CITIZEN JOURNALISM: ARRIVA IL GIORNALISMO A DUE DIMENSIONI?

In un ampio articolo per Poynter Institute, Steve

Outing – giornalista e ricercatore americano (nella foto) – ritiene che sia

maturo il passaggio dal giornale di lettura al giornale di

conversazione. Dal giornalismo a una direzione, che dall’ alto

va verso il basso, al giornalismo bidirezionale, quello a due

direzioni.
Ma la realtà è complessa e un grosso scacco è venuto al Los Angeles Times, che ha dovuto chiudere precipitosamente un grosso esperimento di citizen journalism.


Qualche giorno fa avevamo accennato a importanti novità

editoriali a cui sta lavorando il Los Angeles Times.

Attenzione: non una pubblicazione di gruppi radicali o di

movimento, ma uno dei principali quotidiani della West Coast

aveva lanciato un esperimento di grosso rilievo: pubblicare online dei cosiddetti

‘wikitoriali’, cioè editoriali giornalistici scritti o

riscritti dai lettori.

Ma, come annuncia Vittorio Zambardino ( Usa: il Citizen Journalism fa i conti col primo scivolone ), è stato ”un doloroso fallimento”: il LAT ha deciso di interrompere bruscamente l’ esperimento ”che doveva segnare il decollo del Citizen Journalism***. Dopo pochi giorni, all’interno dello spazio destinato ad ospitare commenti lunghi fino a mille parole (quindi testi abbastanza estesi) sono apparsi immagini porno. E la scelta dei responsabili del giornale – aggiunge Zambardino – a quel punto è stata obbligata”.

Questa del LAT era una delle forme estreme del citizen

journalism, uno di quei ‘’concetti bollenti’’ che –

racconta Steve Outing, giornalista e ricercatore del

Poynter institute – ‘’stanno ronzando in

questi giorni nell’ industria giornalistica’’.

Il fronte in ebollizione tocca anche la Francia, dove in

questi giorni – come ci annuncia Fds-blog (il

blog di Fogli di stile) – è nato Agoravox.fr . Si

tratta di ‘’uno dei primi siti d’ informazione in Europa

basato sul modello del giornalismo partecipativo, secondo cui,

scrive Fogli di stile , ‘’ogni

cittadino è in grado di identificare le notizie e di proporle.

Agoravox ha un ‘Comité de rédaction’ che fa da filtro e cura

la pubblicazione sul web, e quasi 200 collaboratori che

inviano articoli, fotografie e video. Gli utenti possono

commentare liberamente le notizie e partecipare attivamente

all’approfondimento o precisazione delle stesse’’.

‘’Tutto il mondo dei media guarda con un misto di speranza

e apprensione al citizen journalism già sperimentato

localmente e globalmente in diversi modi – ricostruisce sull’

Espresso

Alessandro Zilioli (Tv, blog, giornalismo:

rivoluzione in corso/ Nasce in America la prima tv fatta dagli

spettatori. E inizia la nuova era della

comunicazione) – riferendosi all’ esperienza di

Current Tv – . Si tratta evidentemente di una cosa

diversa rispetto ai blog intesi come diari personali il cui

titolare metteva le foto della fidanzata o il video delle

vacanze. Il citizen journalism è invece «una componente

inevitabile e desiderabile del giornalismo tout court del

futuro», spiega Steve Outing, giornalista americano e autore

del saggio “Newspapers and New Media”. Secondo Outing, «la

comunicazione del futuro assumerà sempre di più l’aspetto di

una conversazione tra pari, mentre oggi somiglia alla predica

di uno (il broadcaster) di fronte a un pubblico inerte (i

telespettatori)». Il modello di conversazione orizzontale,

secondo Outing, aiuterà il giornalismo tradizionale ( sia tv

che cartaceo) «a perdere in arroganza e riguadagnare in

credibilità», finendo quindi per giovare agli stessi

giornalisti “classici”, purché sappiano ridefinirsi nella

nuova realtà’’.

’’La visione di Steve Outing – sottolinea Zilioli – ha trovato

un inaspettato sostenitore in uno dei più importanti (e

conservatori) padroni della comunicazione, Rupert Murdoch. Il

quale, parlando un paio di settimane fa a un congresso degli

editori americani, ha lasciato la platea attonita

pronosticando una rivoluzione copernicana nei rapporti tra

giornalisti e utenti perché questi ultimi «non vogliono più

essere controllati dai media ma vogliono diventarne i

controllori». Questa rivoluzione, ha specificato Murdoch, può

avvenire soltanto attraverso l’apertura a Internet – blog in

testa – ed è l’unica strada per il rilancio dell’editoria a

livello planetario’’.

Ma oltre alle analisi di carattere generale da Steve Outing è

venuto recentemente ( qui ) – anche un grosso sforzo di

analisi concreta del ruolo del cosiddetto citizen-journalism.

Si tratta di ‘’The 11 Layers of Citizen Journalism. A

resource guide to help you figure out how to put this industry

trend to work for you and your newsroom’’, un lungo

articolo pubblicato su Poynter.org.

Articolo che Lsdi ha tradotto e propone qui di seguito.

