Quarantanove dei 134 giornalisti in prigione al primo dicembre 2006 lavoravano su internet La Cina in testa alla classifica Un Rapporto del Committe to protect journalists
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Un numero crescente di giornalisti vengono arrestati e incarcerati perché pubblicano il loro lavoro su internet; almeno un caso su tre è costituito da giornalisti il cui lavoro è apparso inizialmente sulla rete oppure è stato trasmesso per e-mail. Lo sostiene un nuovo Rapporto del Committee to protect journalists (CPJ), secondo cui 49 dei 134 giornalisti imprigionati al 1° dicembre 2006 lavorano soprattutto su internet. Si tratta del numero più alto di giornalisti online censito a partire dal 1997, quando il Cpj cominciò a registrare questi dati.
« Siamo in un momento cruciale della lotta per la libertà di stampa perché gli stati autoritari fanno di Internet un fronte importante dei loro sforzi per controllare l informazione», dice il direttore generale del CPJ, Joël Simon.
La Cina è il primo paese al mondo come numero di giornalisti arrestati. Diciannove di essi sono attualmente in galera, fra cui Shi Tao, che sta scontando una pena d 10 anni di reclusione per aver inviato una mail con le direttive del ministero della propaganda sul modo dicoprire l anniversario del masacroi di Tienanmen.
Comunque, anche se cresce il numero di giornalisti online in prigione, la maggioranza dei giornalisti detenuti fanno capo a giornali, riviste e altre pubblicazioni. Il CPJ ha censito 67 casi del genere nel 2006.
Per l ottavo anno consecutivo, la Cina è in testa alla classifica, con 31 giornalisti in prigione. Cuba è al secondo posto, con 24 reporter, scrittori e redattori dietro le sbarre. L Eritrea sale al primo posto fra i paesi africani, con 23 giornalisti detenuti. Questi prigionieri sono in carcere in condizioni di segretezza e secondo alcuni rapporti non confermati tre di essi sarebbero morti durante la detenzione.
Il rapporto del CPJ è qui .