<%@LANGUAGE="VBSCRIPT"%> <% Dim Repeat1__numRows Dim Repeat1__index Repeat1__numRows = 8 Repeat1__index = 0 Recordset1_numRows = Recordset1_numRows + Repeat1__numRows %> LSDI: Dossier
home pagechi siamocerca

Blog giornalismi possibili

Uomini e fatti
Mediacritica
Censura
gIORNALI & pERIODICI
rADIO & tV
Televisione
iNTERNET
fOTOGIORNALISMO
Giornalisti e Giornalismi
bLOG
dICONO dI nOI
pubblicità
documentazione
Formazione
Deontologia & Leggi
Libri

appuntamenti


dossier
SEZIONE
AGGIORNATA

La paradossale rigidità della flessibilità selvaggia

Il giornalismo tra ventate di ottimismo e incertezze continue

Seymour Hersh, oltre lo scandalo


Siti utili
Edicole nel mondo

Italia

Internazionali

Stati Uniti

Federazione Nazionale Stampa Italiana

Dossier:

Cinque anarchici del sud.
Una storia degli anni Settanta

Angelo Casile, uno dei cinque anarchici rimasti uccisi, che protesta contro quel mondo così difficile da combattere

Capitolo 5
Controcultura e controinformazione

 

«Vogliamo che le idee
diventino pericolose».

Internazionale Situazionista

Mondo Beat, Hippies, Situazionisti, Movimento studentesco, Potere operaio, Lotta continua, Maoisti, Consiliari, Anarchici, Autonomi…Dietro tutte queste definizioni, la vita di migliaia, di centinaia di migliaia di individui in due decenni che hanno scavato fino alle fondamenta i pilastri apparentemente immutabili della società italiana. Dopo questa enorme e profonda esperienza collettiva, niente può essere considerato uguale a prima.

Per ridimensionare questa grande ondata rivoluzionaria e creativa, politica ed esistenziale, c’è voluto (e per la prima volta nella storia del dopoguerra)la grande alleanza di tutto il sistema dei partiti, l’uso di tutti i corpi militari, una modifica radicale dello “stato di diritto”, la trasformazione della magistratura in braccio secolare del potere politico e degli interessi della borghesia industriale (e non).

 

È necessario, nel percorsoche mi sono proposta di compiere nel corso di questo lavoro attraverso i controversi anni tra il ‘67 e il ’70, soffermarmi a questo punto sullo scenario culturaledel periodo.

Non è possibile infatti descrivere quegli anni senza approfondire, oltre che le vicende storiche e sociali, anche quelle legate alla cultura, flusso intellettuale multiforme, che si lega alle correnti politiche e di pensiero e con le quali stabilisce un rapporto di osmosi.

L’interesse per la politica, che diventa poi il motore principale dei movimenti più tipicamente giovanili nati in questi anni, è parte all’inizio di una riflessione più complessa, che coinvolge nuovi modi di essere e di fare: e tra questi, l’espressione culturale.

In questo capitolo cercherò pertanto di delineare i tratti essenziali di due temi centrali che caratterizzarono la produzione culturale europea di quegli anni intrecciandosi con i fermenti culturali e legandosi con le esigenze di rinnovamento: la controcultura e la controinformazione.

Per controcultura intendiamo tutte le correnti di pensiero, artistiche, culturali che si manifestarono in forma nuova in tutta Europa presentandosi come momento di rottura rispetto alla tradizione. Nel concreto sitrattò di un flusso assolutamente poliedrico di idee, musica, letteratura e quant’altro che si proponeva su un piano alternativo rispetto alla cultura “istituzionale”. Dalla beat generation di Ferlinghetti e Ginsberg a Woodstock, dai beat all’underground, l’intera Europa e l’America furono attraversate da un’ondata di rinnovamento, che si intrecciava e si sovrapponeva atemi sociali e politici di rilevanza internazionale, quali ad esempio l’antimilitarismo e l’obiezione di coscienza negli anni della guerra in Vietnam.

La controcultura interessò tutte le aree di produzione culturale: dalla musica alla letteratura, dall’arte allo spettacolo.

In questa sede peròlimiterò l’analisi ai movimenti più strettamente politici e sociali, e traccerò una descrizione di due correnti di pensiero che ebbero legami e influenza con il movimento anarchico: i provos olandesi e il movimento situazionista.

 

Un aspetto strettamente legato alla controcultura, o forse direttamente una sua derivazione, è la controinformazione. In questi anni nasce una doppia esigenza nei movimenti: da una lato, comunicare attraverso media alternativi alla stampa tradizionale; dall’altra, “smascherare” l’informazione istituzionale che indirizza l’opinione pubblica. Le strategie di controinformazione rispondono a questi due obiettivi, incanalando le esigenze informative con strumenti diversi, più flessibili, meno costosi ma soprattutto più vicina ai propri target, e sviluppando una vera e propria strategia di contro-stampa tesa a far conoscere tutte quelle notizie che non avevano diritto di cittadinanza nei media nazionali.

È l’epoca delle controinchieste, nelle quali i giornalisti della sinistra extra-parlamentare sono in prima linea nella ricerca della verità. Il processo Valpreda, la morte di Pinelli, l’arresto e l’incriminazione in tutta Italia di numerosi esponenti del movimento libertario sono episodi che spingonoi gruppianarchici ad impegnarsi in prima linea nelle strategie di controinformazione con una scelta che, a lungo termine, si rivelerà vincente per tutta la sinistra.

 

5.1La controcultura

A metà anni Sessanta si fa strada un nuovo soggetto che desta sicuramente preoccupazione nell’ordinamento sociale di un’Italia ancora molto provinciale e tradizionalista, dove esistono ampie sacche da cui attingere manodopera (zone rurali, il Meridione) per le grandi industrie concentrate al Nord, nel triangolo economico di Torino,Milano e Genova. Un’Italia che esce da un dopoguerra disastroso e dalla ricostruzione, che accelera nell’abbandono dei campi per concentrarsi nelle città, a vivere un vorticoso aumento di produttività e quindi di consumi. Il nuovo soggetto sociale sono i giovani, figli di operai cottimisti che abitano quartieri appositamente creati per loro ai margini delle città, ma anche figli della borghesia più o meno illuminata. A differenza dei loro padri loro hanno studiato e risentono dell’influenza di ciò che sta avvenendo nella società: le nuove istanze arrivano soprattutto dall’America e dall’Inghilterra con la Beat-Generation, o dall’Olanda con i Provos. Contestano l’autorità, quella del padre padrone, della scuola, della gerarchia ecclesiastica, quella statale emilitare.

