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Basta ‘’pagine viste’’, il vero valore è nell’ attenzione e nel coinvolgimento

Una serie di dati emersi in questi giorni ha spinto Pier Luca Santoro, il nostro Giornalaio, a tornare in alcuni suoi post su un tema chiave dell’ attuale fase di transizione nel campo dell’ editoria giornalistica, quello della sostituzione, come metrica di valore, delle pagine viste  (del tutto inaffidabile) con i dati relativi invece al tempo speso, e quindi all’ attenzione e al coinvolgimento dei cittadini-lettori.

 

La misura delle pagine viste è tra l’ altro, secondo Santoro, alla base anche della scarsa qualità di molti prodotti online. Lo illustra bene un breve video di Epipheo, con una intervista a Ryan Holiday, autore di “Trust Me, I’m Lying”.

 


Nell’ intervista viene efficacemente descritta la caduta di qualità dell’ informazione online. Notizie che non lo sono, gossip, congetture, rumors raccolti attraverso i social media e diffusi al solo scopo di fare pagine viste alla spasmodica ricerca di ricavi pubblicitari.

 

L’effetto pagine viste – insomma, secondo Santoro – sta avendo risultati disastrosi sulla qualità dell’informazione online e sul valore delle testate che rischiano di perdere il vantaggio competitivo acquisito negli anni con il lettore che identifica il brand della testata a prescindere se sia in versione cartacea o digitale, a pagamento, oppure online gratuitamente. Non tenerne conto potrebbe portare a risultati ben più gravi che la perdita di quale spicciolo raccolto con audience inesitabile.

 

E’ invece il dato sul tempo speso il principale elemento da tenere in considerazione, scrive Santoro    che riporta un grafico tratto dalla presentazione di Chiara Galli, Head of Business Development Italy di ComScore, sulle caratteristiche e le tendenze del mercato pubblicitario sul Web italiano.

 

 

Il grafico mette in diretta relazione engagement e tempo speso per categoria evidenziando, tra l’altro, come la categoria delle notizie, dell’informazione sia ai minimi livelli e come, in particolare, i quotidiani online italiani siano al fondo – osserva Santoro -, ultimi tra le diverse categorie prese in considerazione per tempo speso.

 

Sul tema – dice ancora il Giornalaio – sono stati diffusi dei dati, emersi da una ricerca condotta da McKinsey che mostrano come il 35% del tempo dedicato al consumo di informazione sia per i giornali [di carta], il 16% per la radio, il 41% per la televisione mentre tablet e smartphone peserebbero solo il 2% e desktop, il pc, il 4%, come mostra il grafico sottostante.

 

Sia l’autore dell’articolo che Mathew Ingram, obiettano che il minor tempo dedicato alla lettura di informazione online non sia necessariamente un indicatore di una performance negativa ma che anzi potrebbe essere indice di maggior efficienza informativa e che il valore aggiunto risieda nella partecipazione, attraverso commenti e social media, generando complessivamente un’esperienza migliore rispetto alla lettura “passiva” che avviene sul cartaceo.

Ma, secondo Santoro, si tratta di una tesi ‘’poco supportata da evidenze fattuali che invece parrebbero dimostrare il contrario’’.

Una novità nell’ ambito di questi temi viene da Chartbeat, un’ azienda Usa che analizza in tempo reale le caratteristiche dell’ accesso sui siti web giornalistici e che – annuncia Santoro – ha appena lanciato un servizio che consente alle testate online di vendere agli inserzionisti ciò che fondamentalmente viene chiesto in primo luogo:  l’attenzione del loro pubblico.

 

Dall’analisi effettuata da Chartbeat emerge come il tempo speso sul sito sia indicativo della propensione a ritornare a visitare il sito, come mostra il grafico qui sotto. Metrica che fa emergere apprezzamento e coinvolgimento rispetto ai contenuti trovati, a quanto letto o visto, terza fase di un processo di sviluppo dell’audience che può essere suddiviso, semplificando, in quattro passaggi:

 

  1. I visitatori arrivano, visitano il sito web della testata
  2. Trovano contenuto che gli interessa e li coinvolge
  3. Apprezzano quello che ottengono, e scelgono di tornare nuovamente al sito
  4. Se siete fortunati, condividono anche quello che hanno trovato con gli altri

 

Il servizio  lanciato  si chiama “Engaged Time”, ed è uno strumento ‘’per fornire un valore numerico che misuri effettivamente, ed efficacemente, l’attenzione catturata verso il contenuto proposto e non semplicemente il numero di persone che si trovavano ad aprire la loro pagina, il loro sito web’’.

 

Insomma ‘’è fuori discussione, credo davvero, che il tempo dedicato sia IL parametro principale dell’attenzione e del coinvolgimento delle persone’’, dice Santoro, citando anche Jeff Jarvis Jeff Jarvis che parla appunto di “Selling ads by time, not space”.

 

Sul piano operativo – scrive Santoro -, sono convinto che le leve su cui operare siano fondamentalmente due: creazione, ed alimentazione, di comunità d’interesse all’ interno del sito del giornale e implementazione di tecniche riconducibili alla gamification, che può essere elemento di grande ausilio poiché l’ applicazione all’ informazione consente di approfondire l’esperienza del lettore, delle persone, crea coinvolgimento e partecipazione’’.

 

 

 

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