Oltre la retorica: la Rete riproduce le divisioni in classe (almeno in Usa)

fb2 Internet riflette ed ingrandisce dinamiche pre-esistenti e ne rende alcune molto più visibili di prima: ad esempio gli utenti di Facebook e MySpace sono chiaramente divisi per classe, rileva Danah Boyd in un intervento su Alternet, di cui pubblichiamo qui la traduzione, ricostruendo le radici della ‘’migrazione’’ dei bianchi e dei privilegiati da MySpace a Facebook – ‘’Tendiamo a credere al mito utopico di Internet come fonte di salvezza, ma non è così’’ – Dal panorama dei social media emerge bene come la “scelta” partecipativa porti ad una riproduzione digitale delle divisioni sociali

———-

Dana Boyd ha compiuto una ricerca etnografica sul campo fra le giovani generazioni Usa scoprendo che gli adolescenti ricorrono ad etichette e categorie sociali per identificare le persone in base ai valori, il gusto e la posizione sociale. ‘’Riflettendo la scelta dei ragazzi tra MySpace e Facebook, questi siti si sono fatti carico di tali categorie sociali e ciò è più evidente che mai nel linguaggio di coloro che hanno scelto Facebook al posto di MySpace’’, spiega l’ autrice.

MySpace è diventato il ghetto del panorama digitale. Le persone che lo frequentano è probabile che siano di colore, e hanno un bagaglio di valori che terrorizza la società dei bianchi. E molti di noi siamo soliti cambiare marciapiede per evitare quella che è considerata marmaglia. Il fatto che la migrazione digitale stia rivelando gli stessi schemi sociali appartenenti all’esodo bianco dovrebbe essere un segnale di allarme per tutti noi.


MySpace, racconta, è spuntato prima ed ha subito attirato i ventenni, diffondendosi poi tra gli adolescenti attraverso i fratelli e cugini maggiori, così come chi era attratto dalla cultura musicale indie-rock ed hip-hop. Facebook è nato ad Harvard e si è diffuso tra le scuole di prestigio prima di raggiungere il grande pubblico.

I primi adolescenti a sentir parlare di Facebook sono stati quelli vicini ai suoi primi utenti (vale a dire gli studenti delle scuole più prestigiose) e l’appeal del sito si è diffuso tra i ragazzi vicini a tali realtà scolastiche

E in Europa? Sarabbe molto interessante se si potesse fare una ricerca sul campo come quella compiuta da Danah Boyd.

Per ora comunque l’ autrice una ‘’lezione’’ per tutti emerge bene: ‘’ La chiave per sviluppare una strategia sui social media è comprendere chi si sta raggiungendo e chi no, e assicurarsi che la nostra prospettiva tenga conto di tali scelte. Individuate i vostri pregiudizi e contrastateli’’.

*****


FACEBOOK AND MYSPACE USERS ARE CLEARLY DIVIDED ALONG CLASS LINES

danah
di Danah Boyd (AlterNet)*

(traduzione di Andrea Fama)

*Avvertenza- Questo intervento è stato scritto per un pubblico specifico, i partecipanti al
Personal Democracy Forum, una conferenza annuale sul tema dell’ innovazione nei social network, nella tecnologia e nella politica. Si tratta di un pubblico principalmente americano, progressista, bianco e professionalmente coinvolto nelle attività politiche. Quando in questa sede parlo di “noi”, è consigliabile tenere a mente questo pubblico di riferimento

La vita di molti dei presenti in questa sala è stata trasformata dalla tecnologia. Alcuni di noi sono cresciuti con la tecnologia, mentre altri l’hanno adottata da adulti. Molti di noi si sono innamorati della tecnologia e del suo potenziale trasformativo. E per questa ragione molti di noi sono diventati sostenitori della tecnologia. Ci siamo introdotti in diverse istituzioni, predicando le nuove opportunità offerte da Internet.
Inoltre, molti dei presenti hanno avuto un ruolo nel trasformare la politica attraverso la tecnologia. Abbiamo speculato sulla tecnologia per sostenere il fundraising ed ottenere più voti. Potremmo andare avanti a lungo parlando di avvenimenti politici forgiati dalla tecnologia, dalla campagna di Obama alle proteste iraniane in seguito al voto.
Tutto ciò è eccezionale e potente, eccitante e motivante. Ma allo stesso tempo sono preoccupato; preoccupato della retorica cui ricorriamo quando parliamo di tecnologia.