Sono pacifisti e non violenti, aborriscono ogni guerra, vogliono un mondo senza armi e la pace universale, lottano per abolire tutti i confini(…). Sono per la Libertà: quella di pensare diversamente e fuori dalle convenzioni o dalle tradizioni e comunque fuori da tutti gli schemi precostituiti; quella di vestire come gli pare e di portare i capelli lunghi; sono per la libera unione senza matrimonio, per la libertà sessuale e la pillola anticoncezionale.

In Europa si sviluppa a partire dalla fine degli anni Sessanta una dimensione di sensibilità, di idee, di comportamenti individuali e collettivi, di vicende e azioni, di movimenti a cui di volta in volta si è dato il nome di “cultura giovanile”, “underground”, “controcultura”, “sottocultura”, “rivoluzione culturale”. Questo filo unisce fenomeni di avanguardia culturali e le rivolte delle bande giovanili degli anni Cinquanta fino ai movimenti che contestano in tutti i Paesi le stesse fondamenta culturali dei rapporti personali, familiari e istituzionali.

La specificità caratterizzante della rivolta controculturale sta nel fatto che l’oggetto del mutamento non è visto al di fuori dell’uomo in strutture politiche o sociali, nelle redistribuzioni di bene o di potere, ma è innanzitutto individuato all’interno della persona. L’obiettivo di ogni trasformazione è l’”Io”: è il processo di liberazione individuale che precede e condiziona ogni altra dimensione sociale e collettiva.

Tutto questo si intreccia con le istanze del movimento libertario, inteso dai suoi giovani aderenti non più come rigida prassi da applicare, ma come un nuovo approccio alla realtà.

Secondo Gorge Woodcock l’Anarchia è

insieme varia e mutevole, e nella prospettiva storica presenta l’aspetto non di un corso d’acqua che si diriga, sempre più gonfio, verso il mare che rappresenta la sua destinazione ultima,…ma piuttosto di acqua che scorra attraverso un terreno poroso, e qui formi per qualche tempo una forte corrente sotterranea, là si raccolga a mulinello in una pozza, sgoccioli giù per i crepacci, scompaia alla vista, riemerga là dove le si apre una strada attraverso le crepe della struttura sociale. Come dottrina,cambia continuamente; come movimento cresce e si disintegra, in fluttuazione costante, ma non scompare mai del tutto.

 

Tra le correnti europee che ebbero rilevanza alla fine degli anni Sessanta e che instaurarono legami con il pensiero anarchico, esercitando una importante influenza sui gruppi italiani ci sono i provos olandesi e il movimento situazionista di matrice francese.

 

5.2I provos

Per tutti i paesi occidentali gli anni Cinquanta sono stati un periodo di tranquillità sociale, di normalizzazione politica dopo le speranze del dopoguerra e di stabilizzazione di un equilibrio economico. Su questo nuovo sfondo sociale si svilupparono contraddizioni e conflitti direttamente relazionati al livello di benessere complessivo raggiunto da ciascun Paese, maggiori dove era stato realizzato un alto grado di benessere, minore dove sussistevano ancora condizioni arretrate.

In Olanda si verificò più marcatamente e in anticipo rispetto agli altri Paesi europei il passaggio dalla fase di un generico stato d’animo di rivolta a quella di movimento specifico giovanile dotato di una propria fisionomia. Lo Stato olandese degli anni Sessanta appariva come diviso in due parti: da un lato, uno Stato ordinato, industrioso, pianificato come pochi altri in Europa, con un livello di razionalizzazione esteso a tutto il Paese comprese le zone rurali; dall’altro, la permanenza di residui tradizionali di quei valori rigidi che per secoli hanno governato il Paese.

La reazione a questo stato di cose trovò la sua espressione nei provos che apparvero intorno al 1965 mettendo in questione proprio l’assetto stratificato della società olandese. La denominazione di provo, da provocazione, venne appunto data a quel tipo di raggruppamenti di giovani che lanciavano slogan, realizzavano azioni simboliche di provocazione e davano vita a manifestazioni di contestazione dei caratteri oppressivi della società. Il 12 luglio 1965 fu pubblicato il primo numero della rivista «Provo», subito sequestrata; a quello seguirono nel corso di due anni, fino al marzo 1967, 15 numeri del giornale che raggiunse in alcuni momenti una diffusione di 25.000 copie.

I provos interpretano la loro rivolta come reazione al degrado della piccola borghesia. Non credono alla rivoluzione proletaria in Olanda dal momento che borghesia e proletariato si sono amalgamati. Dunque «Provo» non è un movimento ma un “cabaret”, non esiste organizzazione né è rappresentato alcun gruppo: si incontrano nei luoghi più disparati, nelle cantine e in un vecchio teatro in rovina: chi è interessato propone ed esegue le azioni, chi è disposto scrive articoli, incontra i ministri, tiene discussioni sulla decentralizzazione, e sul concetto di gerarchia. I contatti con il movimento anarchico, all’epoca quasi inesistente ad Amsterdam, vengono allacciati attraverso alcuni vecchi esponenti e viene fatto un lavoro di propaganda attraverso la diffusione della stampa libertaria: il ricavato servirà a stampare il primo manifesto Provo in Olanda.

Tra le iniziative provo più caratterizzanti che tentavano di superare le stesse attività di pura dissacrazione furonoi cosiddetti piani bianchi, con cui il gruppo intendeva offrire delle proposte alternative ai valori e alle strutture esistenti. Le biciclette verniciate di bianco e lasciate a disposizione dei cittadini erano il contraltare alla proprietà privata e al consumismo automobilistico; il piano bianco per le donne doveva portare all’apertura di uffici di consulenza e informazione sessualeper il controllo delle nascite, mentre le residenze delle autorità venivano verniciate del colore-simbolo come pure bianchi erano gli oggetti lanciati contro il consolato americano per protesta versola guerra in Vietnam.

Tra i progetti dei provos c’è anche la creazione di una “banca anarchica” che faceva circolare dei buoni garantiti non dall’oro ma «dalla venuta di San Nicola».

«Volentieri vorremmo cambiare la società- dichiarò il maggiore portavoce provo Bernard de Vries- ma non ne abbiamo la forza. Possiamo solo provocare una discussione di un’ampiezza senza precedenti…».

