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Curation e verifica dei social media secondo Upworthy

Che fine fanno la curation e il fact-checking nell’era dei social media iperdiffusi? C’è forse chi se ne cura davvero, e in che modo? Questione non da poco per chi si muove nel variegato mondo del giornalismo online.

 

Motivo per cui torna utile l’intervento sul tema di Matt Savener, capo redattore di Upworthy, mega-aggregatore che in appena due anni ha superato gli 80  milioni di visitatori unici al mese.

 

L’apertura del post chiarisce subito il contesto:

 

Vengo dal mondo del giornalismo, con anni d’esperienza nella redazione di importanti quotidiani. Il mio compito è quello di assicurarmi della veridicità di ogni post pubblicato sul sito. Certe cose che proponiamo sembrano fin troppo folli o scioccanti per essere vere. … Ecco perché, pur contando sui curatori interni per garantire la correttezza del materiale,  abbiamo un gruppo indipendente di persone che li tengono sott’occhio occupandosi del fact-checking.

Pur ribadendo che qui non si tratta di giornalisti all’opera, quanto piuttosto di ‘curatori’, l’enfasi viene posta comunque sull’etica editoriale. E quando si cade in errore, «li correggiamo subito e ne parliamo sugli  stessi social media», insiste Savener. Anche se finora ciò è successo solo con un abbaglio importante e una manciata di errori minori, su migliaia di post pubblicati.

Perentoria la conclusione:

Prendiamo con la massima serietà la fiducia della nostra comunità. La credibilità è forse il tratto primario di ogni buona curation. Inutile perciò temere di rilanciare notizie fasulle o non controllate. Se dice  “Upworthy,” potete condividerle tranquillamente, sapendo che è stato tutto ben verificato.

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