Steve Outing dunque ritiene che sia maturo il passaggio dalla

lettura alla conversazione. E dal giornalismo che dall’ alto

va verso il basso al giornalismo realmente interattivo,

bidirezionale, quello a due direzioni. E

passa in rassegna quello che già c’ è e quello che si potrebbe

inventare sotto l’ ombrello del citizen journalism.

Per esempio, recensioni e necrologi in progress; cogestione

dei processi redazionali; database di esperti-lettori da far

intervenire su singoli argomenti; spazi editoriale da affidare

in maniera del tutto autonoma ai cittadini-giornalisti. Senza

trimore di esagerare, Outing parla anche di rivoluzione, nel

senso marxiano del termine, come nel caso del

BlufftonToday , che ha deciso, racconta, di

‘’capovolgere a testa in su il modello tradizionale di

giornale cittadino’’, facendo in modo che siano gli interventi

dei cittadini sul web a guidare il contenuto dell’ edizione a

stampa. Capito? Potrebbero i cittadini a stabilire l’ agenda

e le priorità del giornale.

Lo scenario descritto da Outing vede anche l’ ipotesi – per

ora inesistente – di una integrazione sotto lo stesso tetto di

giornalismo professionale e citizen journalism. Un giornalismo

che diventa complementare e aggiuntivo – anzi, integrato – al

giornalismo professionale.

E’ il modello – scrive Outing – ‘’che forse si avvicina di

più a quello che avevano immaginato pionieri del c-j come Jeff

Jarvis o Dan Gillmor’’.

Ecco: la notizia diventa conversazione e non è più soltanto

una lettura. Mentre ‘’il giornalismo professionale e i

componenti delle comunità cittadine condividono lo spazio

dell’ informazione online, a beneficio dei lettori’’.

Fino ad arrivare al wiki journalism. L’

esempio più noto è il sito di WikiNews – un ramo

della famosa Wikipedia, l’ enciclopedia orizzontale

continuamente in progress – che consente a chiunque di

scrivere e di ‘postare’ un articolo o una notizia e a

chiunque di riscrivere qualsiasi storia sia stata pubblicata.

E’ una concezione sperimentale che si basa sulla teoria

secondo la quale la conoscenza e l‘ intelligenza collettive

possono produrre una informazione credibile ed

equilibrata.

Arriveremo all’ era del post-giornalismo?

‘’Per spingerci oltre ci vorrebbe un certo coraggio –

conclude Outing – e un cambio di mentalità. Significherebbe

allontanarci molto dal campo dell’ interazione

giornalista-lettore, arrivando a una perdita di controllo

senza precedenti del prodotto editoriale’’.

Ma, al di là di questo rischio – astratto -, l’ entusiasmo un po’ illuministico di molti cultori delle nuovre frontiere del giornalismo tramite il web rischiano di dimenticare lo scarto fra aspirazioni e realtà.
”La sintesi tra rete e giornalismo – commenta Zambardino – è senz’altro possibile e da perseguire, ma non è questo il terreno sul quale va costruita”.

La questione è complessa, perché internet – prosegue Zambardino – è la tecnologia più mentale e allo stesso tempo emotiva che esista e non cessa di produrre questa illusione di realtà. Ma è altrettanto vero che essa non è né un mercato né un “luogo”, non c’è un posto da qualche parte del mondo che si chiama internet, come esiste Disneyland. E gli strumenti del software hanno un senso solo se svolgono una funzione reale per chi li usa.

Al contrario c’è un intero movimento sociologico e letterario che su questa illusione prospera da anni. Basti un nome per tutti, quello di Howard Rheingold, autore di The Virtual Community e di Smart Mobs. Si tratta di una sociologia al confine con la favolistica, persa appunto nell’idea della dimensione parallela di internet e addirittura alla ricerca di leggi specifiche del suo sviluppo. E’ su questo equivoco che la carica dei dilettanti e delle anime belle mette in scena il suo furore antimediale. Giungendo ad ignorare che un mezzo che tratta con la vita, la privacy, il lavoro e i sentimenti delle persone non può affidarsi alla chiacchiera di massa”.

Leggendo Outing però si capisce che parte dell’ editoria Usa sul citizen journalism ci sta scommettendo, anche parecchi soldi.E lo conferma il LAT: l’ esperimento andrà avanti, anche se verrà introdotto un programma filtro, che consentirà di valutare i contributi prima della loro pubblicazione, conservando quindi lo ‘’spirito’’ dell’ iniziativa.

(p. r.)

– – – – –

*** Come traduciamo citizen journalism? Giornalismo

interattivo, giornalismo integrato, giornalismo orizzontale,

giornalismo partecipativo, giornalismo dal basso, di comunità,

ecc.? Forse nessuna di queste definizione ‘’copre’’

interamente il concetto e quindi preferiamo – almeno per ora –

lasciarlo in inglese. Mentre, ecco, possiamo parlare

tranquillamente di cittadino giornalista .

– – – – – – – – – – –

LE 11 FORME DEL CITIZEN JOURNALISM

di Steve Outing
(15 giugno 2005)

(Chi è interessato ad approfondire l’ analisi che Outing

fa dei vari tipi di siti di citizen journalism può partire da

qui . L’ articolo originale consente di

ricostruire un quadro analitico molto ampio ed aggiornato

della situazione negli Usa e riporta anche una vasta serie di

fonti Usa per chi volesse allargare ulteriormente lo

sguardo, ndr).

