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Time: l’ ultimo dei grandi settimanali

‘TIME MAGAZINE: THE LAST OF THE BIG NEWSWEEKLIES’
di David Folkenflik

(da npr.org)
(traduzione di Giulia Dezi)

I proprietari di Newsweek hanno deciso di mettere in vendita la rivista. Questa scelta ha di nuovo scatenato tra i circoli giornalistici una discussione: esiste un ruolo, o un futuro, per le riviste settimanali?
“L’idea di una rivista che copre le notizie della settimana, facendone il riepilogo e facendole girare più a lungo, è un po’ un anacronismo” scrive Alan D. Mutter, ex editorialista di giornali e attuale consulente di iniziative mediatiche digitali. “La gente trova notizie a destra e manca, e se cerchi di essere informato, è abbastanza difficile non riuscirci.”
Eppure al ventitreesimo piano dello storico palazzo di Time-Life, con uffici con vista sul centro di Manhattan, la direzione della rivista leader in questo settore è molto più ottimistica riguardo al loro destino.

“All’interno della nostra categoria, non siamo solo gli ultimi a resistere, ma siamo proprio gli unici” commenta dalla sua alta posizione editoriale Rick Stengel, caporedattore di Time. “Convertiamo le informazioni in conoscenza. La conoscenza è quello che le persone vogliono. La conoscenza è il prodotto”.

La situazione dei settimanali oggi

Time l’anno scorso ha goduto di un profitto stimato intorno ai 40 milioni di dollari. Anche se la rivista non conferma la cifra, Stengel dice che quest’anno sono sulla buona via di un incremento degli introiti.
Sono i concorrenti di Time ad arrancare. L’anno scorso Businessweek è stato venduto a Bloomberg News per qualche milione di dollari; nel 2008 U.S.News & World Report ha annunciato il suo passaggio dalla pubblicazione settimanale a quella mensile; e nel 2009, dopo aver perso decine di milioni di dollari l’anno, e dopo l’intervento dell’editore Jon Meacham, Newsweek ha deciso di reinventarsi cercando di posizionarsi più che altro come giornale di opinione e di analisi.

“Se otteniamo il nostro scopo, questi articoli ben argomentati faranno sentire i lettori o vendicati oppure, forse, offesi” ha scritto a maggio del 2009 Kathleen Deveny, vicedirettore di Newsweek. “In entrambi i casi riusciremo comunque ad attrarvi. Perché se sicuramente là fuori non mancano le informazioni, secondo noi c’è carenza di opinioni.”

Tuttavia, il mese scorso la Washington Post co., la corporation madre di Newsweek per circa cinque decadi, ha messo in vendita la rivista.
Uno dei corteggiatori di Newsweek, Christopher Ruddy, l’amministratore delegato sia del mensile che del sito web di Newsmax, pubblicazione di stampo conservatore, ha dichiarato che, secondo lui, Newsweek è un periodico eccezionale, per molti motivi. Aggiunendo che, nonostante questo, la Washington Post Co. non l’ ha trattata nel migliore dei modi.

“Uno degli elementi più significativi, se si fa una comparazione tra Time e Newsweek, è che Newsweek, per poter risparmiare durante la recessione, ha iniziato a tagliare nei contenuti” ha detto Ruddy in un’ intervista. “È diventato abbastanza sottile”.


