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Freedom of the Press Foundation, crowd-funding diffuso per il giornalismo investigativo

È attiva da pochi giorni la Freedom of the Press Foundation, il cui obiettivo è crowd-funding a sostegno di quattro organizzazioni che fanno informazione “nel pubblico interesse e in modo trasparente”: The National Security Archive, UpTake, MuckRock, e WikiLeaks.

 

In realtà il progetto è centrato sulla raccolta fondi (via carta di credito e PayPal, fino al 31 gennaio 2013) proprio per aggirare per lo strangolamento finanziario ai danni della creatura di Julian Assange due anni fa, quando le maggiori aziende di carte di credito e gli istituti bancari USA ne bloccarono fondi e donazioni, all’indomani della pubblicazione dei cablo della diplomazia statunitense.

 

Il portale sta ricevendo parecchia attenzione sulla stampa internazionale e ovviamente in molti spazi online. E, fatto più importante, in quattro giorni ha già superato i 93mila dollari di donazioni da parte di cittadini di ogni dove.

 

Questa prima fase del progetto servirà a capire se esiste davvero spazio e interesse per il “crowd-funding di una nuova generazione di media indipendenti più resistenti di fronte all’influenza di corporation e governo”, come spiega Xeni Jardin, co-editor del noto sito Boing Boing e membro del direttivo della Freedom of the Press Foundation – insieme a nomi quali Daniel Ellsberg, giornalista che nel 1971 rivelò al pubblico i documenti segreti sulla guerra in Vietnam, i Pentagon Papers; John Perry Barlow (cofondatore della Electronic Frontier Foundation) e la documentarista Laura Poitras.

 

Nel variegato mondo del giornalismo USA non mancano certo esempi di di crowdfunding, dal sotegno a progetti specifici come Syria Deeply al giornalismo scientifico di Matter, tramite il noto portale Kickstarter, oltre al “community-funded reporting” localizzato Spot.us, avviato tre anni fa da David Cohn e ora parte del network di American Public Media. Ma la scommessa (e la visibilità) della Freedom of the Press Foundation vuole andare un passo oltre: riuscirà il crowdfunding a sostenere un vera e propria categoria di giornalismo investigativo, nel pubblico interesse e iper-trasparente. Ancor più se basato sul whistleblowing e su denunce pubbliche riguardo attività illecite o fraudolente delle autorità o dell’imprenditoria? Una scommessa che WikiLeaks non poteva (e non può) vincere da sola.

 

Bernardo Parrella

 

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