Ukraina: appello dei giornalisti di Kiev

Chiesto un intervento delle associazioni internazionali dei giornalisti per garantire la libertà  di lavoro.
di Stefano Marcelli* QUEL GRIDO MUTO DALLA PIAZZA DI KIEV

Stamani,aprendo l’e-mail ho trovato un appello drammatico della Information Society of Ucraine.

Un appello da colleghi a colleghi perchè le associazioni internazionali dei giornalisti intervengano per garantire la libertà di lavoro in quel Paese dove ancora una volta un popolo si gioca pacificamente in piazza il proprio diritto alla libertà. Ho letto quell’appello e ho sentito un brivido percorrermi la schiena. E’ una sensazione antica che si va facendo viva sempre più spesso nei tempi recenti.

Quegli appelli di colleghi che denunciano il bavaglio e la fredda lama della censura che taglia il fiato e impedisce perfino di urlare il dolore a chi è schiacciato dalla violenza e dall’ingiustizia.

Sono grida mute e disperate che chi tende l’orecchio sullo scenario internazionale dei media deve ascoltare sempre più spesso anche nel cuore della nostra Europa.

In queste settimane,mentre a Kiev si giocava lo scontro tra l’uomo di Putin e il suo avversario che speriamo porti davvero libertà  e giustizia. Tre giornali sono stati chiusi Silski Visti,Den e Yuzhnaya Prava), di un quarto (Panorama) sono state sequestrate le copie. I conduttori dell’emittente 1+1 si sono rifiutati di presentare i servizi sulle elezioni perchè censurati troppo violentemente e i giornalisti delle emittenti Inter e UT1 hanno scioperato e manifestato assieme alla folla arancione chiedendo libertà. In Ucraina è stato applicato ai media il famigerato ‘temniki’, il regolamento governativo per l’estensione dei servizi.

Ma le associazioni internazionali e l’Unione Europea chiedono ancora con forza verità  e giustizia sull’omicidio di ghij Gondadze, l’editore del sito Ukrainska Prava,ucciso e decapitato il 6 settembre del 2000.Gondadze aveva raccolto un appello per la libertà  d’espressione firmato da sessanta giornalisti e intellettuali ucraini e lo aveva portato negli Usa, proprio alla vigilia della visita ufficiale in quel Paese del Presidente Leonid Kuchma che oggi sostiene Victor Yushchenko.Per mesi la Procura ha negato persino il riconoscimento del cadavere effettuato dalla vedova. Gorazde aveva dichiarato prima di essere assassinato di essere seguito da uomini dei servizi segreti.

Dal 2000,anno di insediamento di Vladimir Putin al Cremino,sono quasi venti i giornalisti assassinati nella Federazione Russa. Per nessuno di questi,nonostante le proteste dell’Unione Europea e delle associazioni internazionali dei giornalisti, è stato identificato un colpevole.

Ma gli omicidi sono solo il caso limite dell’aggressione di mafia e governi contro i giornalisti. Prima vengono minacce,chiusure di giornali,attentati alle redazioni e perfino avvelenamenti. Come è accaduto alla nota collega di Anna Politkoskavskaia ,avvelenata sull’ aereo con cui tentava di raggiungere Beslan dopo l’attentato nella scuola compiuto dai terroristi ceceni. Colpa della collega? Aver denunciato i misfatti dell’esercito russo e la totale censura operata verso i giornalisti sulla guerra in Cecenia.

Dovremmo anche ricordare un nostro coraggioso collega, l’inviato di Radioradicale Antonio Russo, massacrato il 16 ottobre del 2000 nei pressi di Tblisi.

Tutto questo Informazione Senza Frontiere lo aveva denunciato nel proprio rapporto dello scorso anno sulla Federazione Russa, presentato al Parlamento Europeo. Ma nemmeno questo Bisogna attenua quel pesante senso di colpa che ci prende verso quelle centinaia di colleghi che rischiano la vita per fare il proprio lavoro a pochi chilometri da noi e che in qualche modo abbiamo abbandonato.

Bisogna dunque raccogliere quel grido muto che viene oggi da Kiev. Uniamo le nostre voci a quelle che oggi salda quella piazza per chiedere libertà. Faccio appello ai colleghi impegnati nei resoconti dall’Ucraina perchè parlino della censura dei media e portino questo appello anche sugli schermi e sulle pagine dei nostri giornali. Invito le forze politiche a promuovere un nuovo intervento dell’Unione Europea verso il Cremlino a tutela dei colleghi e del loro lavoro nella azione Russa.

Faccio un ultimo appello per noi tutti a non chiuderci nei nostri ambiti locali e dimenticare il resto del mondo.

In questo mondo globale quando qualcuno nega un diritto ferisce tutti. Quel grido muto che mi ha risvegliato stamani aveva qualcosa di familiare. Era come un vecchio incubo che ora non riesco a scacciare dal fondo dell’anima.

Oggi ho comprato una sciarpa arancione. Cerco una piazza dove gridare anche per quei colleghi muti.

*Segr.generale di isf