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Riptide: storia multimediale dell’epica collisione tra giornalismo e tecnologie digitali

Un catastrofico scontro di masse e correnti con direzioni contrarie: così il Nieman Journalism Lab di Harvard sintetizza quel processo che dal 1980 ha cambiato e sta cambiando il mondo dell’ informazione e che viene ricostruito in Riptide, un imponente progetto realizzato assieme al Joan Shorenstein Center on the Press, Politics and Public Policy.

 

Una trasformazione raccontata dai protagonisti stessi, vincitori e vinti, in un’opera multimediale che raccoglie le testimonianze dirette dei rappresentanti del giornalismo tradizionale e delle nuove tecnologie. Un processo lento ma profondamente innovativo, che parte dalla diffusione del computer, negli anni ’80, e prosegue con Internet, social network, tablet, smartphone e così via, coinvolgendo sempre di più il mondo dell’ informazione.

 

Naturalmente cambiano anche i protagonisti: se per quasi tutto il XX secolo sono state le grandi famiglie di editori a governare il mondo delle notizie, il Business News, con l’avvento delle nuove tecnologie si sono ridefiniti gli equilibri. Nuovi attori, dunque, non strettamente legati al fare informazione, quali Gates, Zuckerberg, Jobs ed altri hanno invaso questo campo, fino di fatto a sostituirsi agli storici protagonisti: di circa un mese fa la notizia del cambio di proprietà del «Washington Post», passato proprio nelle mani di Jeff Bezos, un rappresentante della nuova comunicazione.

 

Con il citizen journalism, l’incredibile possibilità di accedere alle fonti ed al flusso stesso dell’ informazione, diventano necessarie quelle domande sul futuro del giornalismo alle quali ora gli editori stanno cercando di dare risposta.

 

Ecco la metafora del Riptide (che in lingua inglese designa una sorta di vortice d’ acqua irresistibile): “quando avevano successo, i protagonisti del mondo  pre-digitale che avevano imparato a nuotare in mare e tornare in sicurezza si sono trovati nel corso del tempo ad affrontare una corrente sempre più forte che ha reso più difficile tornare a riva. E proprio come dei nuotatori catturati in una vera e propria corrente di ritorno, anche alcune delle società editoriali più preparate e lungimiranti sono state spazzate via, per quanto duramente abbiano cercato di sopravvivere”.

 

Soluzioni precise, sicure ed universali non ce ne sono e gli editori stanno tentando varie strade, con più o meno successo. Ma se le nuove tecnologie consentono di fare informazione anche al di là dei tradizionali canali, quello su cui devono puntare le testate giornalistiche è la professionalità dei propri giornalisti, la qualità della notizia su qualunque piattaforma o supporto venga presentata, che sia carta o digitale.

Giorgio Rea

 

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