<%@LANGUAGE="VBSCRIPT"%> <% Dim Repeat1__numRows Dim Repeat1__index Repeat1__numRows = 8 Repeat1__index = 0 Recordset1_numRows = Recordset1_numRows + Repeat1__numRows %> LSDI: Dossier
home pagechi siamocerca
Uomini e fatti
Mediacritica
Censura
gIORNALI & pERIODICI
rADIO & tV
Televisione
iNTERNET
fOTOGIORNALISMO
Giornalisti e Giornalismi
bLOG
dICONO dI nOI
pubblicità
documentazione
Formazione
Deontologia & Leggi
Libri

appuntamenti


dossier
SEZIONE
AGGIORNATA

Dossier Tv: l'anomalia italiana

Dossier free-lance
L'altra metà delle redazioni

Dossier Venezuela


Siti utili
Edicole nel mondo

Italia

Internazionali

Stati Uniti

Federazione Nazionale Stampa Italiana

Poster di Bowling For Columbine

LA MAFIA TRASPARENTE

Analisi e ragioni di un vuoto in prima pagina

di Maria Paola Scaramuzza**

A mafia trasparente, vuoto in prima pagina.

Perché e come agisce questa equazione? E’ l’ interrogativo al centro della tesi di laurea – La mafia trasparente, analisi e ragioni di un vuoto in prima pagina - (Scienze della comunicazione, Università di Padova, relatore Raffaele Fiengo) che Maria Paola Scaramazzadedica all’ analisi di uno di quei casi in cui l’informazione giornalistica, pur con fonti, notizie e personaggi di grande interesse a disposizione, e, soprattutto, di grande peso civile, rinuncia al suo ruolo.

I boss di Cosa Nostra che hanno ucciso Falcone e Borsellino, sono stati ormai presi e incarcerati da un pezzo. Dalle ultime stragi fuori Sicilia (le bombe di Roma, Milano e Firenze), fatti eclatanti - degni di occupare cinque o sei pagine di primo piano nei grandi quotidiani - non ne sono più accaduti, e dopo la morte nel ’93 di don Pino Puglisi, nessuno statista, nessun giudice, nessun personaggio di particolare risonanza si è aggiunto al tragico elenco delle vittime della mafia.

Dunque la mafia, quella che nel ’92 e nel ’93 ci faceva tanta paura, ora non esiste più?

Dentro Cosa nostra e nelle altre organizzazioni malavitose – osserva Maria Paola Scaramazza - si è imparato a tacere e a far prosperare gli affari in silenzio, come si faceva un tempo, quando lo Stato stesso arrivava a negare addirittura la presenza del potere mafioso, favorendo l’ infiltrazione delle sue logiche e dei suoi interessi in tutti i settori della vita collettiva e soffocando la libertà civile dei cittadini attraverso gli intrecci con la politica e l’economia, soprattutto locale.

E il mondo dell’informazione? Nella prima metà del 2004 solo una quindicina di articoli e sette fugaci apparizioni in prima pagina sono state dedicate dal principale quotidiano nazionale ad una mafia che prospera e che pure si è fatta trasparente. Trasparente perché “invisibile”, come scrive Saverio Lodato nel suo libro intervista al procuratore di Palermo Piero Grasso; trasparente perché “legale”, se è vero che i proventi dei crimini ora si reinvestono e si rintracciano nelle normali attività economiche – gli appalti, più proficui delle estorsioni - che sotto gli occhi di tutti comprimono lo sviluppo della Siciliae che fatturano 100 miliardi di euro all’anno, senza che più nessuno, in tv o sui giornali, si scandalizzi (secondo il Censis, nel 2003, per un valore del 2,5% annuo sul Pil isolano).

Nella tesi sono in primo luogo i giornalisti a tentare una ricostruzione delle motivazioni per cui il tema della mafia diventa ‘’invisibile’’ e si stempera in quel micidiale meccanismo di rimozione contagiosa che spinge direttori e vertici di redazione a rischiare. Francesco La Licata della Stampa, Saverio Lodato dell’Unità, Enrico Bellavia di Repubblica, fra gli altri, intervengono nell’analisi di un vuoto che in certe occasioni si è rivelato insostenibile.

Quali notizie escono e quali invece si tacciono, quando accade un fatto di mafia?

Perché la notizia di un sindaco scampato l’anno scorso a un attentato, come Rosario Crocetta a Gela, esce sul Corriere della Sera solo con una breve di mille battute?

Come si parla dei grandi processi politici, e perché gli effetti della cronaca giudiziaria non sono più in grado - o non vogliono più - animare alcun dibattito politico?

Alcuni “fatti silenziosi” – come quelli che ogni giorno martellano le cronache locali siciliane – hanno risvegliato negli ultimi mesi una Tv che dormiva da tempo sui fatti di mafia. Una buona inchiesta (Report, 15 gennaio 2005 - Rai Tre) ha portato alla ribalta nuovamente il senso dell’indagine giornalistica.

Il giornalismo ha però davanti a sé un bacino ricchissimo di nuovi spunti: quando – si chiede Maria Paola Scaramazza - si deciderà a sfruttare gli angoli bui in cui nessuno fa più luce, perché l’approfondimento e la notizia tornino protagonisti delle cronache e dell’informazione?

- - - - - - - - - - - -

** Maria Paola Scaramuzza è nata a Venezia il 5 luglio del 82 e vive a Mestre. Si è laureata in Scienze della Comunicazione a Padova con Raffaele Fiengo nel febbraio 2005 e attualmente frequenta la laurea specialistica in Comunicazione delle Organizzazioni complesse, sempre a Padova.

Giornalista pubblicista, dal giugno 2000 collabora con la testata diocesana Gente Veneta.

SCARICA LA TESI IN FORMATO DOC PER WORD

SCARICA LA TESI IN FORMATO PDF