Citizen journalism. E’ uno dei concetti

bollenti che ronzano in questi giorni nell’ industria

giornalistica. Molti manager dell’ informazione stanno

probabilmente pensando a come sviluppare qualche iniziativa di

citizen journalism; un numero piccolo ma crescente di loro lo

hanno già fatto.

Ma c’ è parecchia confusione in giro. Che cos’ è esattamente

il citizen journalism? E’ qualcosa di realmente essenziale per

la crescita delle imprese giornalistiche?

Nelle mie conversazioni e scambi di idee con direttori e

capiredattori, ho avvertito parecchia confusione sul concetto.

In alcuni posti c’ è entusiasmo per la sperimentazione – si

tratta bene o male della possibilità, per la prima volta, di

una vera partecipazione alla costruzione dei media

giornalistici. Ma soprattutto ho osservato preoccupazione o un

pesante scetticismo.

Questo articolo punta ad aiutare editori e direttori a capire

cosa è il citizen journalism, come esso possa essere

incorporato nei loro siti web e quale ruolo possa avere nel

sistema tradizionale dei media. Guarderemo come le strutture

redazionali possano utilizzare il citizen journalism, e

cominceremo ad analizzarlo nei vari livelli disponibili. Il

c-j non è un concetto semplice che possa essere applicato

universalmente da ogni struttura giornalistica. E’ molto più

complesso, con varie possibili variazioni.

Cominciamo quindi ad esplorare le varie possibilità, prima

tastando l’ acqua con le punte dei piedi e poi finendo al

coinvolgimento di tutta la struttura giornalistica. Cominciamo

piano per arrivare fino ad abbracciare la visione del c-j il

più radicalmente possibile.

1) Il primo passo: aprire ai commenti dei

lettori

Per qualche editore incerto se concedere a chiunque di

pubblicare sotto la sua testata, la possibilità per i lettori

di lasciare sul web dei commenti agli articoli pubblicati può

essere un punto di partenza. A questo semplice livello lo

spazio per i commenti offre l’ opportunità ai lettori di

reagire, criticare, chiedere, o aggiungere qualcosa a quanto è

stato pubblicato dal giornalista professionista. Se guardiamo

ai siti web giornalistici che consentono di utilizzare lo

spazio per i commenti (e nel momento in cui scriviamo si

tratta di una piccola minoranza di tutti i siti di

informazione) si può notare un ventaglio di reazioni nei

commenti agli articoli. Ma quasi ovunque si tratta di commenti

che si aggiungono a quanto è stato pubblicato. Di solito i

lettori usano questi commenti per rilevare qualche elemento

che il giornalista aveva dimenticato, oppure per aggiungere

qualche nuova informazione che il giornalista non conosceva.

Questi interventi dei lettori possono arricchire e migliorare

l’ articolo.

Ma quali contenuti dovranno essere aperti ai commenti dei

lettori? I blog tradizionali includono per natura i commenti

dei lettori (sebbene alcuni dei blog indipendenti più popolari

lo evitino) e quindi non c’ è problema. Alcuni siti – incluso

questo, Poynter Ondine, – consentono i commenti dei lettori ad

ogni articolo. Chi fa questo è già sulla buona strada verso l’

esperienza del c-j.

Ma perché non andare oltre? Perché per esempio non pensare ai

commenti dei lettori come si pensa tradizionalmente agli

auguri di compleanno, ai necrologi, insomma a tutto quello che

chiamiamo piccoli annunci? Pensateci: perché una lettera al

direttore da parte di un lettore dovrebbe finire lì? Perché

non fare in modo che si apra una conversazione online? La

possibilità di commentare anche gli annunci di concerti o

spettacoli può attrarre verso il giornale persone che hanno

già visto precedentemente il musicista o l’ artista (fornendo

così un interessante e utilissimo servizio pubblico). I

commenti ai necrologi possono raccogliere i ricordi delle

persone che hanno conosciuto il deceduto. E così via.

Ancora: commenti sui piccoli annunci – soprattutto quelli

nelle categorie in cui il venditore non paga per l’ inserzione

– possono essere un interessante esercizio e un servizio

pubblico potenzialmente utile.

Solo qualche parola di attenzione: qualche sito web ha avuto

dei problemi per dei commenti sgradevoli da parte di qualche

lettore. Questo può essere parzialmente evitato chiedendo

agli utenti di registrarsi nel sito e di fornire nome ed

indirizzo e-mail prima di essere ammessi a ‘postare’ i

commenti e stabilendo un sistema che renda semplice per gli

utenti del sito cancellare i commenti spiacevoli o

inopportuni.

Non voglio tracciare un quadro roseo. Come hanno imparato i

siti giornalistici online, bisogna controllare quello che la

gente ‘posta’. La chiave può essere capire che aprire ai

commenti dei lettori richiede vigilanza, anche se il numero di

problemi a cui si va incontro dovrebbero essere esigui.

Ancora molti editori sembrano riluttanti a fare questo primo

passo nel c-j. Anche The Nordest Voice, un sito web e

giornale di c-j che fa capo a The Bakersfield

Californian , di cui parleremo nei successivi livelli,

non consente di lasciare commenti.

Un rapporto bidirezionale è

una necessità assoluta del c-j, anche se sembra restare

una minaccia per molta gente del giornalismo e dell’ editoria

professionale.