Visto ciò che abbiamo vissuto e ciò di cui oggi siamo testimoni, tendiamo a credere che tali tecnologie siano un grande equilibratore, che possono aiutare tutti a partecipare, che le tecnologie in sé possono rivitalizzare la democrazia.

In altre parole, tendiamo a credere al mito utopico di Internet come fonte di salvezza. Ma se non fosse così?

Non c’è nulla di più rischioso del trovarsi in una stanza colma di persone vogliose di trasformare la società nel corso di una conferenza incentrata sulle grandi idee e chiedere un ‘controllo dei privilegi’, ma è quello che farò perché sono un masochista.
In modo più sottile, ritengo che dobbiamo spacchettare quanto sta accedendo con la tecnologia al fine di approcciare lo sviluppo della stessa. Bisogna che comprendiate gli ostacoli al fine di spostare l’ago della bussola nella giusta direzione.

Vorrei chiedervi un favore. Vorrei che abbandonaste per un momento la tecno-iperbole per affrontare con me questioni di ineguaglianza e di stratificazione sociale. Vorrei che rifletteste sul fatto che la tecnologia non è parimenti disponibile o parimenti trasformativa.
Per decenni, abbiamo supposto che l’ ineguaglianza in relazione alla tecnologia avesse unicamente a che fare con l’ “accesso” e abbiamo supposto che se avessimo risolto tale problema, allora tutto sarebbe andato per il verso giusto. Questa è la grande narrativa sottostante a concetti quali il “digital divide”.

Tuttavia, sempre più spesso, vediamo persone che godono delle stesse possibilità di accesso coinvolte in modi essenzialmente diversi. E osserviamo il panorama dei social media in cui la “scelta” partecipativa porta ad una riproduzione digitale delle divisioni sociali. Ciò è più evidente negli Stati Uniti, e per questo il mio discorso di oggi è incentrato sugli USA.

MySpace contro Facebook

Piuttosto che proseguire su linee astratte, passiamo al concreto. E per fare ciò, affrontiamo direttamente un caso specifico: MySpace contro Facebook.

Quanti di voi attualmente usano Facebook? (Oltre il 90% del pubblico alza la mano)

Quanti di voi attualmente usano MySpace? (Un numero sparuto di persone alza la mano).Guardatevi intorno!

Due settimane fa, comScore ha reso noti dei dati secondo cui Facebook e MySpace erano testa a testa in termini di visitatori unici negli USA. La meta-narrativa era che negli States Facebook stava vincendo, e MySpace stava morendo.

Vorrei ribattere che i numeri possono essere letti in maniera differente. I numeri indicano che MySpace non ha registrato né una crescita né una contrazione nel corso di quest’ultimo anno, mentre Facebook è cresciuto rapidamente ed ha finalmente raggiunto le sue stesse dimensioni.

Naturalmente, con questo non voglio negare che Facebook stia facendo grandi cose. In un mondo degli affari in cui la monetizzazione zoppica, l’unica definizione del successo è la “crescita”. Preso atto di ciò, è ragionevole pensare che quest’anno Facebook abbia avuto più successo di MySpace.

Tuttavia, dobbiamo comunque considerare che gli utenti di MySpace e di Facebook sono uguali in numero e, come dimostrato dal pubblico qui presente, non perché vi sia una completa sovrapposizione degli utenti. Pur pensando che Facebook stia conducendo la partita, bisogna fare i conti con il fatto che 70 milioni di statunitensi hanno visitato MySpace. E non è roba da poco.

Come in molti altri casi, i giovani rappresentano un eccezionale indicatore dei trend ad ampio spettro.

Sono una etnografa. Negli ultimi quattro anni ho viaggiato per gli Stati Uniti parlando con i giovani del loro uso dei social media. Durante l’anno scolastico 2006-2007, ho iniziato a registrare una tendenza.

In ogni scuola, in ogni parte del paese, vi erano ragazzi che optavano per MySpace ed altri che optavano per Facebook. (E molti altri che li usavano entrambi). All’inizio dell’anno scolastico, i ragazzi si domandavano “Sei su MySpace? Si o no?”, mentre alla fine dell’anno la domanda era diventata “MySpace o Facebook?”

Data tale mutazione, ho iniziato ad analizzare i miei dati per comprendere la transizione. Sono anche tornato sul campo per capire con i ragazzi le tensioni tra MySpace e Facebook.

Nell’analizzare i dati, si potrebbe ragionevolmente inquadrare la questione come una scelta individuale in un mercato competitivo. Vi sono tanti ragazzi che vi diranno di essere sull’uno o sull’altro per una questione di gusto personale legato a caratteristiche e funzionalità.

