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Il giornalismo torna a fare notizia

Quando il giornalismo torna a svolgere la propria funzione, quando appassiona e informa, quando fa crescere la curiosità e avvicina mondi e persone diverse, quando si annulla completamente,  scompare diventando puro servizio, quando lascia senza fiato e invita a scoprire la bellezza e la novità: quando fa tutto questo,  e svolge la propria funzione, o meglio, torna ad essere “funzione d’uso e non appannaggio di una casta, o peggio”Un anno fa è nata una pubblicazione nuova e molto diversa da tutte le altre. Una prova di giornalismo sul campo realizzata attraverso gli strumenti vecchi e nuovi della professione e resa possibile dalla  “transizione digitale”. Una sorta di “vademecum del giornalismo” applicato all’epoca storica che stiamo vivendo. Un giornale meglio un telegiornale, meglio un videoportale di notizie quotidiane che arrivano non dalla cronaca ma dall’archeologia. Questa assoluta novità nel mondo dell’informazione si chiama Archaeoreporter, è stata fondata e viene prodotta e realizzata ogni giorno da un anno a questa parte dal “nostro” –  inteso come associato e membro di Lsdi – Angelo Cimarosti. Festeggiando assieme a lui questo primo compleanno del suo nuovo progetto editoriale – ricordiamo che Cimarosti è stato anche uno degli ideatori, fondatori e realizzatori sul campo del progetto You Reporter –  vogliamo proporre sulla nostra bacheca un largo estratto dall’ultimo articolo pubblicato da Angelo sul sito di Archaeoreporter dedicato proprio al primo bilancio dell’attività del nuovo giornale di archeo/giornalismo fondato nel 2020.

 

 

 

Un anno di ArchaeoReporter. Quando il 21 novembre 2020 abbiamo messo online il nostro primo video-reportage, lo scavo archeologico dell’anfiteatro di Volterra, speravamo di iniziare a far conoscere il nostro progetto, e soprattutto di condividerne le finalità. L’idea è semplice e complicata al contempo: realizzare reportage di archeologia direttamente sul campo, nel momento in cui l’archeologia la si fa. Sul “campo” significa ovviamente uno scavo, ma anche un laboratorio, un deposito, un archivio, un momento di scambio accademico, un’iniziativa di un museo per le scuole, un parco archeologico che dialoga con i cittadini del suo territorio.

 

 

 

 

ArchaeoReporter fa giornalismo, non fa “divulgazione”. Fa reportage, non fa storytelling. Non fa documentari, per quello ci sono professionisti eccezionali, con mezzi eccezionali, dal National Geographic in giù. Non compila neppure paper scientifici, fa un altro mestiere. Ci siamo posti l’obiettivo di fare giornalismo archeologico con i canoni del giornalismo scientifico. Quindi, possibilmente, capire cosa viene raccontato dagli addetti ai lavori, e riportarlo in sintesi ad altri addetti ai lavori e a un pubblico interessato.

 

 

 

 

 

se il giornalismo ha senso soprattutto se si va “sul posto”, il giornalismo archeologico ha senso se si mette piede nei luoghi dell’archeologia. Certo, ci è piaciuto andare a Pompei a raccontarePraedia Project, o gli scavi nel Foro. Ma ci è piaciuto anche andare sulle Alpi a raccontare i cacciatori del mesolitico, o del paleolitico, al Cansiglio, a Colombare a Passo Giau, (tutti gli scavi citati hanno un link attivo in questo articolo). Ci piace il fango degli scavi delle palafitte al Lucone, il terreno arato, riarato e ancora arato ad Altino. Le ossa di pesce delle cetariae di Porto Palo di Capo Passero, lo scavo in laboratorio delle tombe dei Veneti che va avanti da decenni a Padova. La public archaeology virtuosa delle terme medievali di Caldanelle, o dello stordente paesaggio della fortezza-villa di Poggio del Molino. L’archeologia dei confini di Roma a Doss Penede in Trentino. I mosaici tra le vigne di Negrar o gli etrusco-padani tra i campi di pomodori del Forcello. La difficile leggibilità degli scavi a San Basilio, nel delta del Po, l’archeologia dei conflitti tra le trincee di Dosso Merlo, che ci spiega che oltre all’oblio e ai cercatori di cimeli con metal-detector, c’è moltissimo da raccontare sulle tante guerre che hanno solcato l’Europa. E non solo, come non ricordare il grande lavoro di catalogazione e ricerca sulle postazioni della Folgore ad El Alamein. L’archeologia urbana in un ex-cinema a Verona (siamo riusciti a fare migliaia di visualizzazioni senza scrivere “la Piccola Pompei” sotto il cinema…Si può fareeeeee!), quella in unchiostro pisanoalla ricerca delle origini di una potenza marinara, o quella sperduta tra le saline a Cervia Vecchia. Abbiamo scavato nel nostro archivio di cronisti inAfghanistan, ci siamo affacciati di nuovo al Sud per Siponto, siamo stati in Grecia appena il mondo ha ricominciato a girare (servizi in arrivo, anche quelli). Abbiamo parlato, oltre all’orizzonte delle “scoperte archeologiche”,  con chi si è impegnato nella decifrazione dell’Elamita Lineare, con chi indaga le strade nelle migrazioni umane, con chi fa di tutto per valorizzare il proprio museo…e molto, molto altro.

 

 

 

 

 

 

Sono 117 video prodotti, in un anno, oltre 200 articoli. Pochi, pochi, troppo pochi. Vogliamo di più. Ora ci siamo, ora non ci sono più scuse, per noi e per voi. Voi ci chiamate, e noi veniamo a raccontare le nostre tante archeologie, la nostra passione, la ricerca, talvolta polemiche, orgoglio, visioni, ostacoli. Assieme, per spiegare che, come diciamo sempre, non c’è nulla di più contemporaneo dell’archeologia.

Angelo Cimarosti

 

 

 

“L’archeologia fa notizia” è proprio il caso di dirlo,  –  lo abbiamo proclamato un anno fa proprio su queste colonne annunciando l’arrivo di Archaeoreporter – e lo ripetiamo con gioia oggi, celebrando assieme ad Angelo Cimatosti il primo anno di pubblicazioni del suo blog/giornale.  Prodotti editoriali di questo tipo  sono il presente e il futuro della nostra professione. Lo diciamo da tempo, lo vogliamo riaffermare con forza oggi. Non si salva nessuno – oramai è  un dato certo e confermato – continuando a limitare le perdite, o peggio, tagliando posti di lavoro dentro alle redazioni. L’unica possibilità per il giornalismo è riproporre la sua “funzione d’uso”, e cosa ci può essere  di meglio che declinare questa funzione a tutti i possibili e diversi contenuti dell’umana esperienza. Riscrivendo contenuti e storie filtrandole attraverso gli strumenti dell’informazione professionale, i codici deontologici, le verifiche e gli approfondimenti tipici dell’attività giornalistica. L’idea di Angelo è stata semplice, ma la sua realizzazione –  come per tutti i prodotti originali – è stata difficile e complessa, ma proprio dentro alle avversità e alle complicazioni stanno le molteplici gratificazioni, i bonus senza prezzo, le conferme della qualità del lavoro svolto. E ci sembra che dalle parole di Cimarosti nel suo ultimo articolo traspaia in modo evidente questa malcelata soddisfazione, come dargli torto.  Grazie dell’attenzione e alla prossima  ;)

 

 

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