2 – Secondo passo: un cittadino accanto al giornalista


Un altro passo avanti è sollecitare contributi di cittadini a

supporto di servizi fatti da giornalisti professionali. E’

qualcosa di più che aggiungere un link per i ‘’commenti dei

lettori’’. Intendo invece dire che raccogli vicende

selezionate, informazioni tempestive ed esperienze da parte di

cittadini lettori e li aggiungi alla storia principale per

arricchirla.

Un esempio: una serie di danneggiamenti ad automobili

parcheggiate nei pressi della stazione ferroviaria. Il

cronista scrive un pezzetto sul problema, identificando alcuni

dei luoghi degli atti vandalici. Come servizio d’appoggio alla

storia tradizionale, i pendolari vengono invitati a ‘postare’

la propria esperienza in relazione all’ auto danneggiata e a

includere delle foto.

Questo sistema coinvolge le vittime o i testimoni che

contribuiscono a fornire informazioni e notizie per diverso

tempo (fino a quando il colpevole viene catturato e la storia

si spegne). L’ informazione da parte del pubblico serve anche

come allarme per tutti gli altri pendolari che hanno avuto

problemi analoghi nel parcheggi vicini. Le informazioni

provenienti dal pubblico potrebbero anche essere inserite

dalla redazione in una sorta di mappa delle notizie di nera

relative a singole vicende, utilizzando resoconti e foto delle

vittime stesse.

Naturalmente, anche questa strada richiede vigilanza.

Immaginate per esempio se uno pubblica una notizia e una foto

di qualcuno che sembra stia spaccando una macchina e che il

sospetto sia identificabile. Se quella persona è un innocente

automobilista che sta infilando le chiavi nell’ auto… Bene,

potete immaginare che bella citazione per danni …)

Molte vicende (anche se certamente non tutte) potrebbero

trarre un vantaggio da questo trattamento. Una storia, per

esempio, di ciclisti che vengono molestati da motociclisti può

essere l’ ideale per sollecitare l’ intervento dei lettori.

Un tale approccio ai contributi dei cittadini certo non è

qualcosa che puoi seguire in qualsiasi vicenda giornalistica,

ma, quando è possibile, è un buon modo per offrire alla

cittadinanza una copertura migliore e più approfondita di

quanto sia possibile fare con un solo reporter professionale.

Quindi pensate a qualche storia che può ricevere un beneficio

dal trattamento ‘’citizen add-on’’.

3) – Ora cominciamo a fare sul serio: la cronaca

open-source

Se volete salire un altro gradino della scala verso il c-j,

pensate ora a quello che a volte viene definito come

giornalismo ‘’open-source’’ o giornalismo integrato. Si tratta

di un’altra di quelle tecniche che potrete usare quando le

caratteristiche della storia lo permetteranno.

Il termine generalmente viene utilizzato facendo riferimento a

una collaborazione fra un giornalista professionale e i suoi

lettori in un servizio in cui ai lettori che sono a conoscenza

della materia viene chiesto di contribuire con la loro

esperienza, vengono loro poste delle domande che consentano di

indirizzare chi scrive, oppure viene chiesto anche di fare una

inchiesta vera, che verrà poi inclusa nel prodotto

giornalistico finale.

Ci sono vari approcci che un cronista può utilizzare rimanendo

in questo settore. Uno potrebbe essere far sapere in giro che

state lavorando su una certa storia e che cercate delle

persone che vi possano aiutare. Un esempio potrebbe essere

avere in programma una intervista con qualche personaggio

politico o culturale importante. Fate sapere che vorreste

andare a questa intervista con una serie di domande segnalate

dai lettori. Scegliete le migliori, aggiungete del vostro e

poi fate l’ intervista.

Un altro passo: distribuite uno bozza del vostro articolo,

prima della pubblicazione ‘’ufficiale’’, ai lettori che vi

hanno aiutato, raccogliendo i feed-back per ‘’perfezionare’’

l’ articolo prima che esso raggiunga tutti i lettori. I

giornalisti che pubblicano su siti web o su blog possono farlo

pubblicando una bozza on line , raccogliendo i contributi del

pubblico e poi pubblicando la versione definitiva sul web così

come verrebbe fatto in una edizione a stampa.

Una tecnica può prevedere l’ aggiunta di note pop-up nella

storia che sottolineino le idee del lettore; il pop-up

potrebbe comparire quando il mouse del lettore web tocca una

parola o una frase chiave.

Una forma più avanzata di cronaca open-source prevede la

collaborazione fra giornalista e lettori. Essa potrebbe

prendere la forma di chiedere che i lettori con conoscenze e

implicazioni nella vicenda facciano un articolo, che poi verrà

incorporato nel servizio finale. Il pagamento per il lavoro

dei lettori potrà avvenire alla pubblicazione dell’ articolo

oppure per contanti.

Si può (forse) inserire in questa categoria di c-j il ‘’panel

dei lettori’’. Alcuni giornali hanno sviluppato dei database

di lettori volontari che vogliono essere intervistati dai

giornalisti. Quando un giornalista ha bisogno di persone da

intervistare per un servizio, può cercare nel database quelli

con le caratteristiche adatte e contattarli. Oppure i membri

del gruppo dei lettori possono essere utilizzati in qualcuno

dei modi descritti qui sotto.