Jordan (15 anni, Austin, Texas): (Facebook ha) uno spazio illimitato per le foto. Mi piace.
Melanine (15 anni, Austin, Texas): Lascio molti più commenti su Facebook per chè questa è la più la sua caratteristica rispetto a MySpace.
Catalina (15 anni, Kansas): (Su Facebook) non ci vogliono otto ore per caricare una pagina. Mi ha davvero stancata (rivolta a MySpace).

Vi sono anche quelli che parlano di design ed usabilità.

Anindita (17 anni, Los Angeles): Facebook è più semplice di MySpace; MySpace è più articolato. Puoi aggiungere cose. Puoi aggiungerci la musica, modificare sfondi e layout, mentre Facebook è piatto.
Heather (16 anni, Iowa): E’ molto più facile usare Facebook che MySpace. MySpace è un po’ complicato. Devi far parte del network. È complicate e molta gente è semplicemente troppo pigra per fare questo.

I ragazzi parlano anche della propria percezione dei diversi siti. Parlano del significato che attribuiscono ad alcune affordance, o di come percepiscono i siti in relazione a valori quali la sicurezza.

Cachi (18 anni, Iowa): Facebook è meno competitivo di MySpace. Non ha la Top Eight o nulla di simile, né la questione dello sfondo.
Tara (16 anni, Michigan): (Facebook)mi sembrava più sicuro, ma non so cosa lo renderebbe più sicuro. Però sembra proprio come dice la gente, più sicuro.

E naturalmente, la ragione principale che motiva la scelta dei ragazzi ha a che fare con i loro amici. Messa giù semplicemente, vanno dove sono i loro amici.

Kevin (15 anni, Seattle): Sono più un tipo da MySpace che da Facebook. Sono anche su Facebook, e lì ho qualche amico, ma la maggior parte dei miei amici non lo controlla spessa, così anch’io non lo controllo spesso.
Red (17 anni, Iowa): Sono su Facebook e MySpace, ma non parlo più con le persone su MySpace … l’unico motivo per cui lo conservo è che c’è mio fratello.

Tutto ciò sarebbe carino e anche dandy se amicizia, estetica e valori non fossero intimamente interconnessi con razza, status socio-economico, istruzione ed altri fattori che generalmente costituiscono la nostra concezione di “classe”. Ma lo sono. E più si va a fondo con l’analisi, più i dati scoperti potrebbero farci sentire a disagio. 

Kat (14 anni, Massachusetts): Non mi piace il razzismo, ma penso che oggi MySpace sia più come un ghetto, mentre Facebook … Non tutte le persone che hanno Facebook sono mature, ma il concetto dovrebbe essere “Oh, siamo così maturi”. MySpace è semplicemente vecchio.

Questa affermazione è la chiave per comprendere la distinzione tra MySPace e Facebook. La scelta non riguarda le caratteristiche delle funzioni. Riguarda piuttosto le categorie sociali in cui viviamo. Riguarda la scelta di siti web che riflettano “persone come me”. E riguarda il considerare gli “altri” siti come i posti in cui vanno le “altre” persone.

Anastasia (17 anni, New York): La mia scuola è divisa in “ragazzi onorevoli” (credo che il termine si spieghi da sé), “ragazzi abbastanza onorevoli”, “simil-gangsta”(ragazzi che si atteggiano a gangsta neri e duri, ma che vengono da zone residenziali molto ricche e agiate), “ispanico-latini” (fanno gruppo a sé anche se potrebbero tranquillamente integrarsi) ed “emo” (ragazzi che vivono perennemente accompagnati da un senso di triste dolore). Siamo tutti su MySpace, ma quando Facebook ha aperto le sue porte ai liceali, prova a indovinare chi ha fatto un passo avanti e chi invece è rimasto indietro?… I primi due gruppi sono stati i primi a prendere l’iniziativa, seguiti dai “simil-gangsta” che si sono divisi, metà su MySpace e metà su Facebook … Anche io, insieme al resto della scuola, sono passata a Facebook, che è diventato il luogo dove gli “onorevoli” si ritrovano e discutono su questioni scolastiche”.

Gli adolescenti – e gli adulti – ricorrono ad etichette e categorie sociali per identificare le persone in base ai valori, il gusto e la posizione sociale. Riflettendo la scelta dei ragazzi tra MySpace e Facebook, questi siti si sono fatti carico di tali categorie sociali.

E ciò è più evidente che mai nel linguaggio di coloro che hanno scelto Facebook al posto di MySpace.

