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Audiodoc, promuovere in Italia la cultura dell’ audio-documentario

È il mezzo di comunicazione di massa che per primo ha fatto il suo ingresso nelle case delle persone: attraverso la radio, infatti, si è potuta sviluppare un’ informazione immediata e accessibile a tutti. Un’ informazione che ha avuto negli audio documentari un tassello estremamente importante, un tipo di comunicazione che ha permesso approfondimenti di grande pregio ed impatto, ma che negli ultimi anni è stata un po’ messa da parte e si è vista tagliare spazi e risorse.

 

Una situazione critica che ha spinto sei persone a reagire e a dar vita, nel 2006, ad Audiodoc, un’associazione che con caparbietà e professionalità ha deciso di produrre, distribuire e far ascoltare audio documentari.

 

Sul sito di Audiodoc si possono ascoltare e scaricare molti ottimi esempi di giornalismo radiofonico, approfondimenti sociali e storici realizzati con grande cura e attenzione. Tutto questo nonostante le notevoli difficoltà economiche di un settore che sembra non avere un vero e proprio “mercato”, ma che registra comunque una crescente attenzione da parte del pubblico affascinato da quel gesto semplice eppure così impegnativo che è l’ascoltare.

LSDI ha intervistato Andrea Giuseppini, membro dell’associazione Audiodoc e autore di audio documentari.

 

 

a cura di Fabio Dalmasso

 

 

Qual è la storia di Audiodoc? Quando, perché e come nasce l’associazione?

 

Audiodoc è una associazione culturale nata alla fine del 2006 per iniziativa di sei persone che a vario titolo lavorano o collaborano con le radio pubbliche. L’obiettivo principale, e lo abbiamo scritto nel nostro statuto, è promuovere in Italia quella che abbiamo definito come “cultura dell’ audio documentario”. Tieni presente che nel 2006, la radio pubblica italiana, che a mio avviso non ha mai prestato molta attenzione a questo genere espressivo, aveva praticamente chiuso ogni canale produttivo dedicato al documentario. Di fatto, il documentario era sparito dal palinsesto dei canali di Radio Rai. Negli anni precedenti, alcuni dei soci fondatori di Audiodoc avevano iniziato a, come si dice, farsi le ossa, cioè a sperimentare il mestiere di autore di radio documentari grazie a una trasmissione prodotta da Radio3  che si intitolava “Cento Lire”. Ebbene, dopo diversi anni, questo che era l’unico spazio radiofonico dedicato al documentario è stato chiuso.

 

Allora ci siamo chiesti: è possibile produrre, distribuire, far ascoltare dei documentari senza il supporto e la diffusione che garantisce una radio pubblica? Audiodoc nasce proprio per cercare di dare delle risposte a queste domande.

 

Per quanto riguarda la diffusione dei documentari, abbiamo puntato da un lato sul web (sul sito di Audiodoc ormai sono decine gli audio che si possono scaricare e ascoltare), e dall’altro sugli ascolti pubblici. Ormai, dopo quasi sette anni di attività, abbiamo al nostro attivo decine e decine di ascolti pubblici e presentazioni dal “vivo”. Un modo proprio per diffondere la “cultura” dell’ascolto. Devo dire che in genere riscontriamo molto interesse rispetto all’ idea di radunarsi in un luogo per “ascoltare” un documentario.

 

Più complicato è stato in questi anni trovare i modi per produrre i documentari. Senza il sostegno della radio, di fatto non esiste un “mercato” dell’ audio documentario. Non esistono produttori, ad esempio. Quindi, le strade che fino ad ora abbiamo praticato sono quelle o dell’ auto-produzione, oppure di progetti finanziati da fondazioni o enti pubblici. Ad esempio proponendo dei progetti (a carattere storico oppure sociale) in cui possa trovare spazio anche la realizzazione di un audio documentario. Così siamo riusciti a produrre qualche (pochi) audio documentario.
Quanti soci siete?

 

In questi anni l’associazione è molto cresciuta. Dai sei soci iniziali oggi siamo 27 – 10 uomini e 17 donne. E siamo anche abbastanza internazionali, nel senso che ci sono soci tedeschi, olandesi, canadesi, francesi. Alcuni vivono in Italia, altri all’ estero. Anche soci italiani vivono all’ estero. È interessante, anche se tutto questo rende le nostre riunioni degli incubi dal punto di vista organizzativi.

 

 

Come vi sostenete economicamente?

 

Le entrate certe dell’associazione sono rappresentate solo dalle quote dei soci stessi. Non riceviamo nessun finanziamento pubblico per il normale svolgimento delle nostre attività. Alcune nostre attività sono finanziate partecipando a bandi europei o collaborando con altre associazioni.

 

In questi anni, ad esempio, abbiamo organizzato corsi di formazione sul radio documentario in alcuni paesi africani per conto di una importante Organizzazione non Governativa (AIDOS);  abbiamo ottenuto un finanziamento europeo per una ricerca storica (che comprendeva anche la realizzazione di un audio documentario) sui campi di concentramento italiani durante il fascismo; da due anni teniamo un workshop e curiamo una rassegna di ascolti per conto e nell’ ambito del Festival di Internazionale a Ferrara. In questo modo riusciamo a finanziare le nostre attività.