A distanza di anni Roel van Duijn, uno dei più importanti reduci provo, dichiara:

«A livello ideologico facevamo riferimento all’Anarchia. Ma chi poteva capire tutto questo allora?...L’Anarchia la intendevamo come una specie di democrazia da attuare nella vita di tutti i giorni. Non doveva più esserci chi dava ordini e chi ubbidiva, bensì una società nuova, in cui l’uomo avrebbe potuto ritrovare la sua capacità creative e ludiche».

Di fronte cioè all’impossibilità di attuare qualsiasi processo rivoluzionario, l’unica possibilità che si offriva a gruppi che intendevano modificare lo status quo era provocare un dibattito.

La semplicità e la creatività dell’azione provo crearono rapidamente le condizioni per la diffusione del movimento e dei suoi metodi in un primo tempo in Olanda, poi in Belgio, e infine in molte città europee, da Parigi a Londra, da Francoforte a Bruxelles.

Nel Natale 1966 viene organizzato un incontro europeo dei giovani anarchici a cui partecipano alcuni rappresentanti dei provos olandesi. Il convegno si tiene a Milano nei giorni 24-25-26-27 dicembre. Le quattro giornate sono dedicate alle relazioni dei diversi gruppi sulla situazione dei Paesi e dei movimenti, alla discussione sui provos, ai problemi organizzativi, all’azione antimilitarista. Viene tracciato un panorama dello stato del movimento anarchico da parte di tutti i gruppi.

Il 13 maggio 1967 la folla variopinta dei provos si riunì al parco Vondel di Amsterdam per dibattere sullo scioglimento del movimento, considerato che in due anni erano state messe in discussione alcune fondamenta della società del benessere in città olandesi ma che l’attività non si era spinta più oltre. Alla fine di quella riunione ogni singolo gruppo prese strade diverse, dei provos in quanto movimento specifico non si parlò più e la rivista di Amsterdam non fu più pubblicata.

 

5.3La Provo/cazione arriva in Italia

A Milano i rapporti tra giovani anarchici e movimento di contestazione globale si intrecciano molto presto, tanto che il primo numero, ciclostilato, di «Mondo Beat» viene composto e stampato da Giuseppe Pinelli nel circolo anarchico «Sacco e Vanzetti». Nel corso del 1967, sempre in questa stessa sede, vengono ciclostilati diversi numeri di «Provo».

Gli interventi si intensificano tra il 1966 e il 1967 e hanno come epicentro Milano e Roma.

A Milano soprattutto, l’intervento Provo sembra confondersi con quello specifico degli anarchici: tutta la stampa Provo riproduce, di fianco ai simboli della pace, della non-violenza e alla storica mela bucata del movimento olandese, anche la A racchiusa in un cerchio.

A Roma è il gruppo «Alba Nuova» della FAGI che comincia un lavoro di ricucitura tra i diversi gruppi della federazione, incitandoli perché ogni componente partecipi direttamente alla riorganizzazione del movimento

che come struttura associativa, rivoluzionaria e anarchica non ha alcun senso se non è corpo vivo, al quale ognuno dia il suo vitale contributo.

Massificare tutto, non lasciare alcuno spazio all’individuo e al gruppo quale naturale e libera forma associativa in cui ciascuno possa esplicare la propria personalità, genera la ribellione spontanea degli individui, specialmente giovani non ancora completamente legati e inseriti nella società produttiva…Il beatnikismo e i Provos sono il fenomeno nuovo, specie sotto l’aspetto formale, di questa ribellione spontanea contro la società così com’è, cercando tra loro un rapporto umano basato su valori diversi da quelli della società costituita: solidarietà, libertà sessuale, abolizione della proprietà privata…Risulta allora la possibilità di un intervento libertario a questo livello che è di contestazione totale e negazione del sistema in forma spontanea, pur se lo Stato possiede tutti i mezzi e risorse tali da poter mettere in difficoltà un intervento organizzato e libertario. Da qui la convinzione che la lotta si prepara e le difficoltà si superano solo attuando la solidarietà, mantenendo i contatti, organizzandosi e rafforzando il movimento.

Nonostante le affinità tra la FAGI e la nuova generazione contestatrice, diverse sono le critiche rivolte ai Provos e ai Beat, soprattutto da parte dei vecchi anarchici; la più frequente è quella di essere carenti di un programma ideologico.

Il settimanale anarchico «Umanità Nova» dedicherà per molti mesi, tra il 1967 e il 1968, una rubricaal movimento olandese chiamata «Provo Notizie», nella quale sono riportate le informazioni che giungono dall’Olanda sulle Provo/cazioni messe in atto. Il logo della rubrica rappresenta un sacerdote che benedice un missile.

 

5. 4L’Internazionale Situazionista

Con l’apparire della rivista «S» si diffonde anche in Italia la corrente situazionista, inizialmente legata a movimenti di avanguardia artistiche e letterarie come il surrealismo e il dadaismo.

In realtà l’Internazionale Situazionista era stata creata in Italia a Cosio d’Arroscia (Cuneo) nel 1957; il documento programmatico è scritto da Guy Debord, che diventerà uno dei principali riferimenti dell’Is, ed è centrato

sulla necessità di «costruire situazioni» all’interno delle quali operare in una prima fase il superamento dell’arte per poi porsi in termini più complessivi nei confronti della critica del vissuto quotidiano.

 

L’azione dei membri dell’Is era di tipo teorico: al centro vi era l’agitazione delle idee e la diffusione e analisi di ipotesi di mutamento nella società contemporanea. Essi si posero come un ristrettissimo gruppo che affidava allo scritto il risultato delle proprie riflessioni secondo i metodi di una vera e propria “società del pensiero”. Il contributo dei situazionisti si è esplicato soprattutto nell’applicazione di un pensiero di origine marxista alla critica della vita quotidiana e della società basate sul consumo.

Il maggiore impegno dei situazionisti si è indirizzato verso l’individuazione delle forme di opposizione e alienazione del mondo capitalista. Il mondo del consumo ha preso il posto del mondo della produzione ed è esso che regola tutto il sistema capitalista, detta le leggi, produce quella logica della merce che ostacola la costruzione di una vita libera. L’uomo non vive più, ma è immerso nella rappresentazione della propria vita: la società contemporanea è la società dello spettacolo e il suo rifiuto non può avvenire che in modo globale

 

La corrente situazionista italiana dopo la nascita della rivista «S» è presente nel corso delle agitazioni del ’68 e partecipa al più vasto movimento sociale e studentesco. Soprattutto nel corso del 1969 verranno create delle “situazioni” di intervento locali; a Genova durante l’autunno caldo viene pubblicato «Il bollettino di informazione», che successivamente verrà trasformato in «Ludd» e poi in «Ludd- Consigli proletari».