Craig (17 anni, California): Le caste più in alto delle scuole superiori hanno scelto Facebook. Sembrava più colto, e meno grossolano. Le classi più basse, invece, erano contente di restare fedeli a MySpace. Qualunque studente delle superiori che ha un account su Facebook ti dirà che gli utenti di MySpace sono rozzi e detstabili. Così come Peet’s è colto di Starbucks, ed il jazz è più colto del pop da classifica, ed il Mac è più colto del PC, Facebook appartiene ad una categoria superiore rispetto a MySpace.

Nel momento in cui gli adulti sono sbarcati su Facebook, si è potuto osservare un altro aspetto emergere dalla maturità percepita. Una cosa da tenere a mente è che vi è una ricca documentazione che dimostra come gli adolescenti di estrazione più ricca ed acculturata siano più propensi a frequentare ambienti che accolgono anche gli adulti rispetto a quanto non facciano i ragazzi di estrazione più povera.

Naturalmente, questo linguaggio ha a che fare con percezione e valori piuttosto che con la co-partecipazione.

Kaitlyn (14 anni, Georgia): Facebook roba da vecchi.
Melanie (15 anni, Kansas): Facebook è molto meglio. MySpace è noioso, e non decolla perché si centra su cose quali lo sfondo – come se fossi un ragazzino su Xanga; Facebook è più adulto.

Questo esempio mostra come Kaitlyn abbia scelto MySpace per tenere alla larga i “vecchi”, mentre Melanine appoggia Facebook per approcciare la società adulta.

Nel vagliare i miei dati, ho notato che gli adolescenti che preferiscono Facebook sono più condiscendenti verso gli utenti di MySpace che non vice versa. I ragazzi di MySpace magari additano quelli di Facebook come “bravi ragazzi” o “mollaccioni”, ma non adottano mai un linguaggio così duro come quello che gli utenti di facebook utilizzano nei loro confronti.


Spiegazioni

Vi sono numerose spiegazioni potenziali sul come si è arrivati a questo punto.

Una di queste è volgere lo sguardo all’origine. I primi utenti sono quelli che contano, perché plasmano i servizi sul lungo periodo.
MySpace è spuntato prima ed ha subito attirato i ventenni. Si è diffuso tra gli adolescenti attraverso i fratelli e cugini maggiori, così come chi era attratto dalla cultura musicale indie-rock ed hip-hop.

Facebook è nato ad Harvard e si è diffuso tra le scuole di prestigio prima di raggiungere il grande pubblico. I primi adolescenti a sentir parlare di Facebook sono stati quelli vicini ai suoi primi utenti (vale a dire gli studenti delle scuole più prestigiose). E l’appeal del sito si è diffuso tra i ragazzi vicini a tali realtà scolastiche.

Con il diffondersi di questi siti, i ragazzi sono andati lì dove erano i loro amici. Le origini di tali siti spiegano le scelte di molte persone, specialmente al momento della prima registrazione, perché i ragazzi si registrano sui siti dove sono registrati i propri amici. Tuttavia, ciò non spiega perché alcune persone abbiano lasciato MySpace per Facebook ed altre no.

Un modo di intendere la transizione da MySpace a Facebook passa attraverso i cicli della moda e dei capricci. MySpace è venuto prima; probabilmente, a qualcuno è venuto a noia, e quando Facebook ha fatto la sua comparsa, voila! Ciò è senz’altro vero per molti ragazzi (ed adulti), ma questa spiegazione varrebbe solo se MySpace fosse morto, o se i suoi utenti lo considerassero “sfigato”.

Il fatto è che MySpace è ancora molto popolare in un determinato segmento della popolazione. Solo un mese fa, mi stavo facendo ricerche sul campo ad Atlanta, dove ho scoperto che determinati gruppi di ragazzi usano in modo massiccio MySpace. Conoscevano Facebook, ma non avevano intenzione di adottarlo al posto di MySpace.

E qui ci troviamo di fronte alla realtà che rende questa situazione abbastanza complicata da affrontare.

A lasciare MySpace per Facebook non è stato un pubblico qualsiasi. Di fatto, andando al nocciolo della questione, ci troviamo di fronte una realtà scomoda: ciò che si è verificato è stato un “esodo bianco”.