4) – La bloghouse dei cittadini

Il blogging nacque come un fenomeno universale (e ora,

infatti, tutti hanno un blog) ma anche molti giornalisti

professionali vi hanno fatto ricorso. Ma era soprattutto per

in non giornalisti che era rimasta una terra promessa, visto

che forniva, in fondo, un grande potere: uno strumento

gratuito di pubblicazione che consente di arricchire il mondo

con le loro storie e i loro pensieri.

Una importante strada per coinvolgere i cittadini in

un sito web giornalistico è semplicemente invitarli a

‘’bloggare’’ per esso. Un gran numero di siti giornalistici lo

fanno e alcuni blog di cittadini vengono letti con un

consistente interesse.

Un doppio approccio per i blog dei lettori sui siti web

giornalistici.

– Il primo consiste nell’ invitare semplicemente chiunque sia

interessato a mettere su un blog, offrendo un servizio di blog

hosting. Si può così trovare lunghi elenchi di bloggers divisi

per categorie. E dalla pagina principale del servizio hosting

ci si può collegare ai vari blog, man mano che essi vengono

realizzati. Oppure un sito editoriale può osservare i post via

via pubblicati e scegliere i migliori da segnalare nella

propria pagina sui blog. Un altro approccio interessante può

essere creare un aggregatore : una sorta di Uber-blog che

presenta via via gli ultimissimi post prelevandoli dai vari

blog, continuamente aggiornati.

La vostra comunità potrebbe inoltre avere un sito web che

aggrega i blog locali e in ogni caso ci sono varie altre

opportunità di partnership da esplorare.

– L’ altro modello è fare una selezione, invitando le persone

che voi ritenete interessanti ad aprire un blog sotto la

vostra testata/brand. Questo potrebbe significare individuare

anche lettori che hanno dei blog indipendenti e incoraggiarli

a trasferirsi sul vostro sito web giornalistico, eventualmente

con degli incentivi, come hosting gratuito, promesse di

promozioni per accrescere l’ audience e la visibilità del loro

blog, o, anche, piccoli compensi in soldi. Oppure accettare

collaborazioni dai bloggers, spiegando che voi scegliete il

meglio di quello che loro scrivono e lo pubblicate sul vostro

sito, al limite pagandoli con un po’ di soldi.

Se scegliete l’ approccio selettivo, potete valutare quale

campo quei blog possono coprire. La strategia migliore sarebbe

quella di avere una rete di blog individuali che completano il

lavoro della redazione. Se il vostro giornale ha per esempio

una redazione sportiva piccola, i blogger appassionati di

sport minori, ad esempio, possono riempire il vuoto,

assicurando che anche specialità come il calcio femminile avrà

una certa copertura. Se, ancora, la vostra struttura

redazionale non ce la fa a coprire bene il settore animali

domestici, cercate un veterinario della zona o un allevatore

di animali a cui potrebbe far piacere avviare un blog.

Qualche parola di cautela, comunque, ci vuole: essendo

sostanzialmente dei volontari, non si può fare affidamento sui

bloggers per coprire fatti rilevanti o che richiedono un

impegno prolungato. La grande maggioranza dei siti web che

hanno usato i bloggers come cronisti possono dirvi che i blog

tendono ad essere poco aggiornati. Si parte forte, poi la

frequenza dei post diminuisce, fino alla completa inattività.
Pagare i bloggers – al limite sotto forma di premi o di

benefit – potrà servire ad alleviare il problema.

5) – Operazione trasparenza redazionale (attraverso i

blog)

Uno specifico tipo di blog merita di essere inserito in questa

categoria. Esso ruota sulla nozione di ‘’trasparenza

redazionale’’, ovvero sulla condivisione del processo

editoriale fra redattori e lettori o spettatori. Questo

implica invitare i lettori a pubblicare critiche, giudizi

negativi o consigli sul modo di gestione dell’ informazione.

Un gruppo di lettori può essere rafforzato con l’ uso di un

blog pubblico aperto che possa servire come un ombudsman dei

cittadini, offrendo per esempio dei commenti pubblici sul

processo di gestione dell’ informazione.

Una forma più leggera può essere il blog della direzione –

scritto in genere da un dirigente giornalistico per spiegare i

meccanismi redazionali e le radici delle decisioni che vengono

prese via via – con commenti dei lettori, in modo che la

direzione abbia un dialogo pubblico con i suoi lettori.

6) – Un sito specifico per il c-j

Bene, ora stiamo cominciando ad andare in profondità. Il

prossimo passo comporta la realizzazione di un sito web

giornalistico a parte per i lettori, separato dal grosso della

struttura informativo della testata. Si tratta di costruire un

sito che sia prodotto interamente o quasi con i contributi

della comunità.

La maggior parte del siti puntano sulle notizie locali, molto

locali. I cittadini collaboratori possono mandare quello che

vogliono, da una notizia sulla partitella dei figli a un’

osservazione sull’ andamento dell’ ultima riunione del

consiglio comunale, da una opinione su una recente proposta di

legge a un resoconto di qualche liceale sul suo primo ballo

studentesco. Il direttore del sito fa soprattutto un lavoro

di controllo e di messa a punto dei contributi per conservare

un certo grado di dignità editoriale dei contenuti che vengono

messi sotto l’ala della testata e del brand editoriale.

