Al sen. Butti il nobel per la pace in Cina ?

AutostradeMa che senso ha costruire autostrade dell’informazione se poi si fanno leggi e si adottano posizioni che impongono di  percorrerle a piedi?

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di Andrea Fama

Zapping digitale. Google News L’Unità – Fini: contro mafia più risorse a giudici. E apre a social network Il Sole 24 Ore – Vodafone Italia: piano investimenti da 1mld su banda larga via radio Tiscali.it – Tiscali e Zte insieme per la rete a banda ultra larga in Sardegna Punto Informatico – Leggi di carta contro l’informazione di bit.

Ma procediamo con ordine.

Da Google News mi imbatto in un pezzo dell’Unità dal titolo accattivante: Fini, mafia, giudici, social network. Clicco.

Che il Presidente della Camera non fosse nuovo ad aperture alla Rete quale mezzo di pace era cosa già piacevolmente nota,  giunta all’opinione pubblica sulla scia dell’importante campagna Internet for Peace per il 2011, portata orgogliosamente avanti in suolo italico da Wired Italia.

Ma qui, il  compagno Fini tende un ponte diretto tra mafia e libertà, tra i cui pilastri riconosce il social networking quale strumento per “rafforzare e rendere più coesa la reazione dell’opinione pubblica”, nel quadro di un potenziamento degli “spazi di libertà e di pluralismo della stampa e, in generale, dell’informazione”.

Da manuale. Specie se si pensa che proprio in questi giorni è stato assegnato il nobel per la pace a Liu Xiaobo – “un’oscenità”, ha commentato Pechino. Sulla Stampa.it leggo che Xiaobo è un dissidente cinese condannato a 11 anni per istigazione alla sovversione dei poteri dello Stato in virtù della sua “partecipazione alla stesura di Carta08, un documento che chiede la fine del regime a partito unico e l’instaurazione di un sistema pienamente democratico in Cina”.

D’altronde, chi non desidererebbe vivere in un mondo di democrazia e libertà, animato dalla coesione sociale e dalla condivisione? In Cina, forse, a qualcuno basterebbe anche  soltanto poter dire la sua, di tanto in tanto. L’Italia, invece, ci rassicurano abbia il vento della libertà d’espressione  e del pluralismo sempre in poppa.

Peccato per due fastidiosi dettagli.

Su uno sembrerebbe che ci stiamo lavorando. Il digital divide è un ritardo non solo tecnologico, ma culturale economico e sociale, che nessun Paese moderno può permettersi, e che anche l’Italia prima o poi dovrà colmare (oggi il 12% della popolazione italiana è digital divisa, pari a circa 7 milioni di cittadini).

Dovrei rallegrarmi perché, trascinato da link aggregatori e motori di ricerca, mi trovo a leggere che Tiscali annuncia dal portale di casa di aver siglato un accordo con “ZTE, leader mondiale nella fornitura di apparati di telecomunicazioni e soluzioni di rete … finalizzato ad accelerare la diffusione della banda ultra larga in Italia, a partire dallo sviluppo di una rete Fiber to the Home in Sardegna”. Soru commenta: “Il nostro Paese non può permettersi la mancanza di un’infrastruttura di rete di nuova generazione e di ritardarne la partenza con discussioni continue. Per questo Tiscali conferma il proprio impegno per raggiungere l’obiettivo ultimo di dotare il nostro Paese di un cuore tecnologico che gli consenta di continuare ad essere annoverato tra le nazioni moderne e civili”.

Leggo, e mi ricordo di aver letto sul Sole24Ore che anche Vodafone ha lanciato un piano per coprire con la banda larga 1.000 comuni, “impegnandosi a partire da gennaio 2011 a coprire almeno un comune al giorno nei prossimi tre anni … privilegiando quelli totalmente privi di accesso in banda larga”.

Il futuro, semplicemente. Un po’ in ritardo, ma pur sempre futuro.

Tuttavia, se un fronte guarda avanti nel tempo, l’altro sembra sospeso in una bolla fuori dal tempo, tanto anacronistico e barbarico.

Infatti è difficile parlare di libertà, pace, banda ultra larga, quando il Legislatore continua testardamente a brandire clave nella forma di disegni di legge che, nel nome del diritto d’autore, vorrebbero paralizzare la Rete impantanandola nella preistoria della società dell’informazione. (Difficile perfino parlare di mafia, visto che anche Provenzano “aveva” un profilo su Facebook).

Oggi è toccato al Senatore Butti spolverare la macchina del tempo dell’azione legislativa. Ecco quanto scrive in merito Guido Scorza su Punto Informatico:

Il Sen. Alessio Butti (PdL) ha presentato al Senato un disegno di legge attraverso il quale intende vietare “l’utilizzo o la riproduzione, in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo, di articoli di attualità pubblicati nelle riviste o nei giornali, allo scopo di trarne profitto” in assenza di un apposito accordo tra chi intenda utilizzarli e le associazioni maggiormente rappresentative degli editori.

E poi osserva:

La principale ragione per la quale il DDL Butti non convince, tuttavia, è rappresentata proprio dalla filosofia che lo anima, filosofia che muove da un radicale ripensamento dell’equilibrio tra libertà di informazione e diritti patrimoniali dell’autore o, meglio, ormai, dell’editore. I firmatari del disegno di legge propongono infatti di posizionare l’asticella di tale equilibrio tutta spostata dalla parte degli editori ai quali, ultimi, toccherebbe la scelta di decidere se, quanto, a quali condizioni e con quali modalità l’informazione possa circolare.

All’indomani dell’eventuale approvazione del disegno di legge, pertanto, potremmo ritrovarci tutti più poveri in termini di libertà ad essere informati ed ad informare, solo per garantire, a pochi, di non diventare meno ricchi.

Per amor proprio, mi astengo dal commentare in alcun modo. Mi solletica, invece, l’idea di provare a ricucire tutto quanto letto stasera, e mi ritrovo risucchiato da un intreccio vorticoso e contraddittorio di Paesi, potenzialità, ambizioni, divieti, castrazioni, nomi e premi:

Un’azienda cinese leader nella fornitura di soluzioni che collegano il mondo, garantendo la circolazione rapidissima di informazioni ed idee, ovvero il principio fondante della candidatura di Internet al nobel per la pace 2011 – candidatura promossa anche dal presidente della Camera Fini.

Paradossalmente, il nobel 2010 è stato assegnato in questi giorni ad un cittadino cinese detenuto e condannato a 11 anni per aver espresso un’idea.

Probabilmente non è un caso che proprio Fini, nel sostenere la candidatura di Internet, abbia parlatao a suo tempo della Cina come di “una dittatura che vuole chiudere la rete”.

È forse una stuzzicante coincidenza, invece, che quasi in concomitanza all’assegnazione del nobel a Liu Xiaobo, a Villa Madama a Roma, alla presenza del presidente Berlusconi e del premier cinese Wen Jiabao, si siglava l’avveniristico accordo tra Soru e Fan Qingfenge, mentre a pochi chilometri di distanza, intanto, a Palazzo Madama il Sen. Butti  presentava il  suo primitivo ddl.

Ma che senso ha costruire autostrade dell’informazione se poi si fanno leggi e si adottano posizioni che impongono di  percorrerle a piedi?

P.S. Ho deliberatamente virgolettato e linkato quanto più possibile, ben oltre il confine dell’inutile. Meglio approfittarne finché si può.

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