 

Ma molto del lavoro che facciamo non è remunerato in nessun modo. Ad esempio, lo scorso anno abbiamo portato avanti una ricerca sul radio documentario in Europa. Si trattava di un questionario che abbiamo inviato a tutte le radio pubbliche (abbiamo ottenuto ben 63 diverse risposte). I risultati di questa indagine, che a nostro avviso offre uno spaccato assai interessante e per certi versi unico, sulla produzione del radio documentario nel nostro continente, si può scaricare gratuitamente dal nostro sito.  C’è anche la versione in inglese. E tutto questo è stato fatto con lavoro volontario.

 

 

Quali sono le regole base del giornalismo radiofonico?

 

Per fare un documentario non necessariamente devi essere un giornalista. Tra i soci di Audiodoc sono pochi i giornalisti professionisti. Se vuoi realizzare un audio documentario, e quindi non un reportage o un approfondimento radiofonico, non necessariamente devi seguire le regole del giornalismo (fatti separati dalle opinioni, diversi punti di vista, ecc.). A mio avviso, un audio documentario è il prodotto di un autore, è l’espressione del suo punto di vista. In questo senso penso che segua regole proprie più che generali. Ma le opinioni su cosa sia un audio documentario, anche tra i soci di Audiodoc, sono diverse e plurali.
Come giudicate il giornalismo radiofonico attuale? C’è spazio per lavorarci?

 

Anche qui, riporto il discorso al documentario, più che al giornalismo. Qualche anno fa, la Rai, e precisamente Radio 3 ha introdotto di nuovo uno spazio dedicato al documentario. Il programma, della durata di 15 minuti, che va in onda dal lunedì al venerdì alle ore 19:45, si intitola “Tre soldi”. E’  l’ unico spazio fisso che la radio attualmente dedica al documentario. Ed è, a mio avviso, assolutamente insufficiente. Sia perché credo che 15 minuti di tempo per un documentario siano troppo pochi, sia perché viene retribuito troppo poco (credo che attualmente il compenso si aggiri sui 150 euro lordi per 15 minuti di documentario).

 

Ci sono radio pubbliche che investono molte risorse economiche nel radio documentario. Come è ovvio che sia. Un documentario ha bisogno di tempo: per la preparazione, per la cura che si deve usare nella raccolta dei suoni e delle voci, per tutta la fase importantissima del montaggio. Per un autore, queste sono condizioni molto avvilenti

 

 

Ho letto che collaborate anche con la Rai e con altre radio.

 

In questi ultimi tre anni abbiamo collaborato con Rai Radio 3 nell’organizzazione di una rassegna di radio documentari all’ interno del Bellaria Film Festival. Poi, molti dei nostri soci, ma in maniera personale, non come associazione, collaborano sia con la Rai sia con la Radio svizzera di lingua italiana,  un’altra emittente che offre uno sbocco lavorativo agli autori di audio documentari italiani

 

 

Ho visto che avete anche una sezione cross-media, “lavori che vanno al di là dei confini del classico audio documentario”, di cosa si tratta?

 

Da “puristi” dell’ audio documentario, abbiamo una sezione in cui inseriamo lavori che si avvicinano di più al radio dramma, quindi a una scrittura radiofonica, oppure che uniscono al suono delle immagini, di solito fotografie. Il video, in un caso, viene usato anche per “tradurre” un audio documento in italiano (o in un’altra lingua). Sono degli esperimenti in cui cerchiamo di sfruttare sia le potenzialità espressive dei diversi mezzi, ma anche quelle produttive (ad esempio concepire dei prodotti destinati principalmente al web).

 

 

Producete anche documentari da vendere?

 

Sì, ci sono alcuni audio documentari che si possono acquistare fisicamente dal nostro sito, oppure in download da altri siti che commercializzano in particolare audiolibri. Ma, come dicevamo prima, non esiste un mercato dell’ audio documentario. Quindi le vendite dirette, da sole, non bastano certamente a coprire le spese di produzione di un lavoro

 

 

Un suggerimento a chi volesse fare un radio-documentario?

 

Innanzitutto ascoltare. Ascoltare altri audio documentari per farsi un’ idea delle capacità espressive di questo strumento narrativo. Ci sono numerosi documentari che si possono ascoltare sul web, soprattutto in lingua inglese. Poi ascoltare attorno a sé per capire cosa si vuole raccontare e come lo si vuole fare. E poi sperimentare, registrare e curare molto il montaggio. Purtroppo nel nostro paese non esistono scuole o corsi per imparare il mestiere dell’ autore di audio documentari. Audiodoc, ogni tanto, organizza dei workshop introduttivi al documentario sonoro. Se a qualcuno può interessare, basta che si iscriva alla nostra mailing list per tenersi informato sui nostri prossimi seminari.

 

 

Come si può fare per inviarvi materiale?

 

Basta scriverci una mail ad audiodoc@audiodoc.it

 

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