Wiki e non social networks per i giornali – Una sola identità – I lettori non sono degli sprovveduti e usare la loro intelligenza è molto più redditizio che insultarli – Oliver Reichenstein, uno specialista di architettura informatica, delinea su Information Architects i maggiori 10 falsi ‘’mitiÂ’Â’ dellÂ’ editoria tradizionale, mettendoli a confronto con la realtà e decostruendoli.
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Oliver Reichenstein, uno specialista di architettura informatica originario di Berna, ha delineato sul sito della sua agenzia– IA, Information Architects, fondata a Tokio due anni fa – i maggiori 10 falsi ‘’miti’’ dell’ editoria tradizionale, decostruendoli e mettendoli a confronto con la realtà .
Come rileva Nicola Bruno, che su Web*.0 ha segnalato la riflessione di Reichenstein, è molto interessante anche una delle illustrazioni che lo corredano, questa qui sotto:
In particolare Nicola Bruno ha apprezzato il punto 10:
Mito 10: i giornali devono diventare social network Fatto 10: i giornali devono diventare wiki
Ne è nato uno scambio di idee fra Bruno e Reichenstein, che riproduciamo in nota**
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di Oliver Reichenstein
(via Web*.0)
Mito 1 Â : Si paga per i contenuti dei giornali
Fatto 1 :  Il contenuto delle notizie è stato sempre gratuito
Il prezzo del quotidiano copre soltanto i costi di carta e stampa. Il management, la redazione e la distribuzione dei giornali sono coperti interamente dalla pubblicità . Dal punto di vista economico è corretto solo dire che non paghiamo per i contenuti online. Non mi dite che non avete mai sentito cheÂ…Â
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Mito  2: Non c’ è danaro abbastanza nella pubblicità online
Fatto 2: I giornali non curano la pubblicità online
‘’Gli ultimi dati della Newspaper Association of America mostrano che il ricavo della pubblicità nei giornali cartacei continua a scendere: meno 1,7% nel 2006 (46,6 miliardi di dollari). Non c’ è notizia: è il solito disastro. Ma c’ è un altro numero interessante nel Rapporto della NAA: il fatturato dei siti online dei giornali è schizzato in alto del 31,5% nel 2006, a 2,7 miliardi di dollari’’ (Fonte:  Recovering Journalist. )
Impegnati di più sul tuo sito, assumi un tuo venditore di pubblicità , vendi inserzioni congiuntamente su carta e online e spiega ai tuoi utenti che lÂ’ obbiettivo di un sito online non è di essere ciccato ma di essere guardato. Proprio come la pubblicità su carta. Ridurre gli spazi per le inserzioni a un banner per pagina, le rende più gradevoli e fa vendere meglio. Non fare sullÂ’ online quello che non faresti mai sulla stampa. E una cosa soprattutto: Niente popups. Tutti odiano i popups e le aziende che li usano per pubblicizzare i loro prodotti ci fanno arrabbiare.Â
Mito 3: I giornali devono avere identità diverse per l’ on e l’ off-line
Fatto 3: Il giornale deve avere una sola identitÃ
LÂ’ azienda che se ne vien fuori con lÂ’ idea idiota di creare una testata-marchio separata per lÂ’ edizione online dovrebbe essere presa a bacchettate. Duramente.
Guardate qui: la scelta di cambiare fatta dal Washington Post, spiega la figura, è sciocca, inutile e crea sfiducia*.
La “speciale” identità online sembra dirti: ‘’Non è una cosa reale. E’ una versione raffazzonata della carta’’. Il NYT invece ha scelto bene.
