Mosca: gli Omon accusati di schiavismo, battaglia dei media contro la corruzione nei reparti speciali

Omon

Il governo parla di “ campagna mediatica” contro le forze di sicurezza, accusate da una collaboratrice di un reparto speciale di utilizzare al nero gli immigrati per vari lavori di edilizia, anche nelle dacie degli alti ufficiali – Il presidente Medvedev procede a tagli di personale e licenziamenti, fra cui due viceministri – Una complessa vicenda in cui la stampa indipendente cerca di resistere

————–  

di Valentina Barbieri

Il 18 febbraio, con una mossa a sorpresa, il presidente Dmitrij Medvedev ha firmato un decreto che prevede dei massicci tagli di personale nel Ministero degli interni: sono stati licenziati 17 funzionari, tra cui 2 viceministri. E’ questo l’avvio di una già annunciata riforma del Ministero, di cui Medvedev si ritiene personalmente responsabile.

Ma non solo con il presidente russo i rapporti si sono fatti più tesi. Anche la rivista russa The New Times sta creando parecchi grattacapi al Ministero degli Interni.

Ad inizio febbraio il New Times ha pubblicato un articolo dal titolo “Gli schiavi dell’unità OMON” (acronimo che indica le forze speciali del Ministero), in cui alcuni agenti raccontavano la corruzione nel reparto e i guadagni illegali dei propri superiori.

Il giorno successivo le forze speciali si sono rivolte in tribunale dichiarando l’ articolo lesivo dell’ onore e della dignità del corpo.

La direttrice della rivista, Evgenija Al’bac, è stata quindi convocata dalla polizia locale per rilasciare la propria testimonianza. Nel giro di un paio di giorni tutti e dieci i membri dell’ unità OMON coinvolti hanno dichiarato di non aver contribuito alla stesura del pezzo e di non confermare i fatti in esso contenuti.

Secondo la redazione di New Times almeno due di loro si sono effettivamente recati in redazione e la loro ritrattazione sarebbe dovuta alle pressioni subite e non ad una libera scelta (v. articolo «Come hanno piegato i soldati OMON».)

Il 22 febbraio la rivista ha mandato in stampa un articolo dal titolo “Zubr (lett. Il bisonte) a caccia”, che tratta dell’impiego di lavoratori stranieri in nero nella base del reparto Zubr a Ščelkovo, nella regione di Mosca.

Il reparto Zubr è nato nel 2006 e ha compiti di polizia giudiziaria e di sicurezza nei luoghi pubblici  (soprattutto nelle manifestazioni di massa). Più di una volta è stato impiegato durante meeting del G8 e forum internazionali in Russia e talvolta anche nel Caucaso Settentrionale.

L’ articolo si basa sul racconto di una collaboratrice del reparto “Zubr”, la cinologa Larisa Krepkovaja. Secondo le sue informazioni, i dirigenti del reparto Zubr (compreso il comandante generale maggiore Aleksandr Ivanin) utilizzano il lavoro nero di immigrati per vari lavori di edilizia. Gli agenti OMON raccoglierebbero gli immigrati all’ incrocio tra viale Jaroslav e il MKAD (la strada che circonda Mosca), dove si trova il mercato illegale di forza lavoro. Da lì, li porterebbero alla sede del reparto e li costringerebbero a lavorare gratuitamente.

Questa “forza lavoro gratuita” sarebbe stata impiegata anche per la costruzione delle dacie di diversi uomini politici, tra cui il primo viceministro degli interni Suchodol’skij.

Omon1Un articolo di giornalismo investigativo che, secondo Evgenija Al’bac, avrebbe potuto fungere da  input per effettuare controlli più attenti e prendere delle decisioni: “Mi auguro che i nostri articoli promuovano una riforma degli Interni. Solo l’opinione pubblica può costringere il governo a guidare una riforma della polizia”.

Il Ministero infatti sembra non condividere l’aspetto costruttivo indicato da Al’bac, in quanto l’articolo accuserebbe pubblicamente la polizia di usare il lavoro di schiavi e di abusare del proprio potere. Il 23 febbraio il sito del Ministero riportava che “diversi mezzi di comunicazione stanno realizzando una vasta campagna informativa mirata a screditare l’attività di OMON e ОМSN” (le due forze speciali del Ministero degli Interni, ndT).

L’ addetto stampa del Ministero, Oleg El’nikov, ha confermato che in relazione a quest’articolo è nata una causa per diffamazione, in quanto l’articolo contiene “esplicite accuse nei confronti del direttore del reparto OMON Zubr di utilizzare il lavoro di schiavi” e il pezzo è “l’ennesimo tentativo di denigrare i reparti speciali”.

Continua El’nikov, facendo riferimento alla legge che rappresenta il cuore della legislazione sui media: “Alcuni giornalisti hanno evidentemente dimenticato che l’articolo 49 della legge sui mass media prevede l’obbligo per il giornalista di verificare l’attendibilità delle informazioni che gli vengono fornite”.

Inoltre, il fatto che Krepkova indichi i lavoratori stranieri con il termine «čurka» (termine dispregiativo che indica un abitante del Caucaso o dell’Asia Centrale) sarebbe indicativo per El’nikov di come vedono le persone non sono la Krepkova ma anche il giornalista.

Anche il direttore del Centro di gestione operativa dell’attività dei reparti speciali del Ministero degli Interni, Vladimir Goršukov, parla di una campagna mediatica. “La definirei una campagna mirata contro i reparti OMON e in particolare contro il reparto “Zubr” del Ministero degli Interni.”