I bianchi erano più inclini a scegliere Facebook. Le persone più istruite erano più inclini a scegliere Facebook. I più agiati erano più inclini a scegliere Facebook. Chi proviene da zone residenziali era più incline a scegliere Facebook. Chi ha disertato MySpace lo ha fatto per “scelta”, ma tale decisione è stata influenzata dagli altri, dalla convinzione che uno spazio più pacifico, sereno, privato costituisse uno scenario più idilliaco.

Questa dinamica è stata incoraggiata dalla stampa, un’istituzione che trae origine dal privilegio e tende a riflettere le vite di una classe più privilegiata di persone. Hanno dipinto MySpace come un pericoloso antro di Internet, mentre a Facebook hanno assegnato il ruolo del salvatore utopico.

E qui torniamo alla questione sollevata da Kat: MySpace è diventato il ghetto del panorama digitale. Le persone che lo frequentano è probabile che siano di colore, e hanno un bagaglio di valori che terrorizza la società dei bianchi. E molti di noi siamo soliti cambiare marciapiede per evitare quella che è considerata marmaglia.

Il fatto che la migrazione digitale stia rivelando gli stessi schemi sociali appartenenti all’esodo bianco dovrebbe essere un segnale di allarme per tutti noi. E se ripensiamo al linguaggio che i giovani utenti di Facebook hanno adottato nei confronti di quelli di MySpace, allora dovremmo davvero preoccuparci.

I più privilegiati tendono ad essere più condiscendenti con chi privilegiato non è che non vice versa. Molti dei presenti vengono da un mondo privilegiato in cui si vuole “aiutare” chi è più povero. Ecco dov’è che abbiamo bisogno di un ‘controllo dei privilegi’.
Quanto spesso il nostro linguaggio ed il nostro manierismo riflette un problematico livello di condiscendenza? Forse dovremmo guardare ai nostri giovani. Loro parlano sicuramente in un modo che rivela sfiducia e condiscendenza.

Sottolineo questo aspetto perché credo che abbiamo bisogno di pensarci due volte al momento di scaricare e sottovalutare le tendenze e gli ambienti di massa.

Ciò che è mainstream non deriva interamente da un’estrazione privilegiata, ed i valori in campo potrebbero essere molto differenti dai nostri.

Sospetto che, più spesso di quanto si credi, ciò che scarichiamo sono i valori e le culture di chi è diverso da noi. E credo che ciò sia sfacciatamente vero nel momento in cui la paura diventa operativa. La paura dell’ “altro” è al centro dell’esodo bianco; è al centro dell’attitudine “residenziale” rispetto alla vita urbana. E lo stesso accade on-line. Pensiamo ad esempio al panico morale scatenatosi attorno a MySpace ed ai predatori sessuali on-line.

I dati hanno ampiamente dimostrato che MySpace non è un sito a rischio per i giovani e che è più probabile registrare comportamenti pericolosi sulle chatroom che su MySpace. Tuttavia, se tra i presenti vi è qualche genitore con figli giovani, probabilmente se la fa sotto pensando a MySpace.

Perché? Di cosa avete paura? Avete paura del sito o del fatto che i vostri ragazzi siano esposti a valori differenti dai vostri? Avete paura di un’ostentazione della sessualità o dell’ostentazione della sessualità della working class? Inutile a dirlo, questo è argomento per tutt’altra conversazione.

Mentre i giovani sono il punto di partenza di tale divisione, il problema si è infiltrato anche tra gli adulti. Ed in modo più esplicito.

A differenza dei giovani, che spesso sono a cavallo tra MySpace e Facebook, la maggior parte degli adulti sono attivi o sull’uno o sull’altro, a meno che non abbiano una precisa motivazione professionale o un hobby che li spinga ad essere su entrambi. Molti di voi conoscono persone che si sono registrate a Facebook negli ultimi dodici mesi. Ebbene, numerosi adulti si sono registrati anche su MySpace negli ultimi dodici mesi.

Io credo che non molti di voi conoscono adulti che di recente hanno creato un account su MySpace. Perché? Perché probabilmente non sono come voi.

Sotto molti punti di vista, il mondo degli adulti è ancora più diviso di quello degli adolescenti. A differenza degli adolescenti, è molto meno probabile che un adulto conosca altri adulti diversi da lui.

Vi è un concetto in sociologia chiamato “omofilia”, ed è un po’ la trasposizione del latino “similis cum similibus”: i bainchi conoscono i bianchi, i democratici conoscono i democratici, i “tecnologici” conoscono i “tecnologici” ed i ricchi conoscono i ricchi.

E prima che iniziate immediatamente ad elencare le persone diverse da voi che conoscete, pensate che questa è la reazione automatica ad una realtà scomoda (più evidente quando la gente dice “il mio amico nero”…).