Anche le foto sono un grosso richiamo per questi siti. I

lettori possono mandare scatti di animali, automobili,

vacanze, feste di promozioni dei bambini…

Se pensate che tutto questo sia di scarso interesse, forse

avete ragione. Ma questo non significa che non si tratti di

una buona idea. Certo, questo comporta che i direttori di

questi siti debbano insegnare alla comunità dei

lettori-collaboratori come si fa a scrivere e che cosa sia più

importante condividere con i loro concittadini. Questo può

significare individuare e reclutare i leader della comunità,

oppure gli organizzatori, e quindi pianificare come la gente

possa contribuire al sito. Può voler dire guidare questo

coinvolgimento attraverso, per esempio, la promozione di

eventi di cui i partecipanti possano scattare foto, inviarle e

descrivere la loro esperienza. E così via.

Foto di

una festa locale su un sito di c-j

Anche in questo modello, certo, i responsabili dei siti devono

svolgono un ruolo redazionale, assicurando che i contenuti

assicurino un minimo livello qualitativo.

L’ altra cosa essenziale con questi siti è creare delle

home-page e delle sezioni che possano raccogliere il meglio

della copertura c-j. Fino a quando un buon numero di argomenti

non riesca a stimolare una discreta audience, una pagina che

elenchi semplicemente tutto quello che la gente ha trasmesso

in ordine di data può incuriosire solo quanto può farlo un

comunicato stampa. Comunque, anche se i direttori di questi

siti stanno lavorando bene per reclutare ed educare

cittadini-giornalisti, questo forse non basterà per riempire

una pagina che richiami visitatori.

Un vantaggio di siti come questo è che i cittadini possono

coprire questioni e fatti che i media principali ignorano. Se

tu, come componente di una comunità, pensi che i tuoi amici

dovrebbero sapere anche una cosa che la stampa certamente

ignorerebbe, in questo modo potresti diffondere notizie che

non hanno un livello tale da finire sugli schermi delle tv

locali o nazionali. I cittadini avrebbero lo stesso una via

per diffondere grosse storie che i canali dei media locali

stanno tenendo lontane. Ti lamenti dell’ informazione locale?

Aggirala.

7 – Un sito autonomo di c-j

Questo modello è identico a quello precedente, tranne per il

fatto che quello che il cittadino scrive va in pagina

direttamente: compresi anche errori e sciocchezze.
Con questo modello di sito autonomo di c-j, è importante

salvaguardarsi contro eventuali contenuti impropri che possano

essere ‘postati’. Sarebbe necessario che il responsabile del

sito riveda il materiale postato prima possibile, non appena

esso sia stato pubblicato autonomamente: ma si tratta di una

cosa impraticabile dal momento che dovrebbe stare a

controllare il sito 24 ore su 24.

Un modello più pratico sarebbe inserire un pulsante

‘’Attenzione errore’’ su ciascun servizio o fotografia

pubblicata direttamente. Il lettore può cliccare sul pulsante

quando nota qualcosa che non torna e il messaggio viene

inviato direttamente al responsabile del sito in maniera che

qualcuno possa darci un’ occhiata e fare quello che bisogna

fare. Oppure si potrebbe pensare a un piccolo allarme che

viene mandato automaticamente al redattore se il pulsante

‘’errore’’ viene cliccato da almeno tre persone: una

salvaguardia che può essere utile nel cuore della notte.
Ma perché il responsabile di un sito giornalistico dovrebbe

tenere le mani lontane e non aggiustare prima gli eventuali

errori? Per prima cosa perché questo approccio è più nello

spirito del c-j – lasciarli fare quello che loro sono

(aspiranti scrittori, componenti di gruppi, ecc.), piuttosto

che cercare di far diventare ogni cittadino un

minigiornalista. Insomma un sito che sia più di comunità e

meno ‘’giornalistico’’.

8. Aggiungere una edizione stampata

Per questo modello prendere i numero 6 e 7 e aggiungere ad

essi una edizione a stampa. Diversi giornali ci hanno provato,

usando una edizione a stampa distribuita gratuitamente una

volta alla settimana come un inserto del tradizionale

quotidiano o settimanale, oppure come un autonomo prodotto

stampato distribuito porta a porta e/o consegnato dagli

strilloni e sistemato nei box per la distribuzione gratuita.
Il contenuto di questa edizione speciale a stampa è costituito

in genere dai servizi migliori inviati al sito di c-j. E può

essere suddiviso come si fa di solito con i giornali

tradizionali: matrimoni, necrologi, affari, sport, opinioni,

persone, servizi speciali, alimentazione, ecc. Servizi

fotografici – in particolare le foto migliori delle persone

che hanno partecipato a un determinato evento, per esempio –

possono in particolare essere un richiamo notevole di questa

edizione a stampa.

Gran parte dei siti di questo tipo – anche quelli che

decidono di non pubblicare servizi che non siano già andati

on-line – hanno bisogno di un minimo di editing prima che si

proceda alla stampa. L’ edizione stampata apparirà più

credibile se verranno evitati errori e si utilizzerà un

linguaggio grammaticalmente corretto. Ma i redattori dell’

edizione stampata comunque dovrebbero evitare di togliere ai

lavori qell’ aroma di materiale fresco e fornito dai

cittadini; limitando l’ editing al minimo indispensabile.