Alla ricerca del contesto

Il vertice giornalistico di Time sostiene che la riformulazione di Newsweek, per quanto meritevole dal punto di vista giornalistico, rappresenta una ritirata dall’ambito dei settimanali.
Sotto Stengel, Time tre anni fa si è dedicato al proprio rinnovamento per cercare di evolvere verso quest’ era digitale. Ha spostato il giorno di uscita al venerdì visto che, da un’ indagine tra i lettori, è emerso che, ricevendo la rivista il lunedì, troppo spesso veniva messa da parte senza essere letta. Inoltre, i redattori sono stati incoraggiati ad animare il sito web più frequentemente, anche con l’inserimento delle ultime notizie, per poter attirare più lettori su Time.com.
Tra l’altro, mossa altrettanto importante, la rivista ha ridotto la sua diffusione ad una audience più circoscritta – 3,2 milioni di abbonati paganti – per poter attrarre più facilmente gli inserzionisti.
Secondo Stengel, non sono così tante le persone interessate a sapere per quanti punti di distacco la senatrice Blanche Lincoln ha vinto. Le persone, più che altro, cercano il contesto; vogliono scoprire un background più ampio”.
Stengel sembra essere un po’ sorpreso nel notare che il nucleo dei suoi abbonati è perfino un po’ cresciuto nell’ultimo anno. Dice anche di essere commosso dalla risposta data alla applicazione del Time sull’ iPad. Nel futuro, finché qualcuno continuerà a pagare per la versione digitale sul tablet, Stengel sostiene che sarebbe contento anche se la maggior parte dei lettori conoscesse a stento l’ esistenza della versione cartacea del Time.

Tutto ciò che è nuovo è già vecchio

Ma il Time, nelle parole dell’ultimo David Halberstam, ha confessato di essersi ritirato dal ruolo che aveva avuto fino ad oggi: ovvero quello di essere “la vera voce della vita americana di questa metà secolo.” E, secondo Mutter, questo problema potrebbe non essere risolvibile, nel momento in cui appare sul Time, tutto ciò che è nuovo è già vecchio. Inoltre, secondo Mutter, la rivista non ha fatto abbastanza per fornire un contenuto allettante e indispensabile né online né sull’iPad.
“Sono all’interno del «minestrone mediatico» ogni giorno della settimana e riesco a trovare, in un modo o nell’altro, le cose che sono importanti” continua Mutter. “Se il Time presenta una storia che è importante, riesco a trovarla velocemente. Ma poi, mi siedo e leggo il Time – nel web o sulla carta – per vedere se hanno qualcosa da offrire? No, non lo faccio.”

Stephen Shepard, l’ex redattore capo di Businessweek, sostiene che questo è il nuovo senso comune. Ma che è sbagliato. Shepard punta sul successo di The Week, The Economist e perfino su People, la pubblicazione sorella del Time, per argomentare che, se fornisse un contenuto originale e agognato, il Time avrebbe una grande possibilità di un futuro luminoso.

“Dovrebbero fare un giornalismo intraprendente, con storie che tirano, dovrebbero fare giornalismo investigativo”, dice Shepard, oggi preside della facoltà di giornalismo della City University di New York. “Dovrebbero fare cose che la gente non può trovare da altre parti. E se lo fanno, se puntano prevalentemente su questo, avranno successo”. (Come segno di quanto sia piccolo il mondo dei settimanali, va detto che Shepard è anche uno dei maggiori editorialisti di Newsweek, mentre Stengel ricopre il ruolo non retribuito di consulente del comitato della facoltà di giornalismo alla CUNY).

Nancy Gibbs, redattore-capo esecutivo del Time, da 25 anni in redazione, dice che le sfide che il giornale ha ora davanti sono le stesse che ha dovuto affrontare negli ultimi 80 anni. “La difficoltà è sempre stata non sul cosa coprire, ma sul cosa non coprire” dice Gibbs. “È sempre stato un impegno il non dire…, il dire che questo o quello non era abbastanza importante o abbastanza interessante o abbastanza sorprendente.”

Quindi? Giornalisti diversi arriveranno a conclusioni diverse. Il Time continua ad attingere alle sue radicatissime risorse giornalistiche per coprire le guerre, l’ economia e i traboccamenti della BP, così come è riuscito ad offrire storie da prima pagina come quelle su Glenn Beck, Jay Leno e sul valore dell’esercizio fisico.
Stengel del Time dice che la sua rivista è più importante ora che mai – in qualsiasi formato esso sia: cartaceo, online o digitale sul tablet.

“Io credo veramente che niente scompaia completamente” afferma Stengel. “Le persone fanno ancora ceramica e scrivono ancora poemi epici. I bei settimanali stampati esisteranno sempre. Semplicemente, ci saranno solo molte più opzioni per procurarsi il contenuto del Time.”

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