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QUALE FUTURO PER I GIORNALI?

Dopo lo speciale del Guardian sul Web 2.0, l’ Independent analizza lo scenario dell’ editoria cartacea alle prese con l’ ondata digitale dando voce ad alcuni dei principali addetti ai lavori – Ma le prospettive sono ancora confuse

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Dopo lo speciale del Guardian sul Web 2.0 , un altro giornale londinese – The Independent – affronta in dettaglio lo scenario dell’informazione cartacea alle prese con l’ondata digitale.
”Il futuro dei quotidiani” raccoglie sul tema l’opinione di un’ampia serie di addetti ai lavori. I quali provano a indicare la direzione da prendere, replicando variamente alle seguenti domande: La stampa è forse destinata all’obsolescenza? Oppure saprà reinventarsi e raggiungere una generazione cresciuta guardando lo schermo del computer?

Di seguito una sintesi delle risposte.

Secondo Gavin O’Reilly, presidente della World Association of Newspapers, la pratica diffusa di «dare addosso ai giornali a esclusivo vantaggio delle testate online» è il frutto di «una costante campagna di disinformazione…che non fa che perpetuare il problema», mentre invece l’uso «delle varie fonti d’informazione non ne comporta l’esclusione a vicenda».

John Ridding, CEO del Financial Times, spiega che in un «periodo di frammentazione e disfacimento per la nostra industria, tutto sta nel ridefinire la propria audience e chiarire cos’è che rende diversi ed essenziali». Per una testata come la sua, una grossa spinta arriva dalla «globalizzazione del business» consentita dall’avvento di internet, con la conseguenza che «l’ambito online è più un’opportunità che una minaccia, perché ci offre nuovi canali tramite cui raggiungere il pubblico».

Sulla capacità di trarre vantaggio dalle opportunità offerte dalle nuove tecnologie insiste anche Ian Reeves, editor della Press Gazette: «Quelle aziende che vanno sperimentando varie novità e consentendo a persone di talento di provare sul campo le loro idee, sono quelle che riusciranno ad aprirsi un varco positivo».

Assai fiducioso si mostra Tim Bowdler, CEO di Johnston Press: «Credo che l’industria sia straordinariamente ben posizionata per continuare a rimanere un medium vitale e importante nei mercati locali in cui operiamo». Citando l’ampliamento di un riuscito esperimento di “multimedia newsroom” al Lancashire Evening Post, Bowdler sottolinea l’entusiasmo suscitato dall’introduzione di canali audio-video centrati sull’aspetto locale, sull’onda della diffusione della banda larga.

Alquanto differenziata la posizione di Nicholas Coleridge, managing director di Condé Nast Publications, proprietario di varie riviste patinate, incluso il noto Wired: «Mi piace conoscere il punto di gravità di un quotidiano.
Generalmente le notizie su internet sono troppo leggere per i miei gusti. La prospettiva di un mondo senza giornali è nefasta…Nel prossimo futuro temo che i quotidiani continueranno a perdere spazio in termini di inserzioni e circolazione. Le rivista hanno invece guadagnato mercato negli ultimi quattro anni. Pur operando nel mondo delle riviste, sarebbe una tragedia se i giovani perdessero l’abitudine di leggere i giornali, ne sentirebbero sicuramente la mancanza».

Jon Gisby, responsabile del Media Group di Yahoo! Europe, propende più nettamente per l’informazione online. Riconosce che i giornali, in plateale crisi, hanno comunque un futuro, «…che però sarà assi diverso da quello a cui sono stati abituati finora». E chiude con un commento semi-personale: «La mia sensazione è che se fossi un ambizioso ventunenne e mi venissero offerte due occupazioni, una da un giornale tradizionale e l’altra da un content provider o distributore online, la maggioranza della gente opterebbe per l’offerta online. Un buon sistema per stabilire se un’industria è in declino o meno è quello di capire quale scelta faremmo avendo 21 anni».

John Ryley, responsabile di Sky News fa innanzitutto notare come, in attesa del treno mattutino delle 7:40 da Washington a New York, metà della trentina di persone in attesa «usano o un BlackBerry o un cellulare, e solo due leggono un quotidiano, una il Financial Times e l’altra il Washington Post, e sono entrambi ben oltre i quaranta: un’immagine simbolica del futuro».
Certo, non è che il declino della carta stampa può dirsi imminente, visto che è «in circolazione da almeno 300 anni. Ma è in corso una trasformazione nel modo di informarsi su quanto accade nel mondo».

Per Chris Ward, direttore commerciale di MSN, «i quotidiani non sono destinati a sparire…ma il numero di quanti li acquisteranno diminuirà regolarmente con l’andar del tempo…e dovranno pensare a nuovi business model onde generare altre entrate». Aggiungendo come per quest’anno si prevede una crescita molta ridotta delle inserzioni sui quotidiani, mentre quelle online «saliranno di un altro 50-60 per cento».

(a cura di Bernardo Parrella)

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