E il titolo di una intervista sul controverso rapporto tra giornalisti e proprietà che Michele Polo ha fatto per la voce.info a Massimo Mucchetti, vicedirettore del Corriere della Sera e autore de “Il baco del Corriere” (Feltrinelli).
L’ intervista si concentra sulle banche, che svolgono oggi un ruolo centrale nell’economia italiana e che secondo lavoce.info – domani potrebbero averlo nell’editoria, ponendo di conseguenza un problema di regole; sul valore della diversità delle opinioni e il diritto di criticare anche i propri azionisti e sulla possibile soluzione dell’azionariato diffuso.
A questo proposito, secondo Mucchetti la competizione tra azionisti allinterno di una società, se è vera, crea confusione e paralisi e non garantisce nulla. E pensare di guidare unimpresa editoriale sul piano giornalistico e su quello manageriale giocando su una specie di equilibrio del terrore tra soci eccellenti mi pare, francamente, arrischiato. Ci vorrebbero persone così speciali che ancora non sono state trovate e forse non esistono in natura.
Quanto alla domanda su chi controlla i controllori, essa, spiega il vicedirettore del Corriere è suggestiva, ma attenzione: se estremizzata porta a negare, su un piano più generale, lintera filosofia delle Autorità indipendenti, porta ad assegnare sempre e comunque tutto il potere alla politica nel governo della società o agli azionisti nel governo delle aziende, agli azionisti di controllo intendo. È bene che politica e azionisti abbiano molto potere, e grandi responsabilità verificabili. Ma il mondo moderno è abbastanza complesso e lo è dalla fine dellOttocento, almeno da quando venne varato negli Usa lo Sherman Act per ritenere indispensabile una governance più articolata e meno totalizzante, ricca di momenti di autonomia e non priva, quando serve, di limitazioni dei diritti individuali per ragioni che la politica o la stessa società civile ritengono superiori. Sarebbe ben modesto un mondo dove tutto fosse subordinato al risultato della prossima trimestrale.