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CINQUE ANNI DI NY SUN, L’ HYPERLOCAL NELLA CAPITALE DEL MONDO

Il quotidiano, di taglio conservatore, nato a ridosso dell’ 11 settembre, è riuscito a tenere testa a giganti come il New York Times e il Wall Street Journal – Nel primo trimestre del 2007 pubblicità in crescita del 50%

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di Matteo Bosco Bortolaso

Il New York Sun compie cinque anni. Il quotidiano, una manciata di pagine con inserzioni poco appariscenti, è nato a ridosso dell’11 settembre 2001 e vuole essere lo specchio dei cittadini della Grande Mela, orgogliosi di abitare nella capitale del mondo. Un taglio locale, quindi, ma che abbraccia tutti gli Stati Uniti con l’edizione online e che mantiene il respiro internazionale della metropoli da otto milioni di abitanti. Di proprietà della potentissima lobby ebraica, il New York Sun, raccontando una città che “lavora e produce” come Milano o un centro del Nordest italiano, ha interpretato in maniera peculiare la formula dell’hyperlocal, scontrandosi ogni giorno contro agguerriti concorrenti come il New York Times, dello stesso formato broadsheet, il tabloid New York Post, la free press e il giornale economico Wall Street Journal.

Con audacia e riferimenti biblici, il giovane quotidiano conservatore – che si accredita 150.000 (‘’influenti’’) lettori al giorno – racconta che New York è teatro dell’unico vero scontro del giornalismo americano dei tempi recenti, quello tra un piccolo Davide e un coriaceo Golia, rappresentato dalla “vecchia signora in grigio”, il New York Times che in questi giorni sta traslocando nel nuovo grattacielo progettato dall’architetto italiano Renzo Piano.

“In questa zuffa il New York Sun potrebbe uscire sconfitto – ammette il quotidiano – ma “ha vinto un magnifico bacino di lettori e sta vivendo la più grandiosa crescita della città, con un aumento, nel primo trimestre di quest’anno, del 50% delle entrate pubblicitarie”. E da poco il quotidiano ha raddoppiato, con un fascicolo appositamente dedicato alle arti ospitate dalla Grande Mela. Le due sezioni del quotidiano, comunque, sono ben lontane dagli innumerevoli fascicoli di cui è composto il New York Times, che, proprio come il concorrente, dedica molta attenzione alla cronaca locale.

“Entrando nel nostro sesto anno di vita, ripensiamo a quella mattina in cui dovevamo parlare della capitalizzazione di un giornale che doveva ancora nascere – si legge in un editoriale pubblicato di recente sulla prima pagina del quotidiano – la riunione era fissata per l’11 settembre 2001, ma una nostra segretaria, Patricia Kabo, chiamando dal New Jersey, ci disse di evitare di andare nel distretto finanziario della città: un aereo aveva appena centrato il World Trade Center”. “Nelle ore disperate che seguirono – continua il quotidiano – abbiamo realizzato che una delle tante vittime di quella terribile giornata poteva essere il sogno di un nuovo giornale che metteva tra le sue priorità la stessa New York”. Così, però, non è stato. Secondo l’editoriale, gli attentati terroristici, che avevano colpito il cuore della metropoli come mai era accaduto in nessun altra città americana, hanno spinto New York a stringersi e rinascere. E, “all’alba di questa nuova guerra”, il New York Sun, capitalizzato il 1 ottobre 2001 e nelle edicole dal 16 aprile 2002, si è nutrito di questo spirito tenace comune a milioni di cittadini newyorchesi – the grit of New Yorkers.

L’editoriale che celebra il compleanno del giornale racconta i cambiamenti di questo lustro cominciato con il crollo delle torri, una disoccupazione che nello stato di New York arrivava al 7,7%, un buco nel budget cittadino di diversi milioni di dollari, cinque milioni di turisti e un prezzo medio per un appartamento di Manhattan che si aggirava sui 700 mila dollari. Dopo cinque anni, la situazione è migliorata: la disoccupazione è al 4,9%, il mattone registra uno storico boom (lo stesso appartamento adesso vale 1,1 milioni di dollari), sono cominciati i lavori per costruire una nuova linea della metropolitana e quest’anno i turisti dovrebbero essere 7 milioni. “Cinque anni fa – racconta il Sun – a New York non c’era un negozio della Apple, ora ce ne sono due, frequentatissimi dai giovani, mentre le catene di supermercati Target e Whole Foods hanno aperto nuovi centri in periferia. Sono stati inaugurati nuovi ospedali. E i più rinomati ristoranti della città sono nati dopo l’11 settembre. Il Museum of Modern Art, tempio dell’arte moderna, ha rinnovato la storica sede con un investimento da 858 milioni di dollari. Una nuova galleria di arte greca e romana è stata appena inaugurata in un altro grande museo, il Metropolitan”. Secondo il quotidiano, ora è tempo di gestire questa crescita, raccontata quotidianamente dal Sun. Il compito di amministrare la città spetta certamente al sindaco della Grande Mela, al governatore dello stato di New York e anche al presidente Bush, ma soprattutto agli imprenditori e alle istituzioni della metropoli.

I valori per i quali si batte il Sun? Crescita economica, poco Stato, molto liberismo, politiche pubbliche a favore dell’individuo, libertà di assemblea, di religione e una forte politica estera di sapore neo-con. C’è molto da fare e le battaglie che il giornale vuole combattere non mancano. New York ha le tasse più onerose degli Stati Uniti. Anche se nel campo dell’istruzione ci sono stati miglioramenti grazie alle scelte dell’amministrazione cittadina, i genitori “continuano a non poter veramente scegliere e spesso i figli si ritrovano intrappolati in scuole di pessima qualità”. Mentre l’America combatte la guerra al terrorismo, “è sempre più chiaro quanto il nemico sia determinato, ma sarà il mondo libero (free world) a vincere”. La speranza dell’editoriale è che il prossimo lustro sia tanto dinamico quanto quello passato, con l’impegno, da parte del Sun, di continuare a raccontare questa crescita ma anche di sottolineare gli ostacoli disseminati lungo la strada del progresso. “Ci sentiamo fortunati a vivere questo grande momento – scrive il quotidiano – e  affronteremo il nostro compito con umiltà, riconoscendo che il nostro giornale è sempre work-in-progress”. Un giornale in cantiere, proprio come la Grande Mela nell’epoca post-11 settembre.

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