Un avviso a stampa potrebbe richiamare possibili collaboratori

di rilievo a impegnarsi a svolgere il ruolo di redattori

volontari: leader di gruppi giovanili o religiosi, allenatori,

uomini politici, ecc. In particolare nei momenti di lancio di

determinate iniziative di c-j, la prospettiva di poter

collaborare come redattori volontari a un giornale potrebbe

essere più seducente che scrivere su un sito web ancora

oscuro.

Alla fine comunque l’ edizione a stampa di questo tipo può

essere una fonte di reddito primaria per quelle testate che si

avventurano nel c-j. Le tariffe pubblicitarie sono di solito

significativamente più basse che sul giornale stesso o sul suo

sito web: così la combinazione stampa/online può sembrare più

abbordabile per i piccoli inserzionisti che non ce la

farebbero invece a pagare la pubblicità sul giornale.

C’ è tuttavia una scuola di pensiero secondo cui la presenza

di una edizione stampata come parte di una iniziativa

editoriale di c-j sia una cosa un po’ ‘’retrograda’’. L’

edizione stampata aggiunge dei costi significativi che non

possono essere sottovalutati e, altro argomento, stampare può

finire per non catturare quello che c’ è di più interessante

sul fronte del c-j dal momento che non si tratta di uno

strumento interattivo, di un medium a due direzioni come l’

on-line.

9. Un ibrido: Pro + citizen journalism

Il passo successivo consiste nel creare una nuova struttura

che combini il c-j col giornalismo professionale. Il sito

coreano OhmyNews è l’ esempio migliore di questo

approccio. Il giornale ha reclutato finora qualcosa come

38.000 cittadini-reporter, che inviano gli articoli per la

revisione allo staff editoriale. Parallelamente anche un

piccolo team di giornalisti professionisti produce servizi e

articoli per il sito. Il lavoro dei cittadini rappresenta

quasi il 70% dei contenuti del sito, e i redattori

professionisti creano il resto, ma l’ enfasi cade soprattutto

sulla produzione non professionale.


Naturalmente non tutti i materiali inviati dai c-j vengono

accettati per la pubblicazione su OhmyNews. E alcuni dei

collaboratori che inviano prodotti di qualità vengono

compensati con delle somme (modeste) per gli articoli o le

fotografie. Si tratta di un approccio diverso da quello

utilizzato dalla gran parte dei siti di c-j Usa, che raramente

pagano per i materiali inviati. OhmyNews tratta i

cittadini-reporter come se fossero dei giornalisti (anche se

si tratta di compensi bassi).

Questo sistema sembra essere potenzialmente fonte di guadagni

interessanti. OhmyNews, che è nato cinque anni fa, sostiene

di aver ricavato circa 400.000 dollari Usa nel 2004, due terzi

dei quali dalla pubblicità. Nata come una azienda mediatica

coreana, la società ha creato una edizione internazionale e

recluta cittadini collaboratori in ogni parte del mondo. E’

possibile che OhmyNews rappresenti un nuovo tipo di struttura

giornalistica che farà concorrenza alle tradizionali testate

di soli professionisti.

Anche BlufftonToday.com, un sito web della Carolina

del sud (Usa) che fa capo al colosso mediatico Morris

Communications, rappresenta un misto di giornalismo

professionale e di c-j. Il sito è prevalentemente fatto da

materiali di cittadini – molti dei quali inseriti in blog o

foto-album (dei blog fotografici, ndr) – e i membri di una

comunità parlano l’ uno con l’ altro, ma ci sono anche

articoli prodotti dalla redazione.

Al sito web si aggiunge l’ edizione quotidiana a stampa del

Bluffton Today (ed è per questo che lo ho inserito anche sotto

il punto 8), il principale giornale di una cittadina –

Bluffton – di 1.600 abitanti. L’ edizione è a 32 pagine e

viene distribuita gratuitamente nelle case. L’ edizione a

stampa è fatta dai giornalisti, ma include anche degli

articoli di cittadini collaboratori e l’ intento è di far

crescere il contributo di questi ultimi.

Il sito è interessante perché i loro creatori hanno deciso di

‘’rigirare sulla sua testa il modello tradizionale di giornale

cittadino’’, facendo in modo che siano gli interventi dei

cittadini sul web a guidare il contenuto dell’ edizione a

stampa. E’ l’ esempio di una piccola città la cui principale

‘’fabbrica di informazioni’’ offre una copertura delle notizie

in parte professionale e in parte di c-j. Potrebbe essere

questo il futuro dell’ informazione delle piccole città.

10. Prof e citizen journalism integrati sotto uno

stesso tetto

Ora invece entriamo nel mondo della teoria, visto che finora

ho trovato sempre qualcosa di esistente nei singoli settori.
Immaginiamo quindi un sito web realizzato sia da giornalisti

professionali che da articoli ‘postati’ direttamente da

cittadini. Si tratta di un quadro leggermente diverso da

quello del numero 9, perché su ciascuna pagina ci sarà un

misto di giornalismo professionale (pagato) e di materiale

(gratuito) di cittadini-collaboratori – regolarmente indicato

in modo che il lettore sappia cosa sta leggendo – piuttosto

che la tradizionale pubblicazione dei contenuti dei cittadini

di un settore diverso da quelli realizzati dai giornalisti

professionisti. OhmyNews e Bluffton Today si stanno

avvicinando a questa situazione, così come il News &Record

di Greensboro.