Un tentativo di recupero in Italia della corrente situazionista verrà effettuata dalmovimento del ’77.

 

 

 

 

 

5.5 La controinformazione

 

È chiaro che il primato accordato ai giovani dal settore della produzione culturale può essere individuato ancora una volta nel suo fondamento, il rifiuto del potere e dell’”economia”. Il motivo per cui “intellettuali” e artisti tendono sempre ad allinearsi ai “giovani” nel modo di vestire e in tutto l’aspetto fisico è che, nella rappresentazione come nella realtà, l’opposizione tra il “vecchio” e il “giovane” è omologa a quella tra il potere e la serietà “borghese” da una parte e l’indifferenza al potere o al denaro e il rifiuto “intellettuale” dello “spirito della serietà” dall’altra. La visione “borghese” del mondo, che misura l’età in base al potere o al rapporto corrispondente con il potere, avvalora questa opposizione là dove identifica l’”intellettuale” con il giovane “borghese” in virtù della loro condizione comune di frazioni dominate del gruppo dominante, a cui vengono temporaneamente negati denaro e potere.

 

Il termine controinformazione viene impiegato per designare fenomeni molto diversi ed eterogenei, che ad una analisi più approfondita rivelano pochi elementi in comune oltre ad un generico contenuto di opposizione. Si parla di controinformazione per indicare giornali della sinistra non istituzionale, manifesti murali, teatro di strada e volantini, comizi e canzoni, filmati e fumetti.

Una prima classificazione comprende due tipi distinti di comunicazione: l’informazione alternativa e la controinformazione propriamente detta. Nel primo caso i messaggi tendono ad una riformulazione dei contenuti in maniera differente da quella propria del circuito ufficiale dell’informazione.

La controinformazione opera invece nel momento in cui il messaggio viene ricevuto, per modificare la risposta del destinatario. Essa non è caratterizzata perciò dai suoi contenuti ideologici, quanto piuttosto dal fatto di realizzarsi alle spalle della comunicazione normale. Suo scopo principale è far prendere coscienza ai destinatari dei codici secondo i quali è stato costruito un dato messaggio, dei valori ideologici che tali codici veicolano, delle manipolazioni effettuate dall’emittente per suscitare risposte determinate.

La controinformazione nasce quindi da una duplice esigenza: da un lato, si cerca di realizzare una produzione autonoma di materiale informativo; dall’altra, vi è la denuncia di quello “tradizionale”, attraverso un’opera quasi pedagogica di decodifica dell’informazione pubblicata dalla stampa tradizionale.

 

Tra le produzioni del primo genere, uno spazio speciale è da riservare a «La Strage di Stato», straordinario documento storico, pubblicato nel 1970 e diventato un vero e proprio fenomeno editoriale.

Autore del libro è un gruppo composito, costituito da alcuni militanti dell’Associazione dei Giuristi Democratici di Roma, i quali iniziarono a seguire gli sviluppi della situazione politico-sociale italiana con apprensione dopo la morte del giovane socialista Paolo Rossi nel corso di scontri tra studenti e polizia all’Università di Roma il 27 aprile 1966. Ad essi si aggiunsero qualche giornalista di sinistra e alcuni militanti del «Canzoniere dell’Armadio», un gruppo musicale romano nato nei primi anni Sessanta che aveva svolto un intenso lavoro di animazione culturale.

Per alcuni anni il gruppo informale nato all’interno dell’AGD (che più tardi prenderà il nome di Comitato di Controinformazione) raccoglie notizie, scheda giornali, riviste, fascicoli sui principali esponenti neofascisti.E proprio questo lavoro di investigazione svolto da decine di persone costituisce il vantaggio incolmabile rispetto ad altri testi: più che su notizie già note o pubblicate, sulle quali dovevano basarsi i lavori dei singoli giornalisti, «La Strage di Stato» si avvaleva di una gran mole di dati inediti.

Probabilmente a causa del disorientamento della sinistra ufficiale dopo la strage di piazza Fontana, il Comitato di Controinformazione decise di trasformare i risultati raccolti nei tre anni dell’inchiesta in un libro. L’iniziativa partì da alcuni militanti del Comitato (4 o 5 persone in tutto, fra cui avvocati come Edoardo Di Giovanni o giornalisti come Marco Ligini), che coordinarono il lavoro al quale parteciparono decine di giovani militanti della sinistra extraparlamentare. Rifiutato inizialmente da Feltrinelli, il libro uscì nel giugno 1970 per i tipi della Samonà e Savelli

La fortunafu immediata: le prime 20.000 copieandarono esaurite, e già nel mese di luglio si procedette ad una ristampa di altre 20.000. Nel 1977, dopo cinque ristampe, il libro raggiunse la cifra record di 500.000 copie.

La pubblicazione dell’inchiesta mise in moto tutta una serie di indagini dal basso nelle fabbriche, nelle scuole e nei quartieri sui fascisti locali, i cui nomi venivano poi resi pubblici su giornali e volantini.

 

Questo tipo di comunicazione nasce da un differente modo di fare politica, prima ancora che di fare informazione, come gli interventi diretti porta a porta, le assemblee di caseggiato e di quartiere nelle zone proletarie, e tutti gli altri strumenti di controinformazione di volta in volta necessari a seconda dei diversi interventi politici più adatti.

In questo genere di esperienze rientrano i tentativi analizzati precedentemente di movimenti come la FAGI, di attuare informazione attraverso una azione concreta. Gli anarchici che a Roma organizzavano il doposcuola nelle baraccopoli cercavano un medium più idoneo che altri per instaurare una comunicazione con gli abitanti disagiati.

 

In ogni città italiana (e forse a Milano più di ogni altra)librerie, centri culturali, sedi politiche, bar e trattorie erano la prova dell’esistenza di un mondo separato da e in conflitto con le istituzioni urbane dominanti, un mondo i cui confini spesso erano tracciati dai graffiti.

 

La comunicazione alternativa può avere luogo su qualsiasi canale, non è caratterizzata dall’impiego di uno di essi in particolare, perché è il messaggio che essa propone a determinare nuove condizioni comunicative e quindi in fondo un nuovo medium.

 

5.6Le radici storiche della controinformazione

L’origine storica non è da ricercare nello sviluppo tecnologico, o nelle nuove possibilità fornite dagli strumenti tecnici, quanto piuttosto da un diverso tipo di rapporto politico con le masse. La controinformazione cioènon nasce come risultato di tecnologie più avanzate e perfezionate, ma dall’esigenza dal basso di un’informazione di tipo diverso che richiede anche la creazione di mezzi specifici.

