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CALA NEGLI USA IL CONSUMO DI INFORMAZIONE D’ ATTUALITA’

Uno studio di Robert G. Picard, specialista dei media ad Harvard – Meno 48% nei quotidiani, meno 58% nella tv tradizionale, meno 26% nei magazine – Il calo, secondo Jeff Mignon (Mediacafè), potrebbe essere legato anche a una diminuzione del valore che gli utenti danno all’ attualità e pone quindi con forza al mondo dell’ editoria e del giornalismo il problema della valorizzazione dell’ informazione.
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Nonostante la gran massa di informazioni che attraversa il pianeta, il consumo di informazione di attualità è, oggi, al livello più basso degli ultimi 50 anni.

Il dato – rileva Jeff Mignon in un articolo sul suo blog Mediacafè – emerge da uno studio realizzato da Robert G. Picard,specialista mondiale dell’ economia dei media per Harvard e direttore del Media Management and Transformation Center Jönköping International Business School di Jönköping, Svezia.

Lo studio ha per titolo: Journalism, Value Creation and the Future of News Organizations ed è consultabile qui .

Nella nostra professione – commenta Mignon – si presume che le persone abbiano bisogno di attualità. Che ne abbiamo bisogno in modo articolato, regolare, ecc. Ma le cifre sembrano dire il contrario, almeno negli Usa.

Qualche esempio:

Televisione:

– 2004 : 28,8 milions di telespettatori in media per il tg serali delle grandi catene televsive americane.
– Erano 52,1 milioni nel 1980
– In questo periodo la popolazione è aumentata di più di 70 milioni di persone.
– Si è dunque passati da 229 telespettatori per 1000 abitanti del 1980, a 97 per 1000 nel 2004, con un calo del 58%.

Riviste e settimanali:
– La diffusione dei tre principali magazine d’ attualità negli USA — Newsweek, Time e U.S. News & World Report – è scesa del 9,9% tra il 1988 e il 2003.
– Anche qui si è passati da 42 lettori per mille abitanti nel 1988 ad appena 31 ogni mille abitanti nel 2003, con una contrazione del 26%.

Quotidiani :

– La diffusione della stampa quotidiana è aumentata se si tiene conto del numero di copie diffuse: da 53.829.000 copie nel 1950 a 54.626.138 nel 2004 (compresa la free press).

– Ma se si considera l’ aumento della popolazione, la penetrazione è diminuita del 48 % : da 353 copie per 1000 abitanti nel 1950 a 183 esemplari per 1000 nel 2004.

Dove si sono diretti questi consumatori potenziali?, si chiede Picard.

Un po’ sulla tv via cavo:

– Le tre reti di informazione sono guardate quotidianamente solo dal 2% delle famiglie americane.

– I canali di informazione locale, secondo uno studio, sono in testa alle fonti di informazione per la metà delle persone interrogate (si tratta del doppio delle grandi reti televisive). Ma la metà di essi non arrivano fino alla fine del tg. E 6 su 10 non sono legati a un canale specifico in particolare.

Un po’ su Internet :
– 23 milioni di visitatori unici al giorno per MSNBC, 21 milioni su CNN, 6 milioni su FoxNews.com. Ma non si è ancora in grado di dire quanti utenti navigano su uno, su due di essi o su tutti e tre i siti.
– Il primo dei quotidiani online è il New York Times con 1,9 milioni di visitatori unici al giorno. Che, però, non guardano più di una pagina per ciascuna visita.
– Yahoo ! News, il primo sito d’ informazione al mondo non tocca mensilmente che il 17% degli utenti del net, AOL News intorno al 10% e Google News circa il 6%.

Di fronte a queste cifre – commenta Jeff Mignon –la questione di fondo che si pone alle imprese editoriali sul fronte della produzione di news è quella del valore dell’ informazione. Sembra che gli utenti giene attribuiscano meno. E che ciò si traduca in una diminuzione del consumo generale di attualità. Almeno negli Usa.

Strategicamente, si tratta dunque di lavorare per migliorare, agli occhi delle persone, degli annunciatori, degli investitori e di coloro che i media li fanno (non lo dimentichiamo), iul valore dell’ informazione. Senza dimenticare, ed è un punto cruciale, che questo valore è attribuito dall’ utente e non dal produtore.

Porsi il problema del valore dell’ informazione, economica, sociale, individuale… è una idea nuova per le aziende editoriali, insiste Picard. Ma è anche una domanda necessaria. E qui da noi –si chiede Mignon -, qui in Europa?

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