Le accuse mosse dalla Krepkova non terrebbero in considerazione secondo Goršukov la realtà , in quanto tutti i lavori nelle sottosezioni da anni vengono realizzati stipulando regolari contratti con apposite agenzie.

Non ci sarebbe stato quindi bisogno “di coinvolgere forze integrative o mezzi per questi o altri lavori e non è stato fatto. Tutti i tipi di obblighi, tipi di lavoro e anche i tempi di compimento sono stabiliti dalle condizioni del contratto. Tutti i lavori sono stati retribuiti, come dimostrano anche i controlli effettuati dalla direzione del Ministero degli interni e dell’economia.”

Inoltre l’ inattendibilità della fonte inficerebbe l’informazione stessa, in quanto la Krepkova avrebbe per Goršukov motivi personali per voler gettare fango sull’OMON. “Aveva problemi disciplinari e non corrispondeva alle alte richieste che devono soddisfare i collaboratori dei reparti speciali. Per questo è stata licenziata”.

Il generale maggiore Ivanin, coinvolto direttamente nell’articolo, è ancora più fermo nel condannare umanamente e professionalmente l’ex collaboratrice: “era abbastanza qualificata come cinologa ma più di una volta si é presentata al lavoro in stato di ebbrezza ed è stata vista bere alcolici durante l’orario di lavoro.”.

Secondo il primo viceministro degli interni Michail Suchodol’skij, accusato di aver impiegato il lavoro nero per costruire la propria dacia, l’articolo incita all’odio nazionale.

“Si sono rivolti a me i rappresentanti di varie confessioni che sono indignati per questo articolo e intenzionati a rivolgersi ad un tribunale. Trovo inaccettabili i termini usati nel giornale per indicare le persone di altre nazionalità, sono umilianti.”

Ora lo scontro tra Ministero degli Interni e New Times proseguirà in tribunale.

Come confermato il 1 marzo dal direttore del Centro di gestione operativa Goršukov, il reparto Zubr sta preparando la causa per diffamazione.

Parte lesa nella causa per diffamazione (secondo l’articolo 129 del codice penale) sono il colonnello Evtikov e il sottocolonnello Ivanov, suo vice per il rapporto con il personale.

Secondo quanto dichiarato da Goršukov, il processo continuerà coinvolgendo quei “disonesti rappresentanti dei media che distorcono intenzionalmente la realtà e infamano il nome dei collaboratori delle forze speciali”.

David Satter, corrispondente da Mosca del Financial Times tra 1976 e 1982, ritiene “che le accuse pubblicate dal giornale corrispondano a verità. Nell’ esercito sovietico c’erano molti situazioni simili in cui i soldati erano trattati come schiavi e i diritti dei lavoratori immigrati e della cittadinanza russa viene continuamente violato dalla polizia”. Si pone con forza, secondo Satter, il problema della difesa dei mezzi di comunicazione anche all’interno del sistema giuridico.

«Non è possibile superare il nichilismo giuridico e sapere la verità in questa situazione, poiché per questo non c’ è il mezzo auspicabile: un tribunale indipendente. (…) Spero che Evgenija Al’bac sappia in anticipo di essere convocata in tribunale e prepari prove convincenti del suo lavoro in modo da smentire le accuse dell’OMON anche in quel tribunale non indipendente”.

Michail Fedotov, segretario dell’Unione dei giornalisti russi e candidato russo alla rappresentanza OSCE per la libertà della stampa, mette in luce una questione interessante. Secondo Fedotov si starebbe sviluppando una discrepanza tra la prassi del reato di diffamazione e il caso specifico della diffamazione a danno di personaggi importanti operata da giornalisti.

Spiega Fedotov: “Oggi la Russia procede verso la decriminalizzazione degli attentati all’onore e dignità dell’uomo anche se compiuti con l’aiuto dei media. Simili questioni diventano di ordine civile. L’articolo sulla diffamazione è invecchiato anche nel nostro codice penale ed è intrinsecamente contraddittorio”. La causa diventa invece spesso di tipo penale quando sono i  giornalisti ad essere accusati di diffamazione di grandi funzionari.

Come a dire che per un giornale che lede la dignità di un corpo statale una pena “normale” non è sufficiente.

————–

Fonti:

Мinistero degli interni:  i media stanno facendo una campagna contro l’OMON e le forze speciali, BBC, 23.02.2010

L’ OMON è diventato un personaggio inventato, Gazeta, 24.02.2010

Il Ministero degli Interni è interessato al nuovo articolo del New Times sull’OMON, Lenta, 22.02.2010

Il Ministero degli Interni contro i giornalisti, Voice of America, I. Dubinskaja, V. Massal’skij, 24.02.2010

Nuove scoperte del New Times: nella dacia del vicedirettore del Ministero degli Interni lavoravano schiavi-lavoratori strainieri trattenuti, Newsru, 22.02.2010

Il New Times sta facendo una campagna per screditare l’ОМОN, permnews, 24.02.2010

I dirigenti hanno difeso l’OMON dai giornalisti, Utro, 23.02.2010

Il Мinistero degli Interni russo ВД России: i media screditano OMON, Deutsche Welle, 23.02.2010

Il Мinistero degli Interni prepara la denuncia contro New Times, Nezavisimaja Gazeta, 1.03.2010