Strutturalmente, i social network sono guidati dall’omofilia anche laddove vi sono eccezioni individuali. E di sicuro nel mondo digitale questo diritto manifesto è sotto i nostri occhi.

Una cosa da tenere a mente circa i social media: Internet riflette ed ingrandisce dinamiche pre-esistenti. E rende numerose dinamiche molto più visibili di prima.
Le divisioni razziali nella società americana non dovrebbero schoccare nessuno dei presenti, ma la loro esplicita trasposizione digitale potrebbe risultare sconvolgente. Ad esempio, anche le scuole “integrate” mostrano una frattura razziale attraverso la pratica del fare amicizia.
Si assiste all’omofilia on-line, e si assiste al modo in cui le persone che condividono uno spazio fisico non condividono un legame emozionale.


Implicazioni

 Perché vi sto raccontando che MySpace e Facebook sono divise dalla razza, la classe, l’istruzione ed altri fattori? Perché è importante. E noi dobbiamo parlare ed affrontare le implicazioni di tali divisioni.

Innanzitutto, quando le persone sono strutturalmente divise, nono condividono uno spazio fisico e non comunicano tra esse. Questo genera intolleranza.

I sociologi sono ossessionati dall’omofilia per via delle implicazioni socio-economiche di tali divisioni. Se non conosci persone diverse da te, non ti fidi di loro. Pensate a questo nel contesto politico dei diritti gay. Il fattore principale per determinare la posizione di una persona in relazione ai diritti gay è se questa persona conosce o meno un omosessuale. 

I social network complicano ulteriormente la questione. I social network non sono come le e-mail, dove non conta se il tuo account è Hotmail o Yahoo.

Quando si sceglie MySpace o Facebook, non si possono mandare messaggi a chi sta dall’altra parte. Non si può richiedere l’amicizia a chi sta dall’altra parte.  Vi è un muro culturale tra gli utenti. E se non vi è modo per le persone di comunicare attraverso tale divisione, non ci si può aspettare da loro che lo facciano comunque.

Detto ciò, le persone sono già divise, e noi accettiamo che persone di diversa estrazione abitino ambienti diversi. Non possiamo aspettarci che la tecnologia intergi automaticamente le persone e generi un’armonia culturale.

Sebbene molti di voi chiamano questi siti “social network”, non vi è quasi l’ombra di alcun tipo di rete. Le persone usano questi siti per legarsi alle persone che conoscono.

In altre parole, anche se potessero parlare superando la divisione, non lo farebbero comunque. Anche quando le persone parlano superando le differenze, ciò non placa automaticamente le tensioni sottostanti. L’integrazione scolastica ha avuto molti pregi, ma non ha risolto il problema del razzismo in questo paese.

E qui veniamo alla questione principale riguardo i social network. Possiamo accettare che le persone scelgano di legarsi a chi è come loro e non stringano amicizia con chi non lo è. Ma possiamo accettare che le istituzioni ed i servizi supportino soltanto una parte di questo network? Quando i politici si rivolgono solo a metà dei propri elettori? Quando gli insegnanti si rivolgono alle persone solo attraverso gli strumenti del privilegio?

Quando iniziamo a sfruttare la tecnologia a scopi ben precisi, potremmo rinforzare le divisioni che stiamo cercando di affrontare.
Se vogliamo che le persone si uniscano attorno a temi quali la politica e la democrazia, l’ informazione e le idee, dobbiamo comprendere le divisioni esistenti.

Molti di noi vedono i social network come una moderna incarnazione della sfera pubblica. I politici si connettono a questi siti per avvicinarsi al proprio elettorato e sentirne i pareri. Gli attivisti cercano di rastrellare persone attraverso questi siti. Gli isegnanti cercano di legarsi agli studenti e di creare comunità in cui condividere le proprie conoscenze. Tutto ciò è fantastico. Ma non è una sfera pubblica unica ed uniforme. Vi sono numerosi pubblici (e contro-pubblici).

Per molti versi Internet sta creando una sfera pubblica per la next-generation. Purtroppo, porta con sé anche le divisioni della next-generation.

La sfera pubblica non è mai stata accessibile a tutti. Vi è una ragione se lo studioso Habermas ne ha parlato come della sfera pubblica borghese.

La sfera pubblica è stata storicamente dominata da uomini istruiti, ricchi, bianchi e retti. La sfera pubblica digitale può rendere alcuni aspetti della sfera pubblica più accessibili a qualcuno, ma ciò non è un dato.