Qualche esempio:

Una sezione ‘’lifestyles” potrebbe avere gli articoli

tradizionali e accanto un servizio su qualche evento cittadino

scritto da uno dei partecipanti.
Una sezione ‘’cucina e alimentazione’’, con resoconti fatti da

critici gastronomici ma anche impressioni e articoli di

clienti sugli quegli stessi o su altri locali. Una piccola

redazione di settore potrebbe inserire i due tipi di articoli

nella stessa sezione.
Un resoconto dal Comune scritto dal giornalista che segue l’

amministrazione cittadina potrebbe essere accompagnato da

riflessioni e opinioni di cittadini sulle decisioni prese,

ecc.

La chiave di questo lavoro è nell’ etichetta dei rispettivi

articoli. ‘’Di Gianni Rossi, redattore’’ e ‘’di Luigi Bianchi,

cittadino giornalista’’ segnerebbero la differenza fra i due

tipi di autori. Il primo potrebbe offrire un certo livello di

credibilità in quanto si tratta di un articolo di un

giornalista professionista. Il servizio di Bianchi può essere

ugualmente buono e credibile, ma il lettore deve capire che il

giornale non lo accredita allo stesso modo – e deve quindi

fare maggiore attenzione a quello che legge.

E’ questa visione di un c-j che diventa complementare e

aggiuntivo al giornalismo professionale che è tanto attraente.

Almeno in teoria. Poche strutture giornalistiche hanno l’

organico tale da poter coprire tutte le vicende a cui sono

interessati i propri lettori, ma facendo ricorso alle (poche)

risorse della cittadinanza una testata può in teoria coprire

anche l’ agonismo a livello dei dilettanti o i gruppi di

ambito parrocchiale, così come può allargare la copertura dei

principali problemi con più voci e più prospettive.

Questo è il modello che forse si avvicina di più a quello che

avevano immaginato pionieri del c-j come Jeff Jarvis o Dan

Gillmor : Quando la notizia diventa conversazione e

non è più soltanto una lettura. E’ il giornalismo

professionale e i componenti delle comunità cittadine che

condividono lo spazio dell’ informazione ondine, a beneficio

dei lettori.

In questi primi giorni di vita del c-j – specialmente negli

Usa – gli editori sembrano un po’ì innervositi da questa

contaminazione di contenuti prof e c-j. Sembrano più orientati

ancora a tenere oltre il muro i contributi dei cittadini,

come se pensassero che questi potrebbero contaminare il lavoro

dei professionisti. Ma penso che questo atteggiamento presto

cadrà e che questo approccio complementare avvicinerà

maggiormente il giornalismo professionale al c-j – a

vantaggio, in ultima analisi, dei lettori.

11. Il Wiki-giornalismo: dove i lettori sono redattori

Infine, nella categoria conclusioni, arrivano le Wiki-notizie.

L’ esempio più noto è il sito
di WikiNews – un ramo della famosa Wikipedia, la

enciclopedia pubblica – che consente a chiunque di scrivere e

di ‘postare’ un articolo o una notizia e a chiunque di

riscrivere qualsiasi storia sia stata pubblicata. E’ una

concezione sperimentale che si basa sulla teoria secondo la

quale la conoscenza e l‘ intelligenza collettive possono

produrre una informazione credibile ed equilibrata.


E’ ancora difficile dire se WikiNews funzionerà, ma il modello

wiki sembra si sia ben affermato con Wikipedia. L’

enciclopedia online è ora al top delle fonti di informazione

sul web e le sue schede sono in massima parte accurate e

utili. Wikinews invece sembra per ora un servizio meno

attraente.

Le strutture redazionali tradizionali non sembrano per ora

particolarmente interessate da WikiNews, ma il concetto wiki

può essere utile in certe condizioni. Per esempio un

necrologio può funzionare come un wiki. Un componente della

famiglia può scrivere l’ articolo iniziale, a cui poi gli

amici e altri familiari possono aggiungere ricordi, foto, ecc.
La paura più grande che i direttori hanno del sistema wiki è

che la gente lo possa usare in maniera sbagliata. Ciò è

effettivamente possibile, ma l’ esperienza di Wikipedia sembra

indicare che può benissimo non accadere: e in Wikipedia non è

avvenuto. Nel caso di un necrologio, è chiaro che un membro

della famiglia monitori attentamente quello che la gente

aggiunge, rimuovendo tutto quello che gli sembra scorretto.

I siti web giornalistici potrebbero per esempio cominciare a

sperimentare questo sistema con l’ informazione di servizio

piuttosto che con le notizie. Una guida della città che sia

parte di un sito web d’ informazione, per esempio, può essere

fatta benissimo da lettori che la seguono fin dall’ inizio e

la integrano a mano a mano. Backference.com , un network di

siti web di c-j, utilizza il concetto wiki nella sua sezione

di Guide cittadine.

Per spingerci oltre col c-j ci vorrebbe un certo coraggio – e

un cambio di mentalità. Significherebbe allontanarci molto dal

campo dell’ interazione giornalista-lettore, consentendo una

perdita di controllo senza precedenti del prodotto editoriale.

Steve Outing