Internet in Italia fa davvero schifo?

InternetQualche riflessione a proposito delle amare considerazioni di Marcello Tansini, il blogger esperto di Ict che, in un post che ha fatto parecchio rumore, denuncia la scarsa qualità editoriale dell’ informazione in rete, aggiungendo che lo scarso rispetto delle competenze giornalistiche e non sarebbe arrivato ad un punto di non ritorno

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di Marco Renzi

Una voce si leva libera dal web. E’ una voce tricolore e fa ancora più effetto proprio perchè proviene dalle “rovine” del Belpaese 2.0 e non da Silycon o Indian o China Valley.

E’ la voce di un esperto di Ict che ci ricorda che nonostante la dinamicità, il grande ventaglio di possibilità, gli innumerevoli e incontaminati scenari possibili,  il web targato Italia stia diventando una degna rappresentazione dello sfascio in cui versa il Paese analogico, e sinceramente – permetteteci il giudizio di parte –  non crediamo serva a nessuno, nemmeno ai più biechi speculatori.

Quello che soprattutto pare emergere in modo pressante fra le numerose e tutte molto azzeccate considerazioni di Marcello Tansini è la mancanza di rapporti fra la rete e il mondo dell’ informazione.

Peggio! La quasi totale mancanza di informazione fatta professionalmente a vantaggio della “solita” e altrettanto “desolante” ridda di “copia-incollatori selvaggi”, “biechi marchettisti”. E anche in questo caso – badate bene –  non esistono prove concrete che il pessimo lavoro svolto da costoro porti ad un qualche beneficio concreto per cui valga davvero la pena di mettere a repentaglio il futuro tutto della rete e dei suoi milioni di operatori/utilizzatori.

Il citizen journalism è una realtà evidente e oramai ampiamente consolidata un poco dovunque, persino da noi.

Poteva essere un efficace laboratorio di studio delle metodologie di comunicazione dell’era digitale, ma il parere di pochi e scarsamente illuminati figuri l’ha reso invece, in alcuni casi manifesti, un budello strettissimo di nepotismi, piaggerie e favoritismi, degno dei peggiori “fogli” analogici della Prima Repubblica.

Ma fortunatamente, in mezzo a tanto pressapochismo e indubbia sciatteria, il popolo della rete, anche da noi, non si lascia strumentalizzare, sa riconoscere una patacca da un diamante puro, e ricorre ai propri stessi tecnologici strumenti per auto-analizzarsi e denunciare a voce alta e senza remore lo stato di degrado e di abbandono in cui versa l’ italico web.

Ma come fare per costruire davvero invece di piangersi addosso?

Lavorare insieme utilizzando gli strumenti e la filosofia della rete che pone l’esperienza e la condivisione della conoscenza alla base di qualunque attività, per far cambiare dall’ interno le regole del gioco.

Parlarsi, così come ha fatto Marcello Tansini, in nome e per conto non del politico o della corrente di turno, ma in nome di una reale apertura mentale ai meccanismi partecipativi e collaborativi che il web pretende e supporta.

Approfondire i percorsi di studio e conoscenza degli strumenti e delle culture della rete in modo da utilizzare in modo sempre più efficiente le enormi possibilità che lo stare connessi fornisce a tutti noi.

E sperare, non trovo un verbo migliore, perdonatemi, che chi è riuscito a diventare un imprenditore di successo attraverso il web, o nel mondo analogico, consideri con la dovuta attenzione e l’ inderogabile rigore ontologico e deontologico  la propria attività nel mondo 2.0,  fornendo il necessario supporto economico e permettendo  di  realizzare,  tutti insieme e liberamente,  anche nel nostro Paese la tanto strombazzata “rivoluzione digitale”.