Il problema della controinformazione si pone per la prima volta in Cina, durante la Rivoluzione culturale. Si creano i nuovi media: i tazebao, i grandi pannelli murali di informazione e di critica ideologica, che saranno poi utilizzati dagli studenti in Occidente.

In Occidente la controinformazione trova il suo momento di massimo sviluppo, non a caso, a partire dalle prime rivolte studentesche: i movimenti di contestazione in Germania e l’opposizione giovanile alla guerra in Vietnam in America, fino a trovare le sue forme di espressione più significative nel Maggio francese. Qui per la prima volta si inventano ed utilizzano nuovi strumenti di controinformazione, che vanno dalle scritte sui muri agli spettacoli improvvisati all’Odeon occupato, dai manifesti all’Atelier Populaire a tutti i nuovi giornali, documenti, fumetti alternativi.

In Italia la controinformazione nasce con le prime lotte studentesche contro l’autoritarismo accademico e l’organizzazione burocratica del sapere nell’università. Volendo fissare unadata, possiamo stabilirne la nascita l’8 febbraio 1967, giorno in cui alcuni studenti occuparono l’università di Pisa rimanendovi per 4 giorni, fino allo sgombero da parte della polizia. A questa prima occupazione ne seguirono immediatamente altre in tutti gli atenei italiani; sulla base di queste prime lotte studentesche, si diffondono i primi manifesti e i primi documenti contenenti le tesi su cui poi si svilupperà il Movimento Studentesco negli anni seguenti e che si incentrano innanzitutto sulla lotta contro la struttura classista e gerarchica dell’università, ma che già pongono temi più generali come la democrazia diretta e il collegamento con la classe operaia.

Tra i fenomeni di controinformazione va annoverata la rivista «Quindici» (1967-1969),pensata inizialmente come foglio di intervento eminentemente artistico e letterario, anche se con frequenti prese di posizione politiche.

«Quindici» nel numero 7 del gennaio 1968 pubblica i documenti elaborati dagli studenti torinesi con la riproduzione di alcuni manifesti e vignette. Da quel momento la rivista inizia ad ospitare con sempre maggiore frequenza documenti studenteschi e presentazioni programmatiche dei gruppi extraparlamentari in formazione, e analisi di problemi politici e sindacali.

Tra le radici e i fondamenti storici della controinformazione italiana c’è la riflessione critica condotta da sociologi e studiosi del movimento operaio intorno agli anni Sessanta, la cui elaborazione dà luogo, nel settembre 1961, alla rivista «Quaderni rossi» diretta da Romano Panieri.

«Quaderni rossi» non si definisce nemmeno come “rivista” nel normale significato del termine, ma soprattutto come «uno degli strumenti di un lavoro politico collettivo, che ha aspetti molteplici e si serve di altre forme di intervento più direttamente legate alla situazione operaia, dalle “lettere ai Quaderni rossi” e dai volantini fino ai giornali di fabbrica, e all’inchiesta operaia, che hanno assunto un ruolo determinante nel lavoro di pubblico».

I suoi fondatori, insomma,

ebbero coscienza, anche se non chiarissima, che un certo tipo di comunicazioni non può o non deve necessariamente passare più attraverso la convenzione culturale tradizionale e che, per esempio, la riflessione politica e l’analisi sociologica possono assumere, a seconda delle circostanze, l’aspetto della rivista e dei suoi saggi, ma anche della lettera-pamphlet, del giornaletto, del poligrafato, del volantino, della comunicazione orale. E, questo, proprio per motivata sfiducia nelle forme gerarchiche della comunicazione; persuasi che, per esempio, certe parole, certi modi di un discorso etico o poetico o politico non guadagnano affatto, nel mondo moderno, dalla loro diffusione numericamente crescente, ma anzi da una loro relativa clandestinità.

 

5.7Le principali tipologie di informazione alternativa

In questa sede non analizzerò gli apporti che le singole riviste, i movimenti e le organizzazioni hanno dato allo sviluppo della controinformazione in Italia, né la loro storia. Effettuerò invece una panoramica delle varie tipologie di produzione di controinformazione, proprio perché, in questa particolare forma di comunicazione e di informazione un ruolo centrale è attribuito al mezzo scelto.

5.7.1I giornali di fabbrica

La caratteristica fondamentale dei giornali di fabbrica è quella di essere giornali operai «non solo nel senso che si trattano problemi operai, ma nel senso che vengono fatti direttamente dagli operai», come si legge in «Lavoro zero», bollettino dell’assemblea autonoma di Porto Marghera. La partecipazione diretta avviene per mezzo di articoli, notizie, anche semplici segnalazioni della situazione nelle fabbriche. Questi giornali, espressioni immediate dell’autonomia operaia, nascono dall’esigenza di organizzare e gestire in prima persona le proprie lotte, al di fuori della tutela di partiti, sindacati e degli stessi gruppi, collegandosi in maniera autonoma con le altre avanguardie che portano avanti le medesime iniziative di lotta. Oltre ad informazioni specifiche sulle varie fabbriche, con notizie molto precise, talvolta anche con grafici e tabelle sulle categorie e i minimi contrattuali, essi contengono articoli più generali, quasi sempre legati alla situazione operaia: i sindacati, la nocività, l’assenteismo, l’aumento dei prezzi, i nuovi contratti etc.

A volte si tratta di semplici fogli ciclostilati, altre volte sono veri e propri giornali, più curati nella veste editoriale. In alcuni di essi, oltre agli articoli generali, compaiono fumetti “alternativi” (Paperon de’Paperoni reinterpretato in chiave operaia utilizzando i nomi dei dirigenti dell’Alfa), poesie scritte da operai che narrano la propria storia, interviste, vignette. Il linguaggio è più vicino al parlato e meno astratto e i titoli sono più immediati:

I soldi sono pochi e non si può campà

Dirigenti = vampiri

Sono un assenteista

 

5.7.2 I giornali studenteschi, femminili, underground

Il panorama della controinformazione in Italia è in gran parte costituito dall’attivismo dei gruppi.

Si può ricordare il Comitato dei giornalisti per la libertà di stampa e per la lotta contro la repressione, che pubblica a partire dal 1970 «bcd», bollettino di controinformazione democratica, un ciclostilato con ampie documentazioni su notizie di vario genere (documenti sul Sid, la Dc, stragi di stato, repressione etc.) che non compaiono sulla stampa ufficiale; un altro esempio sono le pubblicazioni a cura di Soccorso Rosso, soprattutto per quanto riguarda il processo Valpreda.