E se le modalità con cui costruiamo la sfera pubblica digitale rinforzano le divisioni che abbiamo cercato di abbattere, allora abbiamo un problema.

Non tutti hanno le capacità di affrontare la sfera pubblica in modo significativo.

Se pensate che l’educazione civica di questo paese abbia una brutta cera, date un’ occhiata all’ alfabetizzazione dei media. I pubblici digitali fondono il peggio di entrambe.

Molti dei presenti hanno imparato ad usare Facebook o Twitter grazie ai propri amici. In modo collettivo, voi stabilite le norme circa cosa è appropriato nel vostro network. Se non fate parte di questi network, allora queste tecnologie possono risultarvi estranee.
Consiglio ad ognuno di voi di loggarvi su MySpace oggi e cercare di capirci qualcosa. Vi sembrerà estraneo, perché non è la vostra comunità, lì non ci sono i vostri amici. Ora immaginate come si sentono le persone che non sono come voi quando si imbattono in Facebook o Twitter.

Pertanto, mentre pensiamo a creare spazi pubblici, qual è il punto di incontro dei nostri discorsi? MySpace o Facebook? Twitter o IRC?
Ciò che conta è quello che scegliete. Ciò che conta è dove sono i vostri amici. Le “voci” che vi giungono da Internet sono viziate dalle persone che frequentano i vostri stessi spazi.

Ma siete pronti a farvi carico di tutto ciò? State lavorando per rappresentare tutte le persone o soltanto quelle che riuscite a vedere e sentire? Quando cercate di avvicinarvi a qualcuno, cercate di raggiungere tutti o solo quelli che appartengono ad ambienti che riuscite a capire? Siete pronti ad accogliere le diversità o considerate solo quelle che vi mettono a vostro agio?

Negli USA possiamo parlare di Facebook o di MySpace, ma la politica è differente in ogni paese.

Ciò che divide le persone spesso le differenzia, sebbene quello della “classe” è un aspetto saliente praticamente ovunque. Ad esempio, guardando all’uso che fanno in India dei social network, si nota una divisione tra Orkut e Facebook che corre lungo la linea della casta e della professionalità.

Anche se non lavorate negli Stati Uniti, dovete tenere in considerazione le divisioni sociali, magari semplicemente guardando altrove.
Le divisioni si sviluppano anche internamente.

Pensate al tanto apprezzato Twitter. Per i neofiti, chi usa il sito rappresenta una minoranza di utenti americani (figurarsi poi quelli internazionali).

Gli adolescenti, ad esempio, non usano Twitter. Ma anche quelli che lo utilizzano, non fanno parte di un enorme spazio pubblico. Pensiamo alle elezioni in Iran. Se facevate parte di determinati gruppi, non avete potuto ignorare il fiorire di profili attorno alla discussione #iranelection.

Ma, sebbene tali conversazioni fossero decisamente prolifiche, solo una piccola percentuale di utenti era consapevole di quanto succedeva oltre l’argomento caldo. Chi stava seguendo 50 Cent e Miley Cyrus erano ignari di tali conversazioni.  E, in qualche secondo, tutto ciò è diventato visibile in occasione della morte di Michael Jackson, che ha catalizzato l’attenzione di una fetta ben più ampia di utenti che quasi fatto collassare Twitter.

Nel vostro mondo, l’Iran probabilmente è più importante di Michael Jackson. Ma non pensate neanche per un secondo che ciò sia universale. MySpace vs. Facebook non è l’unica divisione che sta avendo luogo on-line, né sarà l’ultima. Tali divisioni continueranno a verificarsi nella misura in cui i social media assumono un ruolo sempre più prevalente e nella misura in cui le funzioni dei social media si troveranno su ogni sito del Web.


Takeaway

Parlare di ineguaglianza e stratificazione sociale è difficile e complicato.
Pur immergendomi in questi dati, ho grandi difficoltà a trovare le parole giuste per questi temi, poiché è evidente che gli americani – me compreso – non abbiamo un linguaggio per affrontare questioni quali la razza, le classi, la stratificazione.

Dal punto di vista accademico, ci affidiamo principalmente alla lingua inglese, che però non funziona così bene negli USA. Pertanto, pensando a tali questioni, non imbarazzatevi se vi ritrovate ad inciampare sulle parole o ad affrontare idee che non riuscite ad articolare.
Anche io ho faticato per scrivere questo discorso, il cielo mi è testimone!

E sono sicuro di aver offeso qualcuno, ma la mia speranza è quella di andare al cuore della storia, anche adottando un linguaggio impreciso.

