Diversità di genere nel trattamento delle notizie?

Abramson

La neodirettrice del New York Times nega che le giornaliste abbiano gusti e sensibilità differenti nel trattamento dell’ informazione, ma molte sue colleghe non sono d’ accordo ed esaltano l’ importanza della diversità di genere nelle redazioni giornalistiche – Un articolo sul sito del Maynard Institute for Journalism Education (clicca sulla foto per ingrandire)

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Jill Abramson, da poco diventata la prima donna alla direzione del New York Times nei suoi 160 anni di storia, ha detto qualche giorno fa che “l’ idea secondo cui le donne giornaliste avrebbero un gusto e una sensibilità diverse non è assolutamente vera.”

Ma questa dichiarazione non hanno trovato d’ accordo, negli Stati Uniti, alcune donne che hanno studiato il rapporto fra donne e giornalismo.

Abramson ha fatto quella asserzione – racconta Richard Prince su Journal-isms, il suo blog sul sito del Maynard Institute for Journalism Education – in una intervista ad Arthur S. Brisbane, public editor (ombudsman) del NYT, pubblicata domenica.

Alla domanda se i lettori avrebbero assistito ad un cambiamento per la presenza di una donna alla direzione del giornale, Abramson ha risposto: ‘’Pensa che i lettori si siano accorti quando ero direttore editoriale?’’, aggiungendo: ‘’credo che tutti riconoscano e amino soprattutto i servizi interessanti e non mi pare che ci siano disaccordi su questo’’.

Prince raccoglie invece opinioni contrastanti fra altre donne giornaliste. Per esempio quella di Megan Kamerick, presidente del Journalism & Women Symposium (JAWS). ‘’Le donne hanno reazioni diverse da quelle degli uomini nel ricostruire una situazione. Il Global Media Monitoring Report on Women – spiega – ha scoperto che gli articoli realizzati da donne contengono maggiori argomenti di taglio femminile rispetto a quelli dei maschi e hanno probabilmente una tendenza minore ad usare stereotipi’’.

“Sono assolutamente in disaccordo con Jill Abramson”, dice ad esempio Wanda S. Lloyd, direttore dell’ Advertiser di Montgomery (Alabama) e coautrice del saggio “The Edge of Change: Women in the 21st Century Press.” “Certo, tutti amano degli articoli interessanti, ma ho visto per esperienza che è stato il mio essere-donna a consentirmi di scrivere alcune cose con una sensibilità diversa’’.

Un’ altra giornalista che ha lavorato a quel saggio, June O. Nicholson, ha aggiunto: ‘’Qualche redattrice, i direttori e altri dirigenti delle aziende editoriali dicono che le donne hanno lo stesso atteggiamento di fronte alla copertura giornalistica. Alcuni sostengono che il punto di vista invece è diverso. Altri non sono d’ accordo. Ma io penso che collettivamente la presenza di donne ai vertici delle testate possano fare la differenza. In parte lo ho sperimentato direttamente.

La diversità ai livelli alti delle aziende può assicurare che sarà una varietà di prospettive a contribuire al processo decisionale delle questioni da coprire. La diversità, inclusa quella di genere, potrebbe essere una importante considerazione in ogni testate e azienda’’.

Karen Magnuson, direttore del Democrat and Chronicle di Rochester (N.Y) e copresidente di Diversity Committee of the American Society of News Editors, sostiene invece che Abramson ha ragione, almeno su un punto. ‘’Sono d’ accordo con Jill, ma fino a un certo punto – osserva -. Molto dipende dalla personalità e dal background della persona, non dal fatto che sia donna o uomo. D’ altro lato, però, credo anche che una direttrice donna può portare una prospettiva diversa all’ ufficio di direzione, specialmente se la storia di questa struttura in quella determinata testata è stata caratterizzata dal predominio maschile. Una prospettiva ‘fresca’ si può manifestare in una grande varietà di modi, dallo stile di gestione all’ innovazione nei contenuti. E’ una cosa che appartiene alla bellezza della diversità’’.

Prince, fra l’ altro, cita uno studio del 2002, “The Great Divide: Female Leadership in U.S. Newsrooms“, realizzato dall’ American Press Institute e dal Pew Center for Civic Journalism. La ricerca divideva le donne in due campi: quelle che avevano avuto una carriera conflittuale (‘’career-conflicted”) e quelle che invece non avevano vissuto problemi (“career-confident” women). Le prime, il 45% delle donne con qualifiche elevate, ‘’raccontavano di aver avuto ostacoli nella carriera, inclusi episodi di sessismo e di mancanza di opportunità. E riferivano di aver incontrato difficoltà sul piano salariale e su quello dei rapporti con i capi, e di diversità di punti di vista sulle notizie’’.

Queste giornalista, raccontava il Rapporto, lamentavano poi che nei loro giornali venivano dedicati poco spazio e risorse ai problemi della salute e all’ informazione sanitaria, ai problemi femminili e genitoriali mentre il grosso dell’ impegno andava alla nera e alle notizie politiche.