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MySpace, il motore da business del visionario Murdoch


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di Benoit Raphael
( dal blog Demain tous journalistes? )

 
Con i suoi 100 milioni di utilizzatori, i suoi 45 milioni di visitatori unici e i suoi 25 miliardi di pagine viste ogni mese, il fenomeno MySpace non finisce di creare interrogativi fra gli osservatori. Per quelli che non lo conoscono, questo servizio offre agli internauti uno spazio personale in linea in cui si possono pubblicare – in maniera parecchio sommaria – foto, video, musica, blog, liste di amici e commenti. E’ un po’ rozzo ma funziona.
 

Da visionario qual è, il padrone di  News Corp., Rupert Murdoch, alla ricerca di un nuovo graal su internet, lo ha acquistato l’ anno scorso per 580 milioni di dollari. Ma ci si continua a interrogare sul modello economico di MySpace. Costoso e non particolarmente rassicurante per gli inserzionisti, malgrado i miliardi di pagine visitate. Essendo il suo contenuto prodotto dagli utilizzatori (prevalentemente adolescenti), si possono capire le preoccupazioni di alcune aziende per il rischio di ritrovare le loro pubblicità on line, per caso, sulla pagine personale di in  sessuomane  o di un satanista, quando non addirittura di un pericoloso pedofilo.

Ma se si guardassero le cose da un’ altra angolazione? Se si finisse di considerare MySpace solo come un servizio on line gratuito, condannato a sedurre gli inserzionisti per sopravvivere? Preso a sé, MySpace presenta forse un interesse finanziario piuttosio limitato, ma se lo guardiamo come il cuore di un sistema è tutta un’ altra cosa. Non è MySpace in sé ad essere interessante. E’ quello che esso prefigura. 
 

Con i suoi 45 milioni di internauti che, in media, restano più di due ore sul sito a socializzare e a gridare quello che amano o quello che non amano, MySpace è in potenza un grosso motore da business. Una macchina su cui si potrebbe allestire tutta una serie di servizi, di media e, soprattutto, di nuovi progetti.
 

Prima di sviluppare il suo impero mediatico su Internet,  Murdoch si è quindi creato una comunità. O, meglio, un ‘motore sociale’. In un momento in cui – l’ anno scorso  – non si parlava d’ altro che di contenuti, di CPM e di milioni di pagine viste, io trovo questa scelta molto intelligente.
 

Anche se la comunuità in questione è, per ora, ancora difficile da individuare e controllare in termini di comportamento, essa è là, si esprime. E’ una legione…
 

Vedremo se i nuovi servizi di video on demand, di televisione e di vendita di mp3 funzioneranno su Myspace (anche se… con Universal che ormai li propone gratuitamente, si può avanzare qualche dubbio), ma questo è ancora un aspetto marginale. La cosa essenziale, domani, è che tutti vorranno essere ”sul posto”. Nel momento della frammentazione dei supporti di massa, tutti cercheranno di sgomitare su questo motore sociale iperpersonalizzato.

A partire dalle grandi aziende/marchio (Columbia Pictures, Burger King, Volkswagen…) che sono pronte a sborsare fra 100.000 e un milione di dollari per avere le proprie pagine personali su MySpace. E il fatto è che questa cosa funziona: la mascotte dei ristoranti Wendy’s ha ormai più di 80.000 amici (qui). Che vuol dire che 80.000 internauti hanno deciso di mettere il marchio Wendy’s nella loro lista di amici!

MySpace permette poi agli utilizzatori di far parte della lista di amici dei loro gruppi musicali preferiti, e di conversare con i loro idoli. E poi il sito sta per diventare uno spazio di ricerca di annunci di concerti e di info/promozioni. In più gli internauti presto beneficeranno di un servizio di news interamente personalizzato, basato sulle loro pagine personali.
 

E perché, finalmente, ed è questa la forza straordinaria di questo servizio,  MySpace è soprattutto un modo ludico di far riempire a milioni di persone un questionario di rara profondità sui loro gusti, le loro scelte, le loro relazioni. Una preziosa banca dati.

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