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Mito 4: I giornali devono avere archivi chiusi
Fatto 4: Chiudere gli archivi vuol dire troncare gli accessi
Quanti soldi avete fatto con i vostri preziosi archivi e quanto traffico invece avete perduto? I giornali devono aprire i loro archivi, linkare fra di loro gli articoli e cercare di fare in modo che Google indicizzi i loro materiali il più possibile.  Â
Come avviene per TimesSelect – che va giusto in direzione opposta alla prima legge della termodinamica internettiana, secondo cui tranne lÂ’ informazione finanziaria e il porno qualsiasi cosa su internet deve essere gratuita –,copre non più del tre per cento del contenuto del giornale dietro il muro del suo abbonamento. E questo cosiddetto ‘’premium contentÂ’Â’ genera appena 10 milioni di dollari lÂ’ anno, una sottile fettina della torta del ricavo online dellÂ’ azienda, che è pari a 350 milioni. Â
 – Da The Huffington Post (http://www.huffingtonpost.com/arianna-huffington/news-20-the-hybrid-futu_b_44401.html)
Mito 5: Le pagine dei giornali devono scoppiare di roba
Fatto 5: I lettori vogliono una informazione ben presentata
Stampa e online hanno delle caratteristiche differenti in relazione a quello che si può e si dovrebbe fare, ma per le aziende serie gli standard di qualità dovrebbero essere gli stessi. I giornali a volte accettano che le notizie più importanti vengano presentata orrendamente sul web, roba che non farebbero mai sull’ edizione a stampa. Tratta il tuo design online come tratti quello dell’ edizione di carta, in termini di branding, design e pubblicità . Chiediti sempre: Lo farei sul giornale di carta?
Mito 6: I lettori sono sciocchi, i giornalisti intelligenti
Fatto 6: Il pubblico è più in gamba di te
Vi sembra strano che qualcuno abbia un’ idea come questa? Il pubblico è spesso molto più intelligente di te e collettivamente i cittadini surclassano qualsiasi giornalista migliaia di volte. Usare l’ intelligenza dei tuoi lettori è molto più redditizio che insultarli.
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Mito 7: Giornalista=professionale, blogger=pasticcione
Fatto 7: I blogger sono giornalisti
Va bene, ok… E il gelato del gelataio è più buono di quello del frigo…
I blogger sono giornalisti.  Qualcuno è un buon giornalista, qualche altro un disastro. I social media spingono i giornali a diventare più indipendenti, in modo che  questo non capiti più:
Mito 8: Il web è solo una moda. Niente panico.
Fatto 8: Cambiare o morire
Già , e il telegrafo tornerà e finirà questa storia delle e-mail. Lasciatevelo dire: quello che accadrà dopo internet sarà sempre più fatale per i tuoi affari se non ti adatti subito.
Adattarsi significa: il tuo sito web è il tuo strumento editoriale. La carta è uno dei prodotti eccitanti di questo processo editoriale interattivo. Devi lavorare al meglio sul tuo giornale cartaceo: aumentarne la leggibilità , la scannerizzabilità , lÂ’ usabilità .Â
Mito 9: Senza carta giornalismo&democrazia muoiono
Fatto 9: L’ informazione socializzata è informazione democratica
Mito 10: I giornali devono diventare dei social network
Fatto 10: I giornali devono diventare dei wiki
I lettori dei giornali non sono amici. Si presume anzi che i buoni lettori siano critici gli uni con gli altri e non si scambino pacche sulle spalle gli uni con gli altri. CÂ’ è un modello tecnologico molto più naturale per i giornali. Â
Io credo che i giornali abbiano bisogno di sviluppare una costruzione più trasparente dei servizi e degli articoli, di incrociare link e riferimenti dei ‘’pezzi’’, di consentire ai lettori di scrivere articoli e correggere collettivamente gli errori e di diventare accurato almeno quanto l’ Enciclopedia Britannica. Può succedere? Certo, i giornali potrebbero usare la tecnologia wiki. Certo, c’ è ancora molto da migliorare ancora, ma quel modello di creazione e di ottimizzazione dei contenuti sembra già in perfetta forma.
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NOTE
* Aggiornamento: Il Washington Post come un wiki. I particolari qui.
** nicola bruno: 28 Mar 2007 11:43
Oliver, avevo intuito la carica provocatoria dell’ultimo punto. io non credo però che il giornalismo abbraccerà in pieno il wiki. Oppure sì, tra molti molti anni.
Ma il modello a cui guardare forse sarà più quello di Citizendium o NewAssignment che non Wikipedia. cioè la redazione (magari anche questa distribuita e non centralizzata) sarà sempre indispensabile per gestire la complessità e i problemi che l’apertura comporta.
Oliver Reichenstein28 Mar 2007 12:22
Nicola, siamo totalmente d’accordo. Citizendium is the way to go. L’idea sarebbe che solamente i sottoscrittori del giornale possano scrivere loro stessi. Per cause di identità /sicurezza ovviamente.