Il Movimento Studentesco milanese pubblica il mensile «Movimento studentesco», molto diffuso soprattutto a Milano, con articoli teorici generali, ma anche informazione politica e culturale. Inoltre la casa editrice del movimento pubblica numerosi testi di politica e cultura e diverse riviste («Internazionalismo proletario», «Diritto allo studio», «Realismo»).

Oltre alle pubblicazioni più direttamente collegate alle organizzazioni politiche c’è la stampa underground, quella femminista e i giornali studenteschi.

In Italia il fenomeno dell’underground giunge con molto ritardo e con caratteristiche meno intense di quelle che lo avevano contraddistinto al suo apparire. La prima rivista italiana è «Pianeta fresco», che risulta però essere molto elitaria. Il periodico che raggiunge maggiore diffusione è «Re Nudo», che nasce nel 1970, su posizioni ideologiche piuttosto confuse, che uniscono le Pantere nere e George Jackson con le tematiche della droga e della rivoluzione sessuale. La rivista ha però il merito indubbio di avere messo in luce l’esistenza di un movimento giovanile con caratteri dissimili dalla condizione studentesca o addirittura da quella militante tipica dei gruppi, ma invece particolarmente attenta e sensibile alle contraddizioni tra vita pubblica e vita privata e alle esigenze di una cultura alternativa, le cui modalità e manifestazioni erano spesso mutuate dalla cultura americana e hippy di importazione. La controcultura della quale si fa voce «Re Nudo» si occuperà soprattutto di musica, organizzando manifestazioni e festival gratuiti. L’intervento musicale risulta essere il più riuscito ed ha il merito indubbio di avere demistificato il populismo del richiamo allacanzone popolare proprio di manifestazioni come il Festival dell’Unità.

Vicino a molti degli aspetti caratterizzanti la cultura underground è anche il più diffuso dei periodici studenteschi, «Il Pane e le Rose», che si pone all’interno delle problematiche della sinistra rivoluzionaria, legandosi con i Cps (Collettivi politici studenteschi). La ricerca per gli studenti di una ridefinizione della propria identità porta a privilegiare i temi del rapporto con la famiglia, della repressione sessuale etc.

Infine si può ricordare «Rosso vivo», mensile di lotta ecologica, che si occupa della degradazione dell’ambiente, e l’attività editoriale di Stampa Alternativa, che pubblica testi nei quali si danno indicazioni pratiche di “vita alternativa”: come e dove mangiare gratis, a chi rivolgersi in caso di malattia o problemi legali senza dover pagare etc.

Sono numerose le pubblicazioni in campo femminista, soprattutto a partire dal 1970; il più celebre e diffuso è «Effe».

Infine l’unica pubblicazione omosessuale italiana è «Fuori» del gruppo Fronte unitario omosessuale rivoluzionario italiano.

 

5.7.3 I volantini

Il volantino è uno dei mezzi più caratteristici dell’informazione alternativa. Si tratta di un semplice foglio ciclostilato che può contenere anche disegni e scritte in stampatello a caratteri più rilevanti. Qualsiasi organizzazione o gruppo, se dispone di un ciclostile, può realizzare un volantino, soprattutto per via dei costi contenuti e della mancanza di autorizzazioni (è sufficiente infatti la dicitura «ciclostilato in proprio», con indirizzo e data). L’esecuzione è semplice ma soprattutto rapida: appena venuti a conoscenza di una notizia è subito possibile, nel giro di poche ore, rispondere con un volantino di controinformazione. Esso ha inoltre la caratteristica di poter arrivare, all’interno di un ambiente o contesto limitato (un quartiere, una fabbrica, una scuola etc.), a tutti gli appartenenti al gruppo in maniera capillare.

Nel volantino ha grande importanza la struttura grafica, il rilievo dei caratteri tipografici, un’argomentazione agile, una immediata efficacia persuasiva.

Si possono distinguere volantini “belli”, che attirano l’attenzione, si leggono facilmente, fanno subito capire l’argomento del discorso, e volantini “brutti”, che purtroppo costituiscono spesso la maggior parte della produzione della sinistra extraparlamentare, che si presentano interamente scritti, spesso a piccoli caratteri e con pochissimo rilievo tipografico, con lunghe analisi teoriche poco adatte ai tempi di rapida lettura che il volantino richiede.

Il contenuto dei volantini è vario: può costituire una denuncia di una notizia particolarmente rilevante, la convocazione di una riunione o di una manifestazione, la mobilitazione per ottenere alcuni obiettivi. Può anche essere di grandi dimensioni, stampato su entrambe le parti e con un discorso più generale e meno circoscritto.

La composizione dei volantini è costante, con un titolo o un’allocuzione iniziale (solitamente l’appellativo “Compagni” o “Operai”), un corpo dimostrativo, che contiene l’argomento centrale, e infine la proposta d’azione che costituisce la parte conclusiva. La funzione linguistica prevalente è quella conativa. A differenza dei volantini dei partiti della sinistra tradizionale, che iniziano con titoli vicini a quelli dei giornali, quelli extraparlamentari utilizzano generalmente slogan e parole d’ordine :

Operai studenti uniti nella lotta

No all’attacco dei padroni

Contro chi ci sfrutta, contro chi ogni giorno ci ruba tutto: sciopero!

 

Michele Cortelazzo, in uno studio sulla lingua dei volantini, sottolinea due caratteristiche come fondamentali dei volantini della sinistra extraparlamentare: la scarsa comprensibilità e la stereotipizzazione linguistica. La difficoltà di lettura deriva principalmente dalla prevalenza di discorsi programmatici e di analisi teoriche , condotte con un linguaggio estremamente tecnico e specialistico (numerosi termini astratti in –ismo: opportunismo, avventurismo, revisionismo, sciovinismo, velleitarismo; o formazioni in –izzazione: fascistizzazione, radicalizzazione, militarizzazione, proletarizzazione etc.). Un’altra caratteristica del linguaggio è la standardizzazione del lessico, che porta all’uso ripetitivo e cristallizzato di espressioni e sintagmi chiave, ormai divenute formule rigidamente fissate.

La stereotipizzazione o gergalizzazione della lingua, insieme alla sua continua e massiccia emissione, è responsabile dell’usura del medium volantino. L’uso di un lessico logoro e ripetitivo rende inefficace questo tipo di comunicazione: i foglietti ridondanti e anonimi diventano indistinti e quindi privi di significato. La parola “logorata” perde ogni capacità informativa. Un processo analogo riguarda anche le espressioni di intensa forza emotiva.

