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Francia, tre scenari per la deontologia giornalistica

Un organismo di regolazione esterno, strumenti di autoregolazione volontaria o un semplice ritocco delle carte già esistenti. Sono i tre scenari delineati dal Rapporto sull’ autoregolazione dell’ informazione (il titolo è  ‘’Autorégulation de l’information: Comment incarner la déontologie?’’) che l’ autore, la giudice Marie Sirinelli, ha appena consegnato fa al ministro francese della Cultura e della comunicazione, Aurélie Filippetti.

 

La signora Sirinelli, che è consigliere della Corte d’ appello amministrativa di Parigi, era stata incaricata nel dicembre scorso di ‘’effettuare un’ analisi comparata, di taglio sia giuridico che politico, delle esperienze straniere in campo deontologico e di raccogliere in un rapporto le posizioni dei vari soggetti francesi interessati alla questione’’, come spiega Thierry Wojciak su Cbnews.fr.

 

Marie Sirinelli aveva così condotto una trentina di audizioni, che hanno permesso ai rappresentanti della professione e delle associazioni del settore e a diversi esperti di presentare il proprio punto di vista sull’ opportunità di creare un eventuale organismo preposto alla deontologia dell’ informazione in Francia, sia per la stampa scritta che per l’ informazione audiovisiva. Il magistrato ha anche raccolto degli elementi di analisi delle esperienze estere, in quei paesi che hanno creato istanze analoghe, fra cui l’ Italia*.

 

Il documento – il testo integrale è qui – immagina tre ipotesi alternative

 

Un Consiglio della stampa?

Secondo il Rapporto la creazione di un organismo di autoregolazione trasversale, assimilabile a una sorta di Consiglio della stampa, ‘’non potrebbe che risultare, allo stato, una iniziativa pubblica di controllo, che incontrebbe sicuramente delle forti opposizioni’’. ‘’Malgrado qualche aspetto interessanto, – suggerisce il Rapporto – questa strada attualmente non presenta né la caratteristica del consenso né quella della facilità’’.

 

Associazione volontaria

La seconda ipotesi: favorire  una autoregolazione volontaria, e quindi ‘’necessariamente parziale’’. Secondo Marie Sirinelli, si tratterebbe di mettere a punto una associazione che riunisse i vari soggetti attivi in termini volontari, con ‘’eventualmente’’ un ruolo attivo dello Stato (ad esempio con l’ offerta del contributo di esperti, o di mezzi di riflessione oppure attraverso la proposta di un parziale finanziamento dell’ associazione). I limiti di un tale approccio, secondo il magistrato, sono tuttavia ‘’evidenti’’, con un gran numero di testate che, data la situazione attuale, non sarebbero disponibili. Anche se sistono ‘’sufficienti punti di incontro fra i soggetti favorevoli a un Consiglio della stampa per immaginare le linee di funzionamento di una tale istanza’’. Un approccio che avrebbe il vantaggio di fare una riflessione trasversale preliminare sulla necessità sia di adottare un testo deontologico unico, sia di definire un campo di intervento preciso (stampa scritta soltanto, oppure audivisuale e digitale?); ‘’questioni che potrebbero essere regolate empiricamente, via via che si sviluppasse l’ attività dell’ organismo’’.

 

Rafforzare gli strumenti esistenti

Infine, sottolinea ancora Cbnews, la terza ipotesi: rafforzare gli strumenti ideologici già esistenti. ‘’Quest’ ultima strada è quella suscettibile di incontrare il più largo consenso, anche se è quella che susciterebbe la più viva delusione fra i partigiani della creazione di una istanza comune di autoregolazione – sostiene il Rapporto – . Si tratterebbe qui di conservare gli elementi che non incontrano alcuna opposizione, anche se costituiscono un avanzamento limitato’’. Il ventaglio di strumenti potrebbe comprendere una maggiore diffusione dei supporti di deontologia in seno alle Scuole di giornalismo o alla CCIJP  (la Commissione statale che assegna la carte de presse). Potrebbe ugualmente prendere la forma di un incoraggiamento verso tutte le aziende (eventualmente oltre una determinata soglia di giornalisti dipendenti) a disporre di una loro carta deontologica e di un mediatore, oppure quanto meno di una persona incaricata di seguire le questioni deontologiche. E potrebbe prevedere anche lo sviluppo dell’ Osservatorio sulla deontologia nell’ informazione (ODI).

*’’Un sistema di regolazione particolare può essere osservato in Italia – osserva il Rapporto -, dove un organismo pubblico, l’ Ordine dei giornalisti, controlla dal 1963 l’ accesso alla professione; ogni giornalista ha l’ obbligo legale di iscriversi e l’ ordine possiede un potere di sanzione, soprattutto in materia deontologica, che può andare fino alla radiazione. Questo organismo è tuttavia oggetto di varie critiche, soprattutto in relazione alla sua indipendenza nei confronti dei poteri pubblici’’.

 

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