendo quindi a disposizione dei dati sperimentali molto più attendibili.

Per fare questo sono partito da alcuni media diversi: libri, e-book, web, video, film, podcast e ho iniziato a selezionare alcuni contenuti che non conoscevo. Ho approfittato di questo esperimento per recuperare una serie di libri che non avevo letto e temi che mi appassionavano.
Ho quindi mappato le mie giornate tipo, e definito in quali momenti spingere sull’acceleratore dell’apprendimento. Ho identificato nei trasferimenti (treno, aereo, piedi) e nelle attività manuali i momenti adatti per ascoltare i podcast.

Ho eliminato definitivamente la televisione preferendo nelle stesse ore leggere o guardare video e film ma ho lasciato inalterati tutti i tempi sociali (incontri, cene, amici, ecc.).

Mi sono imposto inoltre di non usare il lettore audio in presenza di altre persone per evitare forme di isolamento.

Ho annotato prima giornalmente e poi settimanalmente le osservazioni.

I risultati sono stati sorprendenti: mantenendo le stesse abitudini e rapporti interpersonali si arriva a recuperare agevolmente tra le 400 e le 700 ore all’anno. Cioè quanto un buon Master.

Il livello di apprendimento non si è mai degradato, nemmeno nelle giornate di maggior intensità di iperinformazione.

Dopo le prime ore di adattamento, la capacità di ascoltare in maniera critica i podcast permette di “sottolineare” ovvero di memorizzare in maniera profonda le parti significative. E la memorizzazione è eccellente anche a distanza di mesi.