Un termine chiave, dotato di una forte carica connotativi, usato ripetutamente e massicciamente, si sclerotizza, perde la potenza d’urto che aveva all’inizio e allarga notevolmente la sua area semantica, fino a diventare generico o quasi privo di significato.

Infine, il volantino extraparlamentare fa spesso ricorso all’ingiuria, sia quella più prettamente politicache quella ottenuta attraverso l’uso di termini vietati:

Fascista carogna, ritorna nella fogna

La merda dei padroni

Nelle caserme la gente è sempre più incazzata

 

5.7.4 Il bollettino

Nell’ipotesi più elementareuna serie di volantini raccolti insieme possono costituire un bollettino. Esso viene utilizzato soprattutto per la comunicazione interna di gruppi e movimenti, e spedito via posta, soprattutto nei casi in cui i gruppi si trovino geograficamente distanti ma sia necessaria una coordinazione delle azioni, manifestazioni etc. Inoltre, il bollettino diventa sede di dibattito tra gli aderenti, in esso vengono pubblicati materiali di vario genere che possono essere riutilizzati in diverse situazioni dai gruppi.

Anche un giornale può essere fatto con la veste di un bollettino ciclostilato perché in questo modi si evita da parte dei compilatori la registrazione in tribunale.

 

5.7.5 L’altra grafica: scritte murali, manifesti, “tazebao”, riviste satiriche

Con il termine «grafica della controinformazione» si definiscono numerose manifestazioni di tipo diverso, dai manifesti alle scritte murali, dal fotomontaggio al fumetto, dalla vignetta al murales, che hanno in comune la caratteristica di esprimere nuovi contenuti attraverso profonde innovazioni tecnico-formali.

Il primo dei nuovi mezzi è la scritta murale, utilizzata per la prima volta su larga scala nel Maggio francese e poi diffusa con la contestazione studentesca.Essa segna la riappropiazione di uno spazio pubblico, come è per eccellenza la strada, da parte di tutti coloro ai quali è proibito far sentire la propria voce. L’autore non è più il singolo ma la collettività che racconta anonimamente i propri desideri e la propria visione del mondo. I “luoghi” della scritta murale sono quelli stessi della lotta politica, la fabbrica, l’università, le scuole, i quartieri proletari o, per opposizione, i simboli del potere: i tribunali, i monumenti ufficiali etc. Spesso le scritte murali svolgono un’operazione di dissacrazione, sia nei confronti di termini e messaggi propri della pubblicità, sia nei confronti di altre scritte murali, di connotazione politica diversa o opposta.

Le scritte murali si diffusero in breve tempo ovunque: uno studio condotto nel 1969 nella zona della Statale e del Politecnico di Milano ne contò 868 e nei mesi più caldi della rivolta studentesca bisognava sostituire ogni quindici giorni i segnali stradali attorno all’università; nel gennaio 1972 il prefetto di Milano chiese di intervenire contro le scritte sui muri, che secondo i calcoli effettuati dal Comune erano circa trentunomila.

Un altro strumento privilegiato dell’informazione alternativa per la sua immediatezza e capacità espressiva e per la possibilità di rivolgersi ad un ampio pubblico è il manifesto. Realizzato per lo più artigianalmente, il manifesto alternativo rifiuta in genere la ricerca estetica del bel prodotto, identificata con la produzione industriale della pubblicità, preferendo simbolizzazioni elementari e una supremazia della parola scritta, forse anche a causa dell’origine studentesca dei suoi compilatori.

Una forma particolare di manifesto murale utilizzato dalla controinformazione è il tazebao, un grande cartello interamente scritto generalmente a mano, con grossi pennarelli, a carattere stampatello che, nato durante la Rivoluzione culturale cinese dalla esigenza di una partecipazione diretta dalle masse alla vita politica, si è largamente diffuso in Occidente, a partire dalle rivolte studentesche del ’68.

Per quanto riguarda l’uso della grafica all’interno delle pubblicazioni di informazione alternativa, rilevante anche in questo campo è stata l’influenza di quel particolare tipo di critica politica, dissacratoria e vicina all’umorismo nero, esplosa con il Maggio francese, soprattutto dalle pagine de «L’Enragé», in particolare con i disegni e le strisce di Siné e Wolinski.

Fino al 1972/73, quando cominciano a diffondersi anche i modi di una certa grafica underground, l’unico giornale a pubblicare in maniera sistematica vignette, disegni, fotomontaggi e anche collage pubblicitari è «Lotta continua».

 

5.8 «Umanità Nova»

Tra le pubblicazioni di stampa alternativa c’è la pubblicistica anarchica, rappresentata dai suoi due periodici: «Umanità Nova», storico settimanale, e «A» che vede però la luce solo nel 1971.

«Umanità Nova» nasce nell’Italia del primo dopoguerra, dove l’inasprirsi degli scontri sociali lascia spazio anche all’affermazione della pubblicistica anarchica. Esce a Milano nel 1920 come quotidiano, ispirandosi alle formulazioni di Errico Malatesta, e arriva a toccare le 50.000 copie. Non rappresenta l’organo ufficiale dell’Unione anarchica italiana, ma riflette tutte le anime del movimento e ne illustra ampiamenteil dibattito.

Il maggior limite del giornale è però la prospettiva ancora profondamente barricaderae ottocentesca: accanto alle notizie sui temi di impegno internazionale condivisi dai movimenti, appaiono ricostruzioni della vicende storiche della Comune di Parigi e biografie a puntate di Gaetano Bresci; si evoca Malatesta e si intervistano con risalto testimoni dell’opera di Pietro Gori.

Balestrini Moroni, L’orda d’oro, Feltrinelli 1988

 

Dadà, op. cit

 

.

Schirone, Provos, Beat, Beatniks, Pleiners, Nozems, Cavalieri del nulla, “capelloni”: rapporti tra il movimento della contestazione globale e i nuovi anarchici, inedito

Giochetti, Anni sessanta comincia la danza. Giovani, capelloni, studenti ed estremisti negli anni della contestazione, BFS, Pisa 2002

 

Woodcock, L’Anarchia. Storia delle idee e dei movimenti libertari, Feltrinelli 1973

 

 

L’appellativo di provo fu usato per primo da Wonter Buikhuisen che discusse una tesi di sociologia all’Università di Utrecht nel gennaio 1965 su «Fondamenta del comportamento dei giovani che fomentano disordini».