Prima di lasciarvi, vorrei sottolineare più specificamente le idee che spero possiate portarvi a casa dopo questo discorso:

    1. la stratificazione sociale è un elemento penetrante nella società americana (e in tutto il globo). E i social media non sradicheranno magicamente le disuguaglianze. Piuttosto, riflette quanto accade nella vita di tutti i giorni e rende visibili le divisioni sociali.

Ciò che vediamo on-line non è di proprietà di quei siti specifici, bensì il modello di adozione e sviluppo emerso in seguito all’avvicinamento delle persone. Le persone hanno portato con sé i propri pregiudizi inserendoli in questi siti.

2. Non vi è un pubblico on-line universale. Ciò che sembra la “scelta” degli utenti nel campo dei social media spesso ha a che fare con forze strutturali come la omofilia che fanno parte delle reti sociali delle persone. La stratificazione sociale nel nostro paese non è chiaramente legata alla razza, all’istruzione o a fattori socioeconomici, sebbene tutti questi elementi siano sicuramente presenti.

Più che altro, la stratificazione sociale è una questione di reti sociali. Le persone si connettono a persone che la pensano come loro, e loro stessi pensano come le persone alle quali si connettono. Il pubblico digitale ha evidenziato e rafforzato le divisioni strutturali.

3. Se cercate di connettervi al pubblico, ciò che conta è dove andate on-line. Se scegliete Facebook come piattaforma della vostra attività civica, state implicitamente suggerendo che una determinata classe di persone è più meritevole del vostro tempo rispetto ad altre.

 

Di certo, dividere la vostra attenzione può essere difficoltoso e comunque non significa che riuscirete a raggiungere tutti. La chiave per sviluppare una strategia sui social media è comprendere chi si sta raggiungendo e chi no, e assicurarsi che la nostra prospettiva tenga conto di tali scelte.

Individuate i vostri pregiudizi e contrastateli.

4. Internet ha permesso a molte voci nuove di partecipare al discorso politico, ma non tutti hanno preso un posto a sedere. In questo paese, specie tra le persone con un inclinazione politica, vi è una terribile tendenza ad interpretare un passo avanti come una soluzione.

 

Non abbiamo sradicato il razzismo. Non abbiamo sradicato il sessismo. Non abbiamo sradicato le ineguaglianze.

Mentre abbiamo fatto grandi passi avanti in certe battaglie, la guerra non è finita. La cosa peggiore che possiamo fare è allontanarci e congratularci con noi stessi per tutto quanto di buono è accaduto. Questa attitudine prepara un nuovo terreno fertile per una ulteriore stratificazione.

Più consideriamo determinati social media come la soluzione, più definiamo una moderna “cittadinanza di seconda classe”.

Per combattere questa guerra, è assolutamente necessario affrontare le questioni dell’accesso e dell’ alfabetizzazione mediatica, ma è anche necessario affrontare temi più ampi come l’ineguaglianza, l’intolleranza e le divisioni sociali.

La tecnologia non è la salvezza, ma sicuramente può evidenziare il lavoro che dobbiamo svolgere. E abbiamo davvero del lavoro da fare, un lavoro importante che va oltre la tecnologia. Possiamo ricorrere alla tecnologia come strumento per connetterci alle persone, ma non possiamo pensare che ciò cancelli le importanti questioni che dobbiamo affrontare in questo paese.

La mia speranza è che ognuno di voi possa guardare ai social media con occhio critico. Il nostro è un tempo incredibile, pieno di casi di studio che ci possono ispirare. Ma è anche un tempo straziante in cui una penetrante stratificazione sociale è deificata in una nuova era.

Se non affrontiamo subito la questione, l’ ineguaglianza metterà radici ancor più profonde che cementeranno ulteriormente le divisioni nelle nostre vite. Per favore, non facciamo finta di niente. Per favore, sfruttiamo quanto detto come un’opportunità per affrontare le questioni sociali immediatamente.

—–

Per approfondimenti:

Questo discorso è basato su una ricerca volta ad un progetto ben più ampio. Per saperne di più, fare riferimento al Capitolo Cinque di Taken Out of Context: American Teen Sociality in Networked Publics . Presto forniremo aspetti più dettagliati e teorizzati su questo tema.

Per un lavoro quantitativo sull’argomento, fare riferimento all’articolo di Eszter Hargittai su Journal of Computer-Mediated Communication :  "Whose Space? Differences Among Users and Non-Users of Social Network Sites."