Schirone, op.cit.

In «Bollettino Europeo della Gioventù Anarchica», edizione italiana, ciclostilata a cura del gruppo FAGI

«Prima dei Verdi», intervista a Roel van Duijn in Schirone, op.cit.

 

Un precedente incontro europeo della gioventù anarchica si era già tenuto a Parigi alcuni mesi prima mentre, a Milano, si programma un terzo incontro da tenersi a Bruxelles

Curato da Vittorio Russo e Paolo Gerbino

Il simbolo viene utilizzato pochi anni prima, ma in misura minore, da alcuni gruppi anarchici ed anarcosindacalisti prima in Francia e poi in Italia; i provos ne faranno largo utilizzo e dal Maggio francese in poi sarà universalmente utilizzata.

In Lettera riorganizzativa, gruppo FAGI di Roma, 1 gennaio 1967

In allegato

Sono presenti: il pittore Pinot-Gallizio, Asgen Jorn, Piero Sismondo, Elena Verrone, Walter Olmo del Movimento internazionale per una Bauhaus immaginista, Guy Debord e Michele Bernstein dell’Internazionale lettrista e Rulph Rumney del Comitato psicogeografico di Londra, Gianfranco Sanguinetti, artisti del gruppo Cobra (Copenaghen, Bruxelles, Amsterdam).

Balestrini Moroni, op.cit.

Bourdieu, The Production of Belief; Contribution to an Economy of Symbolic Goods, in “Media, Culture and Society”, 1980

 

Eco-Violi , La controinformazione in Castronovo Tranfaglia, La stampa italiana del neocapitalismo, Laterza 1976

La «nota degli autori» premessa alla prima edizione del libro è firmata da «un gruppo di esponenti della sinistra extraparlamentare»; in realtà non mancarono esponenti del PCI o del PSIUP che collaborarono all’inchiesta.

Questa attenta attività di monitoraggio spiega le straordinarie intuizioni presenti nel libro: ad esempio l’interesse verso Junio Valerio Borghese, all’epoca noto solo alle cronache mondane della capitale; il ruolo chiave, poi accertato dai procedimenti giudiziari, di Mario Merlino; l’individuazione della finanza corsara di Sindona e Marcinkus: La Strage di Stato è la prima pubblicazione italiana che indichi il polo Sindona-Marcinkus come uno dei più pericolosi gruppi del potere occulto del tempo.

Lumley, Dal ’68 agli anni di piombo: studenti e operai nella crisi italiana, Giunti 1998

 

Lumley, op. cit.

 

 

La rivista nasce come espressione dell’attività politico-culturale degli scrittori e critici del Gruppo 63

Eco-Violi, op. cit.

Il lavoro è centrato su un’inchiesta sulla condizione operaia in fabbrica, soprattutto alla Fiat, e ad esso partecipano intellettuali e studiosi che assumeranno un ruolo di primo piano negli anni seguenti, all’interno dei movimenti e dei gruppi: Asor Rosa, Negri, Salvati e altri

Eco -Violi, op. cit.

F. Fortini, Per le origini di «Quaderni Rossi» e «Quaderni piacentini»,«Aut Aut», luglio-ottobre 1974

Tra i quotidiani indipendenti possiamo citare Lotta Continua, Il Manifesto e Il Quotidiano dei Lavoratori. Tra le pubblicazioniè significativo«Potere Operaio» che, dopo il 1963 cessa le pubblicazioni e dà luogo a due filoni: il gruppo che pubblica «Controinformazione», diretta da Nanni Balestrino, e l’esperienza del giornale «Rosso», che per certi versi si avvicina alle pubblicazione underground.

Escluderemo inoltre varie forme di contaminazione di diversi generi, quali ad esempio gli spettacoli teatrali, che pur svolgendo a tutti gli effetti una attività di comunicazione alternativa, sono il risultato piuttosto di un clima culturale segnato dalla tensione e dall’impegno che da una reale esigenza informativa.

Tra questi giornali possiamo ricordare: «Mirafiori Rossa», «3°livello», «Senza padroni», «Direzione operaia».

Eco-Violi, op.cit.

 

 

Si possono inoltre ricordare «Al femminile» e «Donne è bello» del gruppo Anabasi di Milano, «Quarto mondo» del Filf (Fronte italiano liberazione femminile) etc.

 

Eco-Violi, op.cit.

Cortelazzo, Note sulla lingua dei volantini, Versus, n. 10 1975

 

Ad esempio termini come strumentalizzazione, documento, sensibilizzazione, gestione, demistificazione, manipolazione, normalizzazione, autogestione, livello; e i sintagmi: ruolo sociale, oggettiva collocazione, solidarietà militante, iniziativa di lotta, livelli di coscienza, mobilitazione di massa,spazio politico, schieramento di classe, rilancio delle lotte etc.

Cortelazzo, op.cit.

LuccoPesce (a cura di), I muri di Parigi: sui muri di Nanterre, della Sorbonne, dell’Odeon gli slogan della rivolta diMaggio, Marsilio 1968

 

Tiberi, La contestazione murale: una ricerca psico-sociale sul fenomeno contestatario attraverso lo studio di graffiti edi mezzi di comunicazione di massa, Il Mulino 1972

La tendenza non è sempre valida: quando si passa da una produzione locale ad una a più ampia diffusione si ricorre a mezzi grafici più sofisticati, al fotomontaggio e addirittura all’opera di grafici raffinati come nel caso del manifesto di Soccorso rosso sulla strage di stato, disegnato da Crepax

Eco-Violi, op.cit.

Ritorna all'inizio - Vai ala seconda parte

CINQUE ANARCHICI DEL SUD
UNA STORIA DEGLI ANNI SETTANTA

Introduzione

Parte 1

Capitolo 1 Dall’estremo Sud lungo le strade d’Europa

Capitolo 2
La scoperta dell’anarchia

Capitolo 3 L’anarchismo italiano alla ricerca di un nuovo equilibrio

Capitolo 4
L’adesione all’anarchia

Capitolo 5
Controcultura e controinformazione

Parte 2

Capitolo 6
1969:gli scontri di piazza e l’entrata in scena delle bombe

Capitolo 7
La strage di piazza Fontana

Capitolo 8
La rivolta di Reggio Calabria

Capitolo 9
Il deragliamento della “Freccia del Sud”

Capitolo 10
Nella notte di Ferentino

Capitolo 11
Luci e ombre